Tesi etd-11192024-104717 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CANNAVALE, ANGELA
URN
etd-11192024-104717
Titolo
Neurodegenerazione retinica in un modello murino di Sclerosi Laterale Amiotrofica
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Prof. Cammalleri, Maurizio
Parole chiave
- neurodegeneration
- retina
- RGC
- SLA
- SOD1G93A
Data inizio appello
09/12/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/12/2094
Riassunto
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una rara malattia dei motoneuroni con un'incidenza che varia da 0,6 a 3,8 casi ogni 100.000 persone all'anno. Il processo degenerativo colpisce sia i motoneuroni superiori che quelli inferiori, portando ad una paralisi progressiva. Associate all’insorgenza della malattia sono state osservate mutazioni a carico di diversi geni, tra cui il gene che codifica per l’enzima antiossidante superossido-dismutasi 1 (SOD1). Si tratta di un enzima Cu/Zn-dipendente la cui funzione è quella di convertire l'anione superossido in ossigeno.
Mutazioni a carico di questo gene comportano un’alterazione della struttura della proteina prodotta, che da un lato risulta in una perdita della funzione antiossidante e dall’altro in una tendenza a formare aggregati tossici a livello cellulare. Nel complesso queste alterazioni portano ad una condizione di stress ossidativo e neurotossicità a livello dei motoneuroni.
Nonostante i notevoli progressi nella ricerca neuroscientifica degli ultimi vent'anni, l’insieme dei meccanismi patologici alla base della SLA rimangono da chiarire. Di conseguenza, la diagnosi e il trattamento della malattia risultano difficili, anche a causa della grande variabilità fenotipica che la caratterizza. Le strategie terapeutiche attualmente in uso, infatti, possono solo ritardare la malattia di pochi mesi. Pertanto, è essenziale l’identificazione di biomarcatori affidabili che possano permettere la diagnosi precoce e il monitoraggio della progressione della malattia in futuri studi clinici. In questo contesto, la retina rappresenta una porzione, seppur dislocata, di sistema nervoso centrale che è interessata allo stesso modo da processi neurodegenerativi e neuroinfiammatori che si verificano a livello di cervello e di midollo spinale. Per questo, la retina rappresenta un modello ottimale per lo studio dei processi patologici alla base delle malattie neurodegenerative, ma anche un punto di più facile accesso per la messa a punto di nuove terapie.
Lo scopo di questo elaborato di tesi è stato quello di valutare eventuali alterazioni funzionali, strutturali e molecolari a livello retinico in un modello murino di malattia. In particolare, sono stati utilizzati topi transgenici SOD1G93A, i cui cambiamenti patologici sono altamente stereotipati. Il modello esprime la forma mutata del gene umano. Questa condizione ricapitola la malattia nell’uomo, comportando una rapida degenerazione dei motoneuroni, che conduce alla paralisi e morte entro 4-5 mesi.
Le analisi sono state condotte confrontando le retine dei topi SOD1G93A ad uno stadio precoce della malattia (55, 70 e 90 giorni di età) con animali di controllo di pari età. In particolare, la struttura e la funzionalità retinica sono state valutate in vivo rispettivamente tramite tomografia a coerenza ottica (OCT) ed elettroretinogramma (ERG). L’analisi dell’ERG ha evidenziato una significativa riduzione dell’attività delle cellule ganglionari a partire da 70 giorni di età. Questa disfunzione si associa ad una riduzione dello spessore dello strato relativo alle cellule ganglionari e ai loro assoni, come dimostrato dalle immagini dell’OCT. Le alterazioni funzionali e strutturali a carico delle cellule ganglionari sono correlate ad una riduzione della loro densità osservata utilizzando tecniche di immunofluorescenza su retine whole-mount. Questa osservazione suggerisce l’implicazione di un meccanismo neurodegenerativo a carico di questi neuroni. Al fine di caratterizzare i meccanismi alla base di questo processo, sono state quindi condotte analisi di Western Blot.
In conclusione, i risultati ottenuti in questo elaborato di tesi dimostrano come la retina possa rappresentare un utile modello di studio per la caratterizzazione dei processi patologici alla base delle malattie neurodegenerative aprendo la strada ad un suo utilizzo come biomarcatore per la diagnosi, il monitoraggio e il trattamento della SLA.
Mutazioni a carico di questo gene comportano un’alterazione della struttura della proteina prodotta, che da un lato risulta in una perdita della funzione antiossidante e dall’altro in una tendenza a formare aggregati tossici a livello cellulare. Nel complesso queste alterazioni portano ad una condizione di stress ossidativo e neurotossicità a livello dei motoneuroni.
Nonostante i notevoli progressi nella ricerca neuroscientifica degli ultimi vent'anni, l’insieme dei meccanismi patologici alla base della SLA rimangono da chiarire. Di conseguenza, la diagnosi e il trattamento della malattia risultano difficili, anche a causa della grande variabilità fenotipica che la caratterizza. Le strategie terapeutiche attualmente in uso, infatti, possono solo ritardare la malattia di pochi mesi. Pertanto, è essenziale l’identificazione di biomarcatori affidabili che possano permettere la diagnosi precoce e il monitoraggio della progressione della malattia in futuri studi clinici. In questo contesto, la retina rappresenta una porzione, seppur dislocata, di sistema nervoso centrale che è interessata allo stesso modo da processi neurodegenerativi e neuroinfiammatori che si verificano a livello di cervello e di midollo spinale. Per questo, la retina rappresenta un modello ottimale per lo studio dei processi patologici alla base delle malattie neurodegenerative, ma anche un punto di più facile accesso per la messa a punto di nuove terapie.
Lo scopo di questo elaborato di tesi è stato quello di valutare eventuali alterazioni funzionali, strutturali e molecolari a livello retinico in un modello murino di malattia. In particolare, sono stati utilizzati topi transgenici SOD1G93A, i cui cambiamenti patologici sono altamente stereotipati. Il modello esprime la forma mutata del gene umano. Questa condizione ricapitola la malattia nell’uomo, comportando una rapida degenerazione dei motoneuroni, che conduce alla paralisi e morte entro 4-5 mesi.
Le analisi sono state condotte confrontando le retine dei topi SOD1G93A ad uno stadio precoce della malattia (55, 70 e 90 giorni di età) con animali di controllo di pari età. In particolare, la struttura e la funzionalità retinica sono state valutate in vivo rispettivamente tramite tomografia a coerenza ottica (OCT) ed elettroretinogramma (ERG). L’analisi dell’ERG ha evidenziato una significativa riduzione dell’attività delle cellule ganglionari a partire da 70 giorni di età. Questa disfunzione si associa ad una riduzione dello spessore dello strato relativo alle cellule ganglionari e ai loro assoni, come dimostrato dalle immagini dell’OCT. Le alterazioni funzionali e strutturali a carico delle cellule ganglionari sono correlate ad una riduzione della loro densità osservata utilizzando tecniche di immunofluorescenza su retine whole-mount. Questa osservazione suggerisce l’implicazione di un meccanismo neurodegenerativo a carico di questi neuroni. Al fine di caratterizzare i meccanismi alla base di questo processo, sono state quindi condotte analisi di Western Blot.
In conclusione, i risultati ottenuti in questo elaborato di tesi dimostrano come la retina possa rappresentare un utile modello di studio per la caratterizzazione dei processi patologici alla base delle malattie neurodegenerative aprendo la strada ad un suo utilizzo come biomarcatore per la diagnosi, il monitoraggio e il trattamento della SLA.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
La tesi non è consultabile. |