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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05062021-153028


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CERRI, LIDIA
URN
etd-05062021-153028
Titolo
ANALISI DI BIOMARCATORI PREDITTIVI IN PAZIENTI CON TUMORE DEL POLMONE NON A PICCOLE CELLULE TRATTATI CON PEMBROLIZUMAB
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Prof.ssa Fontanini, Gabriella
Parole chiave
  • pembrolizumab
  • PD-L1
  • NSCLC
  • biomarker
Data inizio appello
25/05/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/05/2024
Riassunto
Il tumore al polmone non a piccole cellule (Non-Small Cell Lang Cancer, NSCLC) rappresenta il tipo più comune di cancro al polmone (85% dei casi) e comprende tre istotipi principali: l’adenocarcinoma (40%), il carcinoma a cellule squamose (25-30%) ed il carcinoma a grandi cellule (5-10%).
La medicina di precisione, che si basa sull’utilizzo di terapie a bersaglio molecolare definite sulle caratteristiche genetiche di ogni tumore, ha rivoluzionato e migliorato le prospettive terapeutiche e prognostiche dei pazienti con NSLC in stadio avanzato e metastatico ed in particolare con adenocarcinoma. La medicina di precisione nel tumore del polmone comprende due approcci diversi: la targeted therapy (utilizzo di inibitori tirosin-chinasici specifici per le oncoproteine più frequentemente alterate, quali EGFR, ALK, ROS1) e l’immunoterapia.
I farmaci immunoterapici hanno come bersaglio i checkpoint immunitari, che hanno un ruolo chiave nella regolazione della tolleranza immunologica. Fra questi riveste particolare importanza il pembrolizumab, un anticorpo monoclonale specifico per il recettore programmed cell death protein 1 (PD-1). PD-1 è un recettore di membrana espresso dalle cellule T attivate, il cui principale ligando naturale è il programmed cell death 1 ligand 1 (PD-L1). PD-L1 è frequentemente espresso dalle cellule tumorali al fine di inattivare i meccanismi di risposta del linfocita e con conseguente elusione del sistema immunitario da parte del tumore.
Il pembrolizumab, legandosi al PD-1, previene l’interazione tra PD-1 e PD-L1, favorendo il ripristino della risposta immunitaria. Tale farmaco è stato approvato in prima linea per il trattamento di pazienti con NSCLC, il cui tumore esprime PD-L1 con tumour proportion score (TPS) maggiore dell’1% ed in assenza di altre alterazioni targettabili. PD-L1, sebbene sia l’unico marcatore predittivo ad oggi approvato, non è perfetto nell’individuare pazienti con tumori sensibili o meno al trattamento con pembrolizumab, per cui è necessario indagare marcatori predittivi migliori e più efficaci.
Lo scopo di questa tesi è quello di valutare come l’esatta percentuale di PD-L1, oltre il cut-off prestabilito, influisca sulla risposta al trattamento di prima linea con pembrolizumab ed individuare differenze significative nella composizione del microambiente tumorale tra pazienti responders e non responders al trattamento immunoterapico. In questo studio, prospettico e monocentrico, sono stati arruolati 36 pazienti consecutivi con NSCLC avanzato (adenocarcinoma e carcinoma a cellule squamose) che hanno ricevuto come terapia di prima linea il pembrolizumab. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica ogni 3 mesi dall’inizio del trattamento e la risposta oggettiva al trattamento è stata definita in accordo ai criteri RECIST (Response Evaluation Criteria in the Solid Tumors guidelines, version 1.1.). La percentuale di PD-L1 è stata determinata tramite analisi immunoistochimica ed è stata valutata l’espressione di 770 geni coinvolti nella regolazione del sistema immunitario utilizzando la tecnologia NanoString. I livelli di espressione di PD-L1 e di espressione genica sono stati confrontati tra pazienti responsivi e non al trattamento. Una percentuale di PD-L1 pari al 62,5% sembra essere più efficace nella selezione dei pazienti da trattare con pembrolizumab. Inoltre, sono stati individuati cinque geni differenzialmente espressi tra responders e non responders (LAMA1, WNT11, NFKBIA, MAPK10 e TNFRSF11B) che sono down-regolati nei non responders e potrebbero essere candidati come biomarcatori predittivi di risposta all’immunoterapia, da valutare e validare singolarmente ed in combinazione su una casistica più ampia.
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