Tesi etd-11112013-161004 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MASALA, CARMEN
URN
etd-11112013-161004
Titolo
L'epidemiologia popolare e l'inquinamento in Sardegna:
sfruttamento militare, industriale e della terra.
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
STUDI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof.ssa Paone, Sonia
Parole chiave
- inquinamento
- sardegna
- sfruttamento
Data inizio appello
02/12/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’epidemiologia popolare e l’inquinamento in Sardegna:
sfruttamento militare, industriale e della terra.
Il presente lavoro, vuole avere lo scopo di dare una corretta informazione, di una realtà a molti sconosciuta, l’inquinamento su uno dei luoghi più belli del Mar Mediterraneo: la Sardegna. Infatti quest’isola meravigliosa, che spesso viene definita un paradiso, purtroppo è uno dei territori più inquinati, con un alto grado di incidenza di patologie tumorali. Il tema è complesso e delicato, ho quindi deciso di trattare tre diversi aspetti dello stesso problema: inquinamento militare, industriale, e l’inquinamento derivante dai metodi di smaltimento rifiuti (discarica e inceneritore). In ciascuna delle singole parti, dopo un breve excursus storico, sono passata alle questioni tecnico-descrittive, per analizzare infine le conseguenze basate su dati scientifici, forniti dall’epidemiologia popolare, facendo inoltre riferimento alla normativa in materia, sia a livello regionale, nazionale che internazionale.
Il primo capitolo, descrive i poligoni militari che fin dal loro insediamento nel 1956, occupano il 60% dell’isola (37.374 ettari, più di qualsiasi altra regione italiana). Da più di mezzo secolo nei territori di Perdasdefogu e Capo San Lorenzo (Salto di Quirra), Capo Teulada, Capo Frasca, Tavolara, Poglina, Decimomannu, arcipelago de La Maddalena (quest’ultima fino al 2008), si svolgono esercitazioni militari e sperimentazioni di guerra. Infatti i continui espropri, lo sfruttamento del terreno e il costante aumento di patologie tumorali provocate da sostanze nocive come l’Uranio Impoverito (che ha generato la cosiddetta Sindrome di Quirra), il Fosforo Bianco e il Torio, hanno favorito la nascita di gruppi spontanei di cittadini in opposizione ai poligoni. Nel tempo, i cittadini si sono organizzati in comitati, che hanno svolto un costante lavoro di ricerca e studio del fenomeno. Grazie al Comitato Gettiamo le Basi, e alla collaborazione di gruppi di persone che si trovano ogni giorno, a vivere questa paura, è stato possibile far emergere dei dati che testimoniano la presenza di tali sostanze.
Nel secondo capitolo, tratto l’aspetto dell’inquinamento industriale. Nel 1948 la Sardegna diviene Regione a Statuto Autonomo all’interno dello Stato Italiano, viene proposto il primo Piano di Rinascita sarda e si assiste al fenomeno dell’industrializzazione forzata. L’obiettivo era quello di eliminare il fenomeno del banditismo, caratterizzante le zone interne centrali e favorire la nascita di una nuova economia. Esperienza che si rivelò fallimentare, poiché la Sardegna si trovò ben presto a dover affrontare il problema delle industrie dismesse, dei danni ambientali e sanitari ad esse connesse. Queste fabbriche non hanno rispettato le norme in materia sanitaria e ambientale per la protezione dell’ambiente circostante e del singolo lavoratore. Hanno violato il fondamentale principio del “Chi inquina Paga” ed è stata riscontrata al loro interno la presenza di sostanze nocive, com’è accaduto nelle imprese dell’area industriale di Ottana (Nu), dove la presenza dell’Amianto -che già dal 1930 è stato considerato dannoso per l’uomo- ha generato forme tumorali come il mesotelioma pleurico-peritoneale, l’asbestosi e il cancro ai polmoni, che hanno colpito un gran numero di lavoratori. In seguito, ho esaminato sia le leggi, che gli aspetti tecnici di valutazione del rischio e rimozione dell’amianto. Infine dal momento che le aree industriali dismesse caratterizzano buona parte del nostro territorio, ho voluto fornire alcune linee guida di riqualificazione sostenibile: ossia un diverso utilizzo, rispetto a quello di origine, volto a progettare soluzioni tendenti a ridurre il degrado ecologico.
Nel terzo e ultimo capitolo, ho trattato il problema spinoso dell’inquinamento dovuto ai metodi di smaltimento rifiuti: le Discariche e gli Inceneritori. Ho descritto le fasi di gestione rifiuti, processo che comprende la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento, compreso il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento, in particolare sull’Inceneritore di Macomer, riportando una breve cronistoria sulla questione rifiuti. Sono stati trattati i seguenti temi:
- le 3R (Riduci,Riusa,Ricicla) e la valorizzazione del rifiuto visto non come scarto, ma come risorsa (perché la rottura di alcuni ritmi di vita, sanciti dalla natura porta al degrado della persona umana);
- di sviluppo sostenibile inteso come conservazione di risorse per le generazioni future;
- i possibili benefici senza i termodistruttori.
Tutto questo lavoro è basato su dati elaborati dall’epidemiologia popolare, ossia l’attivazione di individui, gruppi, comunità in qualcosa di più e di diverso da una semplice protesta: caratterizzata dalla raccolta, elaborazione di dati e informazioni, utili per denunciare l’esistenza di un problema, che le istituzioni o non vogliono riconoscere o forniscono una versione diversa da quella ufficiale. “L’assenza di certezze scientifiche non deve servire da pretesto per ritardare l’adozione di misure”(ONU art.15 Protocollo di Rio, 1992), e “Non ci sono dubbi che un piccolo gruppo di persone può cambiare il mondo, anzi è la sola cosa che avviene sempre” (Margaret Mead, antropologa statunitense).
sfruttamento militare, industriale e della terra.
Il presente lavoro, vuole avere lo scopo di dare una corretta informazione, di una realtà a molti sconosciuta, l’inquinamento su uno dei luoghi più belli del Mar Mediterraneo: la Sardegna. Infatti quest’isola meravigliosa, che spesso viene definita un paradiso, purtroppo è uno dei territori più inquinati, con un alto grado di incidenza di patologie tumorali. Il tema è complesso e delicato, ho quindi deciso di trattare tre diversi aspetti dello stesso problema: inquinamento militare, industriale, e l’inquinamento derivante dai metodi di smaltimento rifiuti (discarica e inceneritore). In ciascuna delle singole parti, dopo un breve excursus storico, sono passata alle questioni tecnico-descrittive, per analizzare infine le conseguenze basate su dati scientifici, forniti dall’epidemiologia popolare, facendo inoltre riferimento alla normativa in materia, sia a livello regionale, nazionale che internazionale.
Il primo capitolo, descrive i poligoni militari che fin dal loro insediamento nel 1956, occupano il 60% dell’isola (37.374 ettari, più di qualsiasi altra regione italiana). Da più di mezzo secolo nei territori di Perdasdefogu e Capo San Lorenzo (Salto di Quirra), Capo Teulada, Capo Frasca, Tavolara, Poglina, Decimomannu, arcipelago de La Maddalena (quest’ultima fino al 2008), si svolgono esercitazioni militari e sperimentazioni di guerra. Infatti i continui espropri, lo sfruttamento del terreno e il costante aumento di patologie tumorali provocate da sostanze nocive come l’Uranio Impoverito (che ha generato la cosiddetta Sindrome di Quirra), il Fosforo Bianco e il Torio, hanno favorito la nascita di gruppi spontanei di cittadini in opposizione ai poligoni. Nel tempo, i cittadini si sono organizzati in comitati, che hanno svolto un costante lavoro di ricerca e studio del fenomeno. Grazie al Comitato Gettiamo le Basi, e alla collaborazione di gruppi di persone che si trovano ogni giorno, a vivere questa paura, è stato possibile far emergere dei dati che testimoniano la presenza di tali sostanze.
Nel secondo capitolo, tratto l’aspetto dell’inquinamento industriale. Nel 1948 la Sardegna diviene Regione a Statuto Autonomo all’interno dello Stato Italiano, viene proposto il primo Piano di Rinascita sarda e si assiste al fenomeno dell’industrializzazione forzata. L’obiettivo era quello di eliminare il fenomeno del banditismo, caratterizzante le zone interne centrali e favorire la nascita di una nuova economia. Esperienza che si rivelò fallimentare, poiché la Sardegna si trovò ben presto a dover affrontare il problema delle industrie dismesse, dei danni ambientali e sanitari ad esse connesse. Queste fabbriche non hanno rispettato le norme in materia sanitaria e ambientale per la protezione dell’ambiente circostante e del singolo lavoratore. Hanno violato il fondamentale principio del “Chi inquina Paga” ed è stata riscontrata al loro interno la presenza di sostanze nocive, com’è accaduto nelle imprese dell’area industriale di Ottana (Nu), dove la presenza dell’Amianto -che già dal 1930 è stato considerato dannoso per l’uomo- ha generato forme tumorali come il mesotelioma pleurico-peritoneale, l’asbestosi e il cancro ai polmoni, che hanno colpito un gran numero di lavoratori. In seguito, ho esaminato sia le leggi, che gli aspetti tecnici di valutazione del rischio e rimozione dell’amianto. Infine dal momento che le aree industriali dismesse caratterizzano buona parte del nostro territorio, ho voluto fornire alcune linee guida di riqualificazione sostenibile: ossia un diverso utilizzo, rispetto a quello di origine, volto a progettare soluzioni tendenti a ridurre il degrado ecologico.
Nel terzo e ultimo capitolo, ho trattato il problema spinoso dell’inquinamento dovuto ai metodi di smaltimento rifiuti: le Discariche e gli Inceneritori. Ho descritto le fasi di gestione rifiuti, processo che comprende la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento, compreso il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento, in particolare sull’Inceneritore di Macomer, riportando una breve cronistoria sulla questione rifiuti. Sono stati trattati i seguenti temi:
- le 3R (Riduci,Riusa,Ricicla) e la valorizzazione del rifiuto visto non come scarto, ma come risorsa (perché la rottura di alcuni ritmi di vita, sanciti dalla natura porta al degrado della persona umana);
- di sviluppo sostenibile inteso come conservazione di risorse per le generazioni future;
- i possibili benefici senza i termodistruttori.
Tutto questo lavoro è basato su dati elaborati dall’epidemiologia popolare, ossia l’attivazione di individui, gruppi, comunità in qualcosa di più e di diverso da una semplice protesta: caratterizzata dalla raccolta, elaborazione di dati e informazioni, utili per denunciare l’esistenza di un problema, che le istituzioni o non vogliono riconoscere o forniscono una versione diversa da quella ufficiale. “L’assenza di certezze scientifiche non deve servire da pretesto per ritardare l’adozione di misure”(ONU art.15 Protocollo di Rio, 1992), e “Non ci sono dubbi che un piccolo gruppo di persone può cambiare il mondo, anzi è la sola cosa che avviene sempre” (Margaret Mead, antropologa statunitense).
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