Tesi etd-10212025-173323 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SANSONE, MARIO
URN
etd-10212025-173323
Titolo
Giacomo Serpotta ed i "teatrini" dell'oratorio di Santa Cita.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Farinella, Vincenzo
Parole chiave
- barocco
- palermo
- serpotta
- stucco
Data inizio appello
07/11/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/11/2095
Riassunto
La tesi offre un'analisi approfondita della vita e dell'opera di Giacomo Serpotta, il celebre stuccatore siciliano (1656-1732), e del contesto storico-artistico in cui operò. L'analisi è divisa in tre sezioni principali: una biografia che ne traccia le origini familiari a Palermo, radicate in una tradizione di marmorari e stuccatori, e lo sviluppo della sua carriera quasi esclusivamente in Sicilia, evidenziando le sue prime commissioni e i suoi capolavori, come l'Oratorio di Santa Cita e quello di San Lorenzo. La seconda parte affronta la tecnica dello stucco, descrivendone l'evoluzione storica dall'antichità fino al Barocco, e sottolinea come Serpotta abbia elevato questo materiale "povero" a dignità artistica grazie alla sua formula innovativa, inclusa la caratteristica finitura lucida detta "allustratura". Infine, la sezione conclusiva si concentra sull’Oratorio di Santa cita, esplorando il suo rivoluzionario rapporto tra scultura e architettura, la sua collaborazione con architetti come Paolo e Giacomo Amato, e il concetto di "teatro plastico" di Serpotta, analizzando in dettaglio i celebri "teatrini prospettici" dell'Oratorio del SS. Rosario in Santa Cita, che fondono narrazione sacra, figure allegoriche e putti giocosi, integrando influenze classiche, romane e locali. Giacomo Isidoro Nicolò Serpotta, nato a Palermo nel quartiere della Kalsa il 10 marzo 1656, fu un maestro stuccatore la cui attività artistica si svolse quasi esclusivamente in Sicilia, in particolare a Palermo, Monreale, Agrigento, Alcamo, Caccamo e Messina. Serpotta crebbe in una fucina di botteghe nel quartiere del Cassaro, provenendo da famiglie attive di marmorari e stuccatori, tra cui suo padre Gaspare Serpotta e sua madre Antonina Travaglia. Ricevette un solido appoggio da una cerchia di parentela artistica, inclusi zii scultori importanti. Il primo documento che attesta la sua attività risale al 21 febbraio 1677, quando iniziò, non ancora ventunenne, la decorazione a stucco della chiesa della Madonna dell’Itria a Monreale. Negli anni successivi, Serpotta si distinse progressivamente dalla tradizione locale, abbracciando nuovi stimoli e ispirazioni. I suoi elementi narrativi, in particolare i putti, inizialmente ingenui, si trasformarono in veri protagonisti della sua arte plastica. Il suo primo grande capolavoro fu l’oratorio del Rosario in Santa Cita (decorato tra il 1686 e il 1689 e poi completato tra il 1717 e il 1718), un'opera che segna la consolidazione del suo linguaggio artistico distintivo. Qui combinò rilievi narrativi (i cosiddetti "teatrini") ispirati ad Antonello Gagini, con statue allegoriche e putti che partecipano attivamente alle scene. Raggiunse la piena maturità artistica nell’oratorio di San Francesco in San Lorenzo (completato entro il 1706), introducendo riferimenti alla statuaria romana antica. Questi tre oratori, insieme all'oratorio del Rosario in San Domenico, sono considerati i suoi tre capolavori, fortunatamente sopravvissuti alle guerre mondiali. Serpotta lavorò quasi esclusivamente per le confraternite palermitane per circa cinquant'anni, distinguendosi per la sua capacità di creare un'integrazione senza precedenti tra architettura e scultura, trasformando gli interni in complessi scenari teatrali. La sua opera è stata definita un "teatro di stucco" o un "melodramma plastico". Serpotta fu un maestro nel manipolare lo stucco, un materiale povero profondamente radicato nel territorio siciliano, elevandolo a mezzo di altissima espressione artistica. L'impasto di finitura (sottile, 2-6 mm) era di un caratteristico bianco neve e conteneva polvere di marmo, gesso e additivi organici. La sua tecnica più innovativa e "segreta" fu l'allustratura. Questo procedimento tecnico finale, considerato un "colpo da maestro", prevedeva l'uso di grassello, cera e polvere di marmo, richiedendo una lunga levigatura con panni di lino e spatole calde. L'allustratura conferiva alle superfici un "perfetto candore", durezza e lucentezza, migliorando la resistenza e la durabilità dello stucco, quasi paragonabile al marmo o al travertino. Il dibattito su un possibile viaggio di studio a Roma rimane irrisolto. Nonostante la formazione prevalentemente isolana, Serpotta dimostrò una profonda conoscenza e assimilazione di modelli esterni, giunti probabilmente tramite stampe. La sua arte, pur ancorata alla tradizione siciliana, assimilò l'influenza del Barocco romano. Si ipotizza un apprendistato nella bottega di Antonio Raggi, allievo del Bernini. La statua di Santa Monica (1711-1728) si ispira chiaramente all’Estasi di Santa Teresa del Bernini. Le influenze classiche, secondo alcuni, derivavano dall'arte ellenica di cui l'isola era ricca, o dalla statuaria antica veicolata tramite repertori iconografici. Serpotta tradusse idee pittoriche in sculture. Ad esempio il suo rilievo del Martirio di San Lorenzo (1699-1707) si basò direttamente su una stampa dell'omonimo quadro del pittore francese Eustache Le Sueur. Le sue allegorie si basavano in parte sull’Iconologia di Cesare Ripa, sebbene l'artista si permettesse una reinterpretazione personale e innovativa. Nella tesi si esplora approfonditamente I’oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita, dove Serpotta eseguì i “teatrini” a tema delle storie dei misteri del rosario e la Battaglia di Lepanto, la decorazione glorifica la Madonna del Rosario attraverso la rappresentazione dei suoi misteri. L'elemento più scenografico è il drappeggio monumentale della controfacciata, sul quale sono collocati i Misteri Gloriosi. Il rilievo centrale è dedicato alla Battaglia di Lepanto (1571), celebrando la vittoria cristiana sugli Ottomani. Serpotta creò una concavità che genera un effetto di immersione dello spettatore nel suo "teatro plastico". Ai piedi della rappresentazione, due fanciulli, uno con un turbante (mondo islamico) e l'altro con un elmo (mondo cristiano), sono raffigurati come "straccioni", forse esprimendo una condanna della guerra. Le figure allegoriche, come Giuditta ed Ester all’ingresso del presbiterio, sono elaborate come "eleganti dame di corte" con abiti sontuosi del tempo, anticipando l'estetica rococò. La figura di Giuditta fu ispirata da un'incisione di Sébastien Vouillemont, a sua volta basata su un’opera di Guido Reni, che Serpotta "contemporaneizzò" aggiungendo dettagli di moda, un tipo di personalizzazione già in voga nell’arte del periodo. I “teatrini” contengono molte fonti di ispirazione riconducibili all’arte romana e classica con esempi riconducibili anche a pittori suoi contemporanei o immediatamente precedenti, che analizzeremo all’interno della tesi. Serpotta morì a Palermo il 27 febbraio 1732, lasciando in eredità al figlio Procopio i suoi disegni, modelli in gesso e creta, e stampe, sottintendendo la continuità della sua tradizione artistica.
File
| Nome file | Dimensione |
|---|---|
Tesi non consultabile. |
|