Tesi etd-10132025-101852 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PILO, MARIA
URN
etd-10132025-101852
Titolo
Letture di classici rari nel Duecento fra Oxford e Parigi: exempla da Gellio in Giovanni di Galles.
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
FILOLOGIA E STORIA DELL'ANTICHITA'
Relatori
relatore Stagni, Ernesto
correlatore Mancini, Alessio
correlatore Mancini, Alessio
Parole chiave
- Aulo Gellio
- citazioni
- Compendiloquium
- Giovanni di Galles
- tradizione manoscritta
Data inizio appello
07/11/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/11/2095
Riassunto
Il presente lavoro di tesi si propone di indagare le citazioni dalle Noctes Atticae di Gellio nel Compendiloquium, opera del francescano Giovanni di Galles (attivo tra Oxford e Parigi dopo la metà del XIII sec.). Il testo si configura come un compendio sulla storia della filosofia, ma l’aspetto più rilevante è proprio la fitta presenza di citazioni da autori classici, tra i quali svetta Seneca. Un capitolo introduttivo inquadra la figura del letterato e le sue numerose opere, concentrandosi soprattutto sul Compendiloquium di cui si indagano lo stile e le modalità di composizione. Giovanni, tramite una prosa chiara e lineare, risponde all’esigenza primaria del suo lavoro: fornire exempla da autori antichi o tardoantichi e a scopi di predicazione.
Lo studio di Swanson 1989, che costituisce un punto di partenza del nostro lavoro, evidenzia la presenza di 57 citazioni tratte dalle Noctes Atticae di Aulo Gellio, un testo a quel tempo raro ma che Giovanni mostra di conoscere nella sua interezza (oltre ai libri IX-XX sono presenti citazioni anche dei meno diffusi I-VII).
Il lavoro di tesi ha esaminato tutte le citazioni, che si sono rivelate essere 65, e tra queste si contano, oltre alle citazioni letterali, anche i rimandi più generali ai passi gelliani. L’analisi delle citazioni è condotta attraverso l’edizione di tutte le porzioni utili. Si stabilisce ex novo un testo coerente, con i relativi apparati che aiutano a intuire uno stemma bipartito (l’opera ad oggi non conta nessuna edizione critica e si cita solo da incunaboli o cinquecentine: è dunque un lavoro condotto essenzialmente sui manoscritti).
L’opera è trasmessa in tutto da 27 manoscritti e almeno quattro edizioni a stampa. Per il nostro lavoro non è stato possibile collazionare tutti i testimoni, ma si è optato per un campione indubbiamente casuale e forse non rappresentativo, ma a suo modo completo. Abbiamo infatti esaminato tutti i codici digitalizzati rintracciabili in rete: sette testimoni (a cui si aggiunge l’editio princeps del 1496) presentano tutto il testo del Compendiloquium, quattro esemplari invece recano solo excerpta (Swanson non li nomina neppure, nella pur curata appendice in cui elenca i manoscritti che tramandano i lavori del frate) e due, conservati a Klagenfurt e a Klosterneuburg, che abbiamo siglato rispettivamente con K1 e K2, offrono un testo fortemente rimaneggiato, con numerose omissioni. Precede i saggi di edizione, con relativo conspectus siglorum, una sezione introduttiva, in cui si descrive ciascuno dei testimoni adoperati con le sue caratteristiche paleografiche.
Al termine di questo lavoro per tutte le citazioni, si cerca di stabilire a quale ramo della tradizione manoscritta di Gellio appartenesse il testo che aveva a disposizione Giovanni e si propone uno stemma codicum per il Compendiloquium.
Lo studio di Swanson 1989, che costituisce un punto di partenza del nostro lavoro, evidenzia la presenza di 57 citazioni tratte dalle Noctes Atticae di Aulo Gellio, un testo a quel tempo raro ma che Giovanni mostra di conoscere nella sua interezza (oltre ai libri IX-XX sono presenti citazioni anche dei meno diffusi I-VII).
Il lavoro di tesi ha esaminato tutte le citazioni, che si sono rivelate essere 65, e tra queste si contano, oltre alle citazioni letterali, anche i rimandi più generali ai passi gelliani. L’analisi delle citazioni è condotta attraverso l’edizione di tutte le porzioni utili. Si stabilisce ex novo un testo coerente, con i relativi apparati che aiutano a intuire uno stemma bipartito (l’opera ad oggi non conta nessuna edizione critica e si cita solo da incunaboli o cinquecentine: è dunque un lavoro condotto essenzialmente sui manoscritti).
L’opera è trasmessa in tutto da 27 manoscritti e almeno quattro edizioni a stampa. Per il nostro lavoro non è stato possibile collazionare tutti i testimoni, ma si è optato per un campione indubbiamente casuale e forse non rappresentativo, ma a suo modo completo. Abbiamo infatti esaminato tutti i codici digitalizzati rintracciabili in rete: sette testimoni (a cui si aggiunge l’editio princeps del 1496) presentano tutto il testo del Compendiloquium, quattro esemplari invece recano solo excerpta (Swanson non li nomina neppure, nella pur curata appendice in cui elenca i manoscritti che tramandano i lavori del frate) e due, conservati a Klagenfurt e a Klosterneuburg, che abbiamo siglato rispettivamente con K1 e K2, offrono un testo fortemente rimaneggiato, con numerose omissioni. Precede i saggi di edizione, con relativo conspectus siglorum, una sezione introduttiva, in cui si descrive ciascuno dei testimoni adoperati con le sue caratteristiche paleografiche.
Al termine di questo lavoro per tutte le citazioni, si cerca di stabilire a quale ramo della tradizione manoscritta di Gellio appartenesse il testo che aveva a disposizione Giovanni e si propone uno stemma codicum per il Compendiloquium.
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