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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11122024-164041


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
TURINI, MARTINA
URN
etd-11122024-164041
Titolo
Sindacabilità dei ruling alla luce del divieto di aiuti di Stato
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Boletto, Giulia
Parole chiave
  • Aiuti di Stato
  • Tax Ruling.
Data inizio appello
02/12/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
02/12/2094
Riassunto
L'elaborato analizza la sindacabilità dei ruling fiscali e il loro rapporto con la disciplina degli aiuti di Stato nel contesto della concorrenza fiscale tra Stati. Il tema della concorrenza fiscale è stato esaminato nella consapevolezza che, di per sé, essa non distorce necessariamente il mercato, ma può essere vista come uno strumento di politica economica volto a incrementare il benessere economico e sociale. Tuttavia, tale concorrenza diventa sleale, quando gli Stati, liberi di scegliere il loro sistema fiscale, abbassano le imposte per ragioni puramente competitive. In questo modo, influenzano le scelte di localizzazione di imprese e individui, distorcendo il mercato. Il fenomeno ha acquisito rilevanza con la globalizzazione, un processo che ha accelerato l’interconnessione tra paesi, economie, culture e popoli, facilitato dal progresso tecnologico e dalla liberalizzazione del commercio. Se prima gli effetti di questo processo erano limitati ai confini nazionali, con la globalizzazione essi si estendono su scala globale, creando un mercato sempre più interdipendente. La concorrenza fiscale sleale si manifesta in pratiche di detassazione selettiva, con vantaggi concessi a determinate categorie di contribuenti, in particolare le multinazionali, per favorire la loro localizzazione in un determinato Paese. Questo crea una distorsione della concorrenza, poiché gli Stati favoriscono alcuni operatori economici a discapito di altri, alterando il mercato. Il problema principale è che, in un’economia globale priva di una gerarchia istituzionale stabilita, le multinazionali emergono come attori dominanti, in grado di influenzare a loro piacimento l'andamento del mercato internazionale. Le multinazionali, consapevoli del loro potere economico, stipulano con gli Stati i cosiddetti ruling fiscali: accordi che permettono loro di avviare procedimenti in contraddittorio con le amministrazioni fiscali per definire la propria posizione fiscale e, talvolta, ridurre l'imposizione. L’obiettivo principale di tali accordi, oltre a facilitare il commercio internazionale, è garantire la trasparenza fiscale e prevenire la doppia imposizione o ingiustizie fiscali dovute a conflitti tra giurisdizioni fiscali. Tuttavia, questi strumenti diventano problematici quando vengono abusati, come nel caso in cui vengano utilizzati per eludere la base imponibile, riducendo il carico fiscale delle aziende e minando la capacità degli Stati di finanziare servizi pubblici e infrastrutture. In particolare, il fenomeno della "Race to the bottom" descrive una corsa al ribasso in cui Paesi competono tra loro abbassando le imposte per attrarre investimenti, con il rischio di diventare dei veri e propri paradisi fiscali. In risposta a questo fenomeno, l'Unione Europea ha riconosciuto la necessità di un coordinamento fiscale a livello europeo. In assenza di una normativa specifica, si è ricorsi alla disciplina sugli aiuti di Stato, come delineato dagli articoli 107-109 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE). Secondo l'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, un aiuto di Stato è definito da quattro criteri cumulativi: 1) il sostegno è concesso mediante risorse statali; 2) il sostegno è selettivo, favorendo alcune imprese o settori rispetto ad altri; 3) il sostegno distorce o ha il potenziale di falsare la concorrenza; 4) l’aiuto incide sugli scambi tra gli Stati membri. Tuttavia, l’applicazione di questa disciplina da parte della Commissione Europea, pur essendo fondamentale per il monitoraggio degli aiuti di Stato, non è sempre sufficiente per contrastare le pratiche di concorrenza dannosa.Dalla disamina di casi emblematici, come quelli di Apple, Amazon, Fiat e Google, emerge la difficoltà di mantenere un equilibrio tra il sostegno pubblico alle imprese e la tutela di una concorrenza leale. In particolare, l'approccio deciso della Commissaria Europea Margrethe Vestager contro gli accordi fiscali vantaggiosi ha messo in luce la complessità di gestire le pratiche fiscali delle multinazionali, che spesso utilizzano strutture societarie sofisticate per ridurre al minimo il loro carico fiscale. Questi casi sollevano interrogativi sul confine tra giustizia fiscale e sovranità nazionale. Le critiche all’approccio della Vestager, pur riconoscendo l’innovazione delle misure adottate, suggeriscono che l’applicazione dei criteri di selettività e vantaggio economico potrebbe non essere sufficiente a contrastare adeguatamente la concorrenza fiscale dannosa. Per affrontare queste problematiche, sono necessarie riforme normative più sostanziali, in grado di colmare le lacune del sistema attuale e garantire una concorrenza leale nel mercato unico europeo. In questo contesto, proposte come la Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB) e la recente direttiva BEFIT sono essenziali per uniformare le basi imponibili e allineare le politiche fiscali agli obiettivi di equità e sostenibilità economica. Tuttavia, il successo di queste iniziative dipende dal coordinamento politico tra gli Stati membri e dalla volontà di abbandonare pratiche che, pur risultando vantaggiose a breve termine, sono dannose per la coesione e l’integrità del mercato unico.
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