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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10162025-175405


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PALMAROZZA, MARIA
URN
etd-10162025-175405
Titolo
L'obesità infantile: prevenzione tra alimentazione, cultura e famiglia
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
SCIENZE DELLA NUTRIZIONE UMANA
Relatori
relatore D'Urso, Giuseppina
Parole chiave
  • ambiente obesogeno
  • childhood obesity
  • comorbidità
  • comorbidity
  • educazione nutrizionale
  • family-based intervention
  • intervento basato sulla famiglia
  • mindfull eating
  • nutritional education
  • obese environment
  • obesità infantile
  • prevenzione scolastica
  • prevenzione sociale
  • school prevention
  • sedentarietà
  • sedentariness
  • social prevention
Data inizio appello
12/11/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/11/2095
Riassunto
L'obesità infantile rappresenta una delle principali e più complesse sfide per la salute pubblica del nostro tempo, configurandosi come la più diffusa epidemia non infettiva a livello globale. Questa analisi affronta il fenomeno in modo multifattoriale, superando la visione riduttiva di un semplice squilibrio energetico per esplorare l'intricata interazione di fattori biologici, psicologici, familiari, ambientali e socioculturali che contribuiscono alla sua insorgenza. La dimensione del problema è resa tangibile dai dati epidemiologici, che evidenziano una situazione allarmante sia a livello globale sia in contesti specifici come la Regione Campania, dove i tassi di eccesso ponderale raggiungono livelli critici. La radice del problema risiede in un ambiente obesogeno pervasivo, che favorisce attivamente l'aumento di peso attraverso radicali trasformazioni delle abitudini alimentari, dominate da un consumo crescente di cibi ultra-processati, e la diffusione di stili di vita sedentari, caratterizzati da un eccessivo tempo trascorso davanti agli schermi. La biologia innata del bambino, che lo predispone a preferire sapori dolci come meccanismo di sopravvivenza, viene oggi sfruttata da un marketing alimentare aggressivo che mira a creare dipendenza attraverso combinazioni studiate di zuccheri, grassi e sale. In questo contesto, la famiglia assume un ruolo ambivalente: da un lato è il primo luogo di educazione, dall'altro può diventare fonte di disagio psico-emotivo, dove il cibo assume una funzione consolatoria (emotional eating) e dove spesso manca una corretta percezione dello stato ponderale del figlio.
Le conseguenze di questa condizione si estendono ben oltre l'aspetto fisico. Accanto alla comparsa precoce di comorbidità un tempo considerate "da adulti" — come diabete di tipo 2, ipertensione e steatosi epatica non alcolica — emergono con forza le conseguenze psicosociali, spesso le più dolorose. Lo stigma, il bullismo, la bassa autostima e l'ansia generano un circolo vizioso in cui il malessere interiore alimenta comportamenti alimentari disfunzionali, aggravando la condizione fisica e compromettendo lo sviluppo emotivo e sociale del bambino. Di fronte a un quadro così complesso, gli approcci tradizionali basati su diete restrittive si dimostrano inefficaci e controproducenti. È necessario un cambio di paradigma verso un approccio multidisciplinare e integrato, centrato sulla persona. La strategia d'elezione diventa la Riabilitazione Psico-Nutrizionale, un percorso non prescrittivo che mira a ricostruire un rapporto sano con il cibo e con il corpo. L'obiettivo non è il raggiungimento di un peso ideale imposto, ma la promozione dell'autonomia e dell'ascolto dei segnali interni di fame e sazietà. Strumenti innovativi come il Training di Familiarizzazione con il Cibo, i Laboratori Sensoriali e le tecniche di Mindfulness diventano fondamentali per educare il bambino e la famiglia a una maggiore consapevolezza, superando la selettività e la fame emotiva.
L'arma più potente resta tuttavia la prevenzione, da attuare su più livelli. A partire dall'importanza cruciale dei primi 1000 giorni di vita, finestra insostituibile per la programmazione metabolica, passando per il ruolo educativo della famiglia come modello positivo (modeling) e della scuola come luogo di educazione esperienziale. La prevenzione deve infine estendersi al contesto sociale, attraverso politiche di pianificazione urbanistica che favoriscano il movimento e misure sanitarie che promuovano un ambiente di scelta più sano. In conclusione, la lotta all'obesità infantile si vince non combattendo il cibo, ma combattendo l'inconsapevolezza e la disinformazione. La soluzione a lungo termine risiede nell'alfabetizzazione nutrizionale e nell'empowerment di bambini e genitori, fornendo loro gli strumenti per diventare protagonisti attivi della propria salute, in un percorso che unisce benessere fisico, equilibrio emotivo e serenità relazionale.
Childhood obesity represents one of the main and most complex public health challenges of our time, establishing itself as the most widespread non-communicable epidemic globally. This analysis addresses the phenomenon in a multifactorial way, moving beyond the reductionist view of a simple energy imbalance to explore the intricate interplay of biological, psychological, familial, environmental, and sociocultural factors that contribute to its onset. The scale of the problem is made tangible by epidemiological data, which highlight an alarming situation both globally and in specific contexts like the Campania Region in Italy, where rates of excess weight reach critical levels. The root of the problem lies in a pervasive obesogenic environment, which actively promotes weight gain through radical transformations in dietary habits, dominated by a growing consumption of ultra-processed foods, and the spread of sedentary lifestyles characterized by excessive screen time. The innate biology of children, which predisposes them to prefer sweet tastes as a survival mechanism, is now exploited by aggressive food marketing aimed at creating addiction through studied combinations of sugars, fats, and salt. In this context, the family plays an ambivalent role: on one hand, it is the primary place of education; on the other, it can become a source of psycho-emotional distress, where food takes on a comforting function (emotional eating) and where a correct perception of the child's weight status is often lacking. The consequences of this condition extend far beyond the physical aspect. Alongside the early onset of comorbidities once considered "for adults"—such as type 2 diabetes, hypertension, and non-alcoholic fatty liver disease—the psychosocial consequences emerge forcefully, often being the most painful. Stigma, bullying, low self-esteem, and anxiety create a vicious cycle in which internal distress fuels dysfunctional eating behaviors, worsening the physical condition and compromising the child's emotional and social development. Faced with such a complex picture, traditional approaches based on restrictive diets prove to be ineffective and counterproductive. A paradigm shift is necessary, moving towards a multidisciplinary and integrated approach centered on the individual. The strategy of choice becomes Psycho-Nutritional Rehabilitation, a non-prescriptive path aimed at rebuilding a healthy relationship with food and the body. The goal is not to achieve an imposed ideal weight but to promote autonomy and the listening of internal signals of hunger and satiety. Innovative tools such as Food Familiarization Training, Sensory Laboratories, and Mindfulness techniques become fundamental for educating the child and the family toward greater awareness, overcoming selectivity and emotional eating. However, the most powerful weapon remains prevention, to be implemented on multiple levels. It starts with the crucial importance of the first 1000 days of life, an irreplaceable window for future metabolic programming, and continues with the educational role of the family as a positive model (modeling) and the school as a place for experiential education. Prevention must finally extend to the social context, through urban planning policies that encourage movement and health measures that promote a healthier choice environment.
In conclusion, the fight against childhood obesity is won not by fighting food, but by fighting unawareness and misinformation. The long-term solution lies in the nutritional literacy and empowerment of children and parents, providing them with the tools to become active protagonists of their own health, in a journey that combines physical well-being, emotional balance, and relational serenity.
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