Tesi etd-10222025-164224 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
FORNAROLI, GINEVRA
URN
etd-10222025-164224
Titolo
Gestione multidisciplinare della gravidanza in pazienti con Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale: esperienza monocentrica dell'UO Gastroenterologia, AOUP
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MALATTIE DELL'APPARATO DIGERENTE
Relatori
relatore Dott.ssa Mumolo, Maria Gloria
Parole chiave
- APGAR
- gravidanza
- malattia di Crohn
- malattia infiammatoria cronica intestinale
- parto pretermine
- rettocolite ulcerosa
Data inizio appello
10/11/2025
Consultabilità
Completa
Riassunto
Le malattie infiammatorie croniche intestinale (MICI), ovvero Rettocolite ulcerosa (RCU) e Malattia di Crohn (MC) hanno un andamento cronico recidivante, alternando fasi di remissione e di riacutizzazione che influenzano notevolmente fasi importanti della crescita e dello sviluppo, dall'adolescenza fino all'età adulta, compreso anche il desiderio di avere figli e di intraprendere una gravidanza.
Nei pazienti con MICI si registra un minor numero di figli rispetto alla popolazione generale, cosa che in molti casi non è legata solo ad un’incapacità fisiologica di riproduzione, ma anche alla volontà dei pazienti stessi per la paura dell’andamento imprevedibile della malattia.
Infatti, la gravidanza corrisponde ad un periodo altamente stressante per la donna, soprattutto se già in diagnosi di MICI, dati i cambiamenti ormonali e immunitari che possono alterare l’andamento patofisiologico della malattia infiammatoria cronica intestinale riaccendendone la fase acuta e viceversa la malattia in fase attiva potrebbe portare a gravi complicanze per il nascituro.
E' noto che le pazienti con RCU hanno riacutizzazioni di malattie più frequenti durante la gravidanza rispetto alle pazienti con MC e che la malattia in fase attiva al concepimento sia fortemente associata a recidiva di malattia durante la gravidanza. Le donne in gravidanza con MICI abbiano un rischio più elevato di parto pretermine, LBW (Low Birth Weight) e SGA (Small for Gestational Age).
Dunque, è importante saper riconoscere i fattori di rischio legati alla malattia che possono influenzano l’outcome fetale.
Il nostro studio si propone di studiare la correlazione tra fattori di rischio associati alla malattia infiammatoria cronica intestinale e gli esiti fetali.
Nella nostra casistica abbiamo incluso 32 pazienti con MICI con gravidanza ad alto rischio seguite presso l’ambulatorio congiunto ostetrico-gastroenterologico del Presidio Ospedaliero Santa Chiara tra aprile 2014 e settembre 2025. I criteri di inclusione prevedevano una diagnosi confermata di MICI, la presa in carico multidisciplinare durante l’intera gestazione ed il parto avvenuto presso la stessa struttura. Sono state escluse le pazienti il cui parto è avvenuto in sedi differenti o che non sono state seguite durante l’intera gestazione presso l’ambulatorio congiunto gastroenterologicp-ginecologico.
Abbiamo confrontato le variabili cliniche come il flare durante la gravidanza, il tipo di malattia, l’età materna ≥35, la pregressa chirurgia e il tipo di terapia, tra cui quella con biologici, immunosoppressori e biologici con gli esiti ostetrici, in particolare l’età gestazionale pretermine, il peso alla nascita e l’APGAR ≤7.
Dall’analisi univariata è emersa un’associazione statisticamente significativa tra l’utilizzo di corticosteroidi con il parto pretermine e tra il punteggio APGAR ≤7 con l'uso di corticosteroidi e il ricorso pregresso alla chirurgia.
Non è emersa correlazione tra l’uso della terapia biologica con gli esiti negativi fetali.
Inoltre, dalla nostra analisi non è emersa correlazione tra l’attività di malattia durante la gravidanza con gli esiti fetali. Questo grazie anche all'introduzione del counseling pre-concezionale, che si è rivelato fondamentale per evitare che le gravidanze siano intraprese in momenti sfavorevoli come nella fase attiva di malattia e che ci permette di ridurre così complicanze perinatali e postpartum anche fatali.
Dalla nostra casistica l’età oltre i 35 anni, la modalità di parto, di travaglio non sembrano essere fattori di rischio di parto pretermine, né di punteggio APGAR≤7. Tuttavia, vi è tendenza all’associazione tra malattia di Crohn e APGAR ≤7, rispetto alla RCU
In conclusione, i risultati di questo studio suggeriscono che, nonostante l’aumentato rischio ostetrico associato alle MICI, una gestione multidisciplinare può contribuire a garantire esiti favorevoli della gravidanza.
Nei pazienti con MICI si registra un minor numero di figli rispetto alla popolazione generale, cosa che in molti casi non è legata solo ad un’incapacità fisiologica di riproduzione, ma anche alla volontà dei pazienti stessi per la paura dell’andamento imprevedibile della malattia.
Infatti, la gravidanza corrisponde ad un periodo altamente stressante per la donna, soprattutto se già in diagnosi di MICI, dati i cambiamenti ormonali e immunitari che possono alterare l’andamento patofisiologico della malattia infiammatoria cronica intestinale riaccendendone la fase acuta e viceversa la malattia in fase attiva potrebbe portare a gravi complicanze per il nascituro.
E' noto che le pazienti con RCU hanno riacutizzazioni di malattie più frequenti durante la gravidanza rispetto alle pazienti con MC e che la malattia in fase attiva al concepimento sia fortemente associata a recidiva di malattia durante la gravidanza. Le donne in gravidanza con MICI abbiano un rischio più elevato di parto pretermine, LBW (Low Birth Weight) e SGA (Small for Gestational Age).
Dunque, è importante saper riconoscere i fattori di rischio legati alla malattia che possono influenzano l’outcome fetale.
Il nostro studio si propone di studiare la correlazione tra fattori di rischio associati alla malattia infiammatoria cronica intestinale e gli esiti fetali.
Nella nostra casistica abbiamo incluso 32 pazienti con MICI con gravidanza ad alto rischio seguite presso l’ambulatorio congiunto ostetrico-gastroenterologico del Presidio Ospedaliero Santa Chiara tra aprile 2014 e settembre 2025. I criteri di inclusione prevedevano una diagnosi confermata di MICI, la presa in carico multidisciplinare durante l’intera gestazione ed il parto avvenuto presso la stessa struttura. Sono state escluse le pazienti il cui parto è avvenuto in sedi differenti o che non sono state seguite durante l’intera gestazione presso l’ambulatorio congiunto gastroenterologicp-ginecologico.
Abbiamo confrontato le variabili cliniche come il flare durante la gravidanza, il tipo di malattia, l’età materna ≥35, la pregressa chirurgia e il tipo di terapia, tra cui quella con biologici, immunosoppressori e biologici con gli esiti ostetrici, in particolare l’età gestazionale pretermine, il peso alla nascita e l’APGAR ≤7.
Dall’analisi univariata è emersa un’associazione statisticamente significativa tra l’utilizzo di corticosteroidi con il parto pretermine e tra il punteggio APGAR ≤7 con l'uso di corticosteroidi e il ricorso pregresso alla chirurgia.
Non è emersa correlazione tra l’uso della terapia biologica con gli esiti negativi fetali.
Inoltre, dalla nostra analisi non è emersa correlazione tra l’attività di malattia durante la gravidanza con gli esiti fetali. Questo grazie anche all'introduzione del counseling pre-concezionale, che si è rivelato fondamentale per evitare che le gravidanze siano intraprese in momenti sfavorevoli come nella fase attiva di malattia e che ci permette di ridurre così complicanze perinatali e postpartum anche fatali.
Dalla nostra casistica l’età oltre i 35 anni, la modalità di parto, di travaglio non sembrano essere fattori di rischio di parto pretermine, né di punteggio APGAR≤7. Tuttavia, vi è tendenza all’associazione tra malattia di Crohn e APGAR ≤7, rispetto alla RCU
In conclusione, i risultati di questo studio suggeriscono che, nonostante l’aumentato rischio ostetrico associato alle MICI, una gestione multidisciplinare può contribuire a garantire esiti favorevoli della gravidanza.
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