Tesi etd-11112024-121230 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BIBA, JORILDA
URN
etd-11112024-121230
Titolo
Ottimizzazione del trattamento di Flat Magnetic Stimulation basata sull'analisi vettoriale dell'impedenza bioelettrica: un nuovo approccio mirato al recupero di disfunzioni del pavimento pelvico ed atrofia muscolare
Dipartimento
INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE
Corso di studi
INGEGNERIA BIOMEDICA
Relatori
relatore Prof. Vozzi, Giovanni
correlatore Ing. Zingoni, Tiziano
correlatore Ing. Zingoni, Tiziano
Parole chiave
- bioimpedenziometria
- flat magnetic stimulation
- pavimento pelvico
Data inizio appello
27/11/2024
Consultabilità
Completa
Riassunto
Background: Le disfunzioni del pavimento pelvico costituiscono un problema diffuso e complesso, caratterizzato da una vasta gamma di sintomi che richiedono un approccio terapeutico diversificato. I trattamenti attualmente disponibili, tuttavia, possono essere integrati da tecnologie per aumentare l’efficacia e ridurre alcune limitazioni correlate alla tollerabilità ed invasività. Ne emerge dunque la necessità di sviluppare un’opzione terapeutica alternativa che sia sicura, efficace, minimamente invasiva e completamente indolore. In questo contesto, la stimolazione magnetica (Magnetic Stimulation, MS) rappresenta una possibile soluzione innovativa. La MS sfrutta un campo magnetico generato da una bobina posta a contatto con il corpo del paziente: questa stimolazione, indipendente dall’attività cerebrale, permette di attivare direttamente i muscoli del pavimento pelvico. Attualmente, la MS è applicata nel trattamento dell’incontinenza urinaria e del dolore pelvico cronico, introducendo un’offerta terapeutica più ampia in termini di efficacia e comfort per il paziente.
Obiettivi: Questo lavoro di tesi si propone di ottimizzare il trattamento mediante FMS (Flat Magnetic Stimulation) attraverso un’analisi approfondita della bioimpedenziometria e della calorimetria indiretta. L’obiettivo è applicare tali metodologie per migliorare l’efficacia della FMS nel recupero delle disfunzioni del pavimento pelvico e nel trattamento dell’atrofia muscolare, fornendo così una base scientifica per interventi terapeutici più mirati e personalizzati. Per raggiungere tale obiettivo, una prima fase del lavoro è consistita nell’analisi di dati clinici, che ci ha permesso di valutare le potenzialità e le criticità di tale metodica, per poi proseguire con una parte sperimentale su un modello muscolare equivalente.
Materiali e metodi: La prima parte del lavoro ha riguardato l’analisi di dati pervenuti in forma anonima da due centri, che hanno permesso di acquisire competenze ed interfacciarsi con specialisti del settore: l’analisi dei dati del centro 1 ha riguardato un totale di 53 pazienti, di cui conosciamo il numero di figli, il tipo di incontinenza (stress, urgenza, mista, nessuna), il livello di prolasso degli organi pelvici (POP-Q: 0, I, II) e l’essersi sottoposte o meno ad un intervento di isterectomia, che sono le variabili considerate nell’analisi. Sono stati analizzati i risultati di un totale di 3 questionari, la cui natura varia a seconda dello specifico questionario considerato, tra psicologico e sintomatico. Le pazienti hanno compilato i questionari a inizio trattamento, dopo 3 mesi e dopo 6 mesi. Per quanto riguarda il centro 2, l’analisi ha riguardato un numero maggiore sia di pazienti (130) che di questionari (10), compilati a inizio trattamento e all’ultima seduta. Le variabili analizzate sono state l’età, la patologia, il numero di figli e la menopausa. L’analisi dei dati raccolti in entrambi i centri ha evidenziato una sensibilità complessiva al trattamento, accompagnata però dalla difficoltà nel discriminare in modo significativo gli effetti delle diverse frequenze. Per questo motivo, la seconda parte di questo lavoro si concentra sull’approfondimento sperimentale di tale aspetto. Per condurre le nostre prove, non è stato possibile stimolare direttamente i muscoli del pavimento pelvico, a causa della loro inaccessibilità per le misurazioni bioimpedenziometriche. Pertanto, è stato adottato un approccio alternativo basato sulla composizione delle fibre muscolari. Considerando la composizione dei muscoli pelvici (63% fibre di tipo I e 37% di tipo II), sono stati identificati i muscoli posteriori della coscia, con una composizione simile (65% tipo I e 35% tipo II), come i più adatti per replicare le condizioni di studio.
Le prove sperimentali di stimolazione elettromagnetica sono state quindi eseguite su questi muscoli. La valutazione degli effetti della stimolazione è stata condotta mediante analisi vettoriale dell’impedenza bioelettrica e calorimetria indiretta. Basandoci su evidenze in letteratura, sono stati identificati quattro protocolli di trattamento, differenziati per la frequenza degli impulsi applicati (10 Hz, 20 Hz, 25 Hz, 30 Hz) mantenendo invariata la forma d’onda, ma variando l’intensità degli impulsi.
Prima del trattamento, è stata effettuata un'analisi bioimpedenziometrica complessiva del corpo e una valutazione regionale specifica per i muscoli posteriori della coscia utilizzando il dispositivo BIA 101 BIVA PRO. Dopo aver selezionato il protocollo di stimolazione, il pad del dispositivo Schwarzy è stato posizionato sulla coscia posteriore e il trattamento è stato condotto per un periodo di 15 minuti. Al termine, sono state nuovamente eseguite misurazioni bioimpedenziometriche sia su tutto il corpo che specifiche per la coscia trattata.
In un sottoinsieme di pazienti, è stato valutato il consumo di ossigeno durante il trattamento per verificare se la contrazione muscolare indotta comportasse un aumento nel consumo di ossigeno. Il protocollo di trattamento è rimasto identico a quello delle precedenti prove, con l’aggiunta di una misura di 15 minuti del consumo di ossigeno a riposo e una misura continua per l’intera durata del trattamento, eseguite con il dispositivo Fitmate.
Risultati: Tra i dati ottenuti tramite la BIVA, ci siamo focalizzati in particolar modo sull’acqua intracellulare (ICW), extracellulare (ECW) e totale (TBW), in quanto i dati maggiormente correlati all’attivazione muscolare. I trattamenti con frequenze di 25 Hz e 30 Hz sono quelli che registrano aumenti significativi dell’ECW e della TBW. Un altro parametro analizzato è l’angolo di fase, che aumenta in seguito al trattamento.
Per quanto riguarda la calorimetria indiretta, è stata osservata una variazione significativa del consumo di ossigeno durante il trattamento rispetto alla fase iniziale di riposo per ogni frequenza analizzata.
Conclusioni: Il presente studio ha confermato l’attivazione muscolare in seguito all’applicazione di una stimolazione magnetica piatta: i trattamenti maggiormente promettenti in termini di impatto sull’acqua cellulare e sul consumo di ossigeno sono quelli alle frequenze di 25Hz e 30 Hz, per cui risultano essere i trattamenti più promettenti. Il limite principale di questo studio è sicuramente dettato dall’aver effettuato le prove su muscoli diversi da quelli del pavimento pelvico, per cui si rende necessaria una successiva prova sui muscoli effettivamente interessati.
Obiettivi: Questo lavoro di tesi si propone di ottimizzare il trattamento mediante FMS (Flat Magnetic Stimulation) attraverso un’analisi approfondita della bioimpedenziometria e della calorimetria indiretta. L’obiettivo è applicare tali metodologie per migliorare l’efficacia della FMS nel recupero delle disfunzioni del pavimento pelvico e nel trattamento dell’atrofia muscolare, fornendo così una base scientifica per interventi terapeutici più mirati e personalizzati. Per raggiungere tale obiettivo, una prima fase del lavoro è consistita nell’analisi di dati clinici, che ci ha permesso di valutare le potenzialità e le criticità di tale metodica, per poi proseguire con una parte sperimentale su un modello muscolare equivalente.
Materiali e metodi: La prima parte del lavoro ha riguardato l’analisi di dati pervenuti in forma anonima da due centri, che hanno permesso di acquisire competenze ed interfacciarsi con specialisti del settore: l’analisi dei dati del centro 1 ha riguardato un totale di 53 pazienti, di cui conosciamo il numero di figli, il tipo di incontinenza (stress, urgenza, mista, nessuna), il livello di prolasso degli organi pelvici (POP-Q: 0, I, II) e l’essersi sottoposte o meno ad un intervento di isterectomia, che sono le variabili considerate nell’analisi. Sono stati analizzati i risultati di un totale di 3 questionari, la cui natura varia a seconda dello specifico questionario considerato, tra psicologico e sintomatico. Le pazienti hanno compilato i questionari a inizio trattamento, dopo 3 mesi e dopo 6 mesi. Per quanto riguarda il centro 2, l’analisi ha riguardato un numero maggiore sia di pazienti (130) che di questionari (10), compilati a inizio trattamento e all’ultima seduta. Le variabili analizzate sono state l’età, la patologia, il numero di figli e la menopausa. L’analisi dei dati raccolti in entrambi i centri ha evidenziato una sensibilità complessiva al trattamento, accompagnata però dalla difficoltà nel discriminare in modo significativo gli effetti delle diverse frequenze. Per questo motivo, la seconda parte di questo lavoro si concentra sull’approfondimento sperimentale di tale aspetto. Per condurre le nostre prove, non è stato possibile stimolare direttamente i muscoli del pavimento pelvico, a causa della loro inaccessibilità per le misurazioni bioimpedenziometriche. Pertanto, è stato adottato un approccio alternativo basato sulla composizione delle fibre muscolari. Considerando la composizione dei muscoli pelvici (63% fibre di tipo I e 37% di tipo II), sono stati identificati i muscoli posteriori della coscia, con una composizione simile (65% tipo I e 35% tipo II), come i più adatti per replicare le condizioni di studio.
Le prove sperimentali di stimolazione elettromagnetica sono state quindi eseguite su questi muscoli. La valutazione degli effetti della stimolazione è stata condotta mediante analisi vettoriale dell’impedenza bioelettrica e calorimetria indiretta. Basandoci su evidenze in letteratura, sono stati identificati quattro protocolli di trattamento, differenziati per la frequenza degli impulsi applicati (10 Hz, 20 Hz, 25 Hz, 30 Hz) mantenendo invariata la forma d’onda, ma variando l’intensità degli impulsi.
Prima del trattamento, è stata effettuata un'analisi bioimpedenziometrica complessiva del corpo e una valutazione regionale specifica per i muscoli posteriori della coscia utilizzando il dispositivo BIA 101 BIVA PRO. Dopo aver selezionato il protocollo di stimolazione, il pad del dispositivo Schwarzy è stato posizionato sulla coscia posteriore e il trattamento è stato condotto per un periodo di 15 minuti. Al termine, sono state nuovamente eseguite misurazioni bioimpedenziometriche sia su tutto il corpo che specifiche per la coscia trattata.
In un sottoinsieme di pazienti, è stato valutato il consumo di ossigeno durante il trattamento per verificare se la contrazione muscolare indotta comportasse un aumento nel consumo di ossigeno. Il protocollo di trattamento è rimasto identico a quello delle precedenti prove, con l’aggiunta di una misura di 15 minuti del consumo di ossigeno a riposo e una misura continua per l’intera durata del trattamento, eseguite con il dispositivo Fitmate.
Risultati: Tra i dati ottenuti tramite la BIVA, ci siamo focalizzati in particolar modo sull’acqua intracellulare (ICW), extracellulare (ECW) e totale (TBW), in quanto i dati maggiormente correlati all’attivazione muscolare. I trattamenti con frequenze di 25 Hz e 30 Hz sono quelli che registrano aumenti significativi dell’ECW e della TBW. Un altro parametro analizzato è l’angolo di fase, che aumenta in seguito al trattamento.
Per quanto riguarda la calorimetria indiretta, è stata osservata una variazione significativa del consumo di ossigeno durante il trattamento rispetto alla fase iniziale di riposo per ogni frequenza analizzata.
Conclusioni: Il presente studio ha confermato l’attivazione muscolare in seguito all’applicazione di una stimolazione magnetica piatta: i trattamenti maggiormente promettenti in termini di impatto sull’acqua cellulare e sul consumo di ossigeno sono quelli alle frequenze di 25Hz e 30 Hz, per cui risultano essere i trattamenti più promettenti. Il limite principale di questo studio è sicuramente dettato dall’aver effettuato le prove su muscoli diversi da quelli del pavimento pelvico, per cui si rende necessaria una successiva prova sui muscoli effettivamente interessati.
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