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Dietro un atto semplice, come quello di coltivare un pezzo di terreno, si possono trovare delle ragioni profonde, un profondo rispetto per l’ambiente, un tentativo di emancipazione da un modello produttivo che fatica ad allinearsi alle esigenze del pianeta, un esempio che dimostri che è possibile modificare le abitudini di consumo e lo stile di vita.
Quando la pratica dell’auto-produzione coinvolge più persone questa diventa anche uno strumento di socialità, incentiva lo scambio di conoscenze e competenze e ne crea di nuove.
Come dimostrano le esperienze che si sono analizzate nel condurre questa indagine, gli Orti urbani di Livorno, la fattoria senza padroni di Mondeggi e il circolo di Verona del Movimento per la Decrescita Felice, la pratica collettiva di auto-produzione agricola, oltre ad avere lo scopo di soddisfare le esigenze alimentari di una comunità al di fuori delle comuni logiche di mercato, può trasformarsi in un vero e proprio atto di lotta politica.