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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11102024-212439


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BRUNAZZO, VERONICA
URN
etd-11102024-212439
Titolo
L'intelligenza artificiale nell'Amministrazione finanziaria: il bilanciamento tra efficienza e diritti
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
DIRITTO DELL'INNOVAZIONE PER L'IMPRESA E LE ISTITUZIONI
Relatori
relatore Boletto, Giulia
Parole chiave
  • algoritmo
  • amministrazione finanziaria
  • dati personali
  • intelligenza artificiale
Data inizio appello
02/12/2024
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
L’intelligenza artificiale è un concetto che sfugge ai dettami del diritto, il suo costante rivoluzionare la tecnologia e la scienza pone crescenti sfide al legislatore e ai giudici, sia in termini di regolamentazione, sia in termini di applicazione. La stessa Unione europea solo nel 2024 è riuscita a pubblicare un regolamento, dopo anni di lavori sul testo adottato.
L’applicazione dei sistemi di intelligenza artificiale nell’amministrazione finanziaria rappresenta senza dubbio un incremento in termini di efficienza, e dunque, per l’Amministrazione finanziaria italiana significa anche andare ad ottemperare il principio costituzionale del buon andamento che ispira l’attività amministrativa, oltre a essere un possibile strumento idoneo a ridurre il grande tax gap che connota il Paese. Lo stesso Consiglio di Stato avvalora questa interpretazione nelle pronunce che si è avuto modo di trattare.
In termini meno semplicistici, si è ragionato su quali possano essere a tutti gli effetti i sistemi intelligenti applicabili nel procedimento tributario, specie nella fase istruttoria. Gli algoritmi che un’amministrazione può decidere di adottare sono tre: sistemi deterministici, sistemi stocastici di apprendimento supervisionato e sistemi stocastici di apprendimento non supervisionato. Profilando in breve una loro caratterizzazione, si afferma che un sistema deterministico, è quello dei tre più semplicistico, si ispira alla logica dell’” if…then”, avendo come grossi limiti sicuramente una programmazione molto lunga, a rischio di eventuali bias in output, e soprattutto all’evidente impossibilità di poter ridurre tutte le fattispecie della disciplina tributaristica alla suddetta logica. Gli algoritmi di tipo probabilistico o stocastico in generale sembrano essere più performanti in termini di output, infatti, gli algoritmi di machine learning riescono nelle loro interferenze a offrire risultati più confacenti alla realtà. La differenza tra apprendimento supervisionato e non supervisionato è costituita dai dati di input, per un apprendimento supervisionato l’input è un data base di data labeled, per cui dati che sono già stata categorizzati. Se si parla di algoritmi di machine learning, subito si pensa allo scoglio della black box, tale per cui per l’operatore umano è impossibile riprodurre a ritroso il ragionamento che ha determinato l’output. Ciò, chiaramente, come più volte è stato enfatizzato all’interno dell’elaborato contrasta sia il principio di trasparenza che informa il procedimento amministrativo, sia l’esigenza di motivare l’accertamento tributario, pena di nullità dell’atto stesso.
A livello giurisprudenziale viene introdotto il principio di legalità algoritmica come possibile soluzione a un’applicazione dell’intelligenza artificiale conforme al diritto. Il principio della legalità algoritmica si esplica, a sua volta, in tre principi: il principio di conoscibilità, il principio di non esclusività della decisione algoritmica e il principio di non discriminazione. Per cui il cittadino che vede la sua sfera giuridica soggettiva intaccata da un atto basato sull’evidenza di un algoritmo, ha diritto a conoscere la logica che ha ispirato l’algoritmo, ha diritto a che quell’evidenza sia stata vagliata da un operatore umano e soprattutto che la risultanza non sia discriminatoria nei suoi confronti.
Con la legge di bilancio del 2020, l’Amministrazione finanziaria è autorizzata, nella fase di istruttoria, ad applicare l’algoritmo Ve.R.A..
Ve.R.A. sfrutta un algoritmo di tipo probabilistico per produrre delle liste selettive di profili che hanno manifestato un alto livello di rischio, tale così da innescare un controllo più approfondito e successivamente l’adempimento spontaneo del contribuente, tramite gli istituti della dichiarazione integrativa e il ravvedimento operoso. Si serve, inoltre, di un algoritmo deterministico che, sfruttando le relazioni logiche note fra reddito, spesa, patrimonio e risparmio rileva le anomalie dei dati finanziari.
La scelta di questo strumento ha reso necessario l’intervento del Garante della Privacy, il quale si è interrogato sull’adeguatezza delle misure che sono complessivamente adottate per mitigare i rischi elevati presentati dal trattamento per i diritti e le libertà degli interessati nell’ambito dell’esame delle valutazioni di impatto sulla protezione dei dati predisposte dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza e del Direttore dell’Agenzia. Dopo un primo giudizio positivo, però il Garante ha richiesto che il MEF rendesse pubblica la “logica degli algoritmi”. In tutta risposta, il MEF ha dichiarato che Ve.R.A. è uno strumento che si inserisce nella logica di una compliance ex ante, piuttosto che di una repressiva, rassicura sul fatto che l’algoritmo opera solo con dati comuni dei contribuenti tale da non dover produrre discriminazioni, e il ricorso alla modellazione statistica dei dati non implica in alcun modo l’automatica emanazione di provvedimenti impositivi nei confronti dei contribuenti selezionati mediante procedure totalmente automatizzate.
La riflessione sulla protezione dei dati del contribuente però non si limita solo alla fase accertativa, in generale, anche se scongiurata dal MEF, si ragiona su una possibile profilazione massiva dei contribuenti. A ispirare l’Amministrazione finanziaria c’è il principio “once-only”, per cui una volta che il contribuente ha fornito un dato agli Uffici, non dovrebbe essergli più chiesto un’altra volta, il che significa che sì, in una prospettiva di interoperabilità di banche dati, si arriverebbe a un alto livello di efficienza amministrativa, tale per cui l’Amministrazione ha un quadro completo del contribuente; cionondimeno la conservazione del dato, come la sua condivisione deve essere legittimata da un fine legale.
La prassi amministrativa suggerisce che spesso non vengono attuate tutte le garanzie sopra citate, sia in fase accertativa che in fase sanzionatoria. Si riconosce a tutti gli effetti che sussiste un vuoto normativo, si suggerisce, pertanto, l’adozione di una Carta dei diritti dei contribuenti nell’amministrazione tributaria digitale.
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