Tesi etd-10102024-182148 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (3 anni)
Autore
SABBATUCCI, MICHELA
URN
etd-10102024-182148
Titolo
Studio retrospettivo sulle infezioni correlate all’assistenza nell'Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, gennaio 2019 - luglio 2024
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
STATISTICA SANITARIA E BIOMETRIA
Relatori
relatore Prof.ssa Rizzo, Caterina
relatore Dott. Fornili, Marco
relatore Dott. Fornili, Marco
Parole chiave
- HAI
- hospital
- hospital acquired infections
- ICA
- infezioni correlate all'assistenza
- ospedale
Data inizio appello
07/11/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/11/2094
Riassunto
Le infezioni correlate all'assistenza (ICA) rappresentano una grave sfida per la salute, provocando complicazioni che possono essere significative per i pazienti, come il prolungamento del ricovero, l’aumento dell’uso di risorse e dei costi sanitari, il decesso. Le ICA possono verificarsi in qualsiasi contesto assistenziale (ospedali, ambulatori di chirurgia, centri di dialisi, lungodegenze, assistenza domiciliare, strutture residenziali territoriali, ecc.), e al momento dell’ingresso nella struttura o prima dell’erogazione dell’assistenza non erano manifeste clinicamente, né erano in incubazione. Queste infezioni, che includono, tra le altre, sito chirurgico, vie urinarie, polmoniti da ventilazione e infezioni del sangue, possono essere causate da microrganismi resistenti agli antibiotici, limitando le scelte terapeutiche. La prevenzione delle ICA è cruciale per il sistema sanitario, e diversi studi a livello nazionale o internazionale indicano che il 35-55% di esse potrebbe essere evitato attraverso programmi di prevenzione e stewardship diagnostica e terapeutica adeguati. In Italia, la prevalenza delle ICA è superiore alla media europea, rendendo necessaria l'implementazione di linee guida nazionali per garantire pratiche di prevenzione e controllo efficaci e uniformi sul territorio. Il presente studio ha l’obiettivo di descrivere retrospettivamente la frequenza e l’andamento dei casi di infezione registrati presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) nel periodo temporale gennaio 2019 – luglio 2024, di descrivere i microrganismi responsabili dei casi di infezione, e di individuare le associazioni significative tra le variabili disponibili rispetto al decesso dei pazienti.
Lo studio ha preso in analisi i dati dei pazienti ricoverati in vari reparti nella AOUP che avevano un tampone di screening positivo al ricovero o durante la degenza. I dati microbiologici sono stati raccolti dal sistema automatizzato di alert del laboratorio di microbiologia della AOUP. I dati amministrativi relativi al ricovero sono stati raccolti dal sistema Accettazione Dimissione e Trasferimento (ADT) per la compilazione delle schede di dimissione ospedaliera (SDO), mentre i dati relativi alle misure adottate e, dove presenti, diagnosi e note anamnestiche, sono stati estratti dalla Unità Operativa di Igiene ed Epidemiologia Universitaria della AOUP.
I risultati dell’analisi univariata rispetto al decesso dei pazienti ricoverati nel periodo di riferimento evidenziano che i pazienti avevano una maggiore probabilità di morte oltre i 60 anni e proporzionalmente con l’età, rispetto ai giovani di età inferiore ai 18 anni. L’autonomia dei pazienti era un fattore protettivo nei confronti del decesso, rispetto al paziente allettato, così come, rispetto al paziente che non aveva fatto alcuna terapia antibiotica, l’assunzione di cefalosporine di 1° generazione, mentre l’assunzione di glicilcicline era associata a maggiore probabilità di decesso. L’isolamento in camera singola era associato alla sopravvivenza del paziente, rispetto al mancato isolamento, mentre con l’isolamento funzionale o misto i pazienti avevano una maggiore probabilità di decesso. Inoltre, la presenza di una infezione al ricovero aumentava del 66% la probabilità di decesso del paziente. Riguardo al reparto di ricovero in cui era avvenuta la diagnosi di infezione, alcuni reparti erano associati a una minore probabilità di decesso (Chirurgia, Malattie metaboliche, Oncologia), mentre altri reparti a una maggiore probabilità di decesso (Anestesia e rianimazione, Medicina di urgenza, PS, UTI). Invece, i pazienti che provenivano da Anestesia e rianimazione o dal proprio domicilio avevano minore probabilità di decesso, mentre i pazienti provenienti da Malattie infettive avevano una probabilità di decesso maggiore. Rispetto all’infezione con A. baumannii, l’isolamento di C. difficile, K. aerogenes, E. cloacae, E. coli, Enterobacterales, K. pneumoniae correlava con una minore probabilità di decesso, così come la presenza di OXA-48 risultava associata a minore probabilità di decesso rispetto a ESBL. In particolare, la diagnosi riscontrata in primavera o in inverno, rispetto al periodo estivo, aumentava del 22% e del 48% rispettivamente la probabilità di decesso.
Una età maggiore di 80 anni era associata significativamente a una riduzione del 53% di contrarre una ICA. L’autonomia del paziente era invece un fattore protettivo rispetto alla condizione di essere allettato, mentre il genere maschile aumentava del 22% la probabilità di ICA, così come l’assunzione di glicilcicline, cefalosporine di 1° generazione, aminoglicosidi, lipopeptidi ciclici, glicopeptidi e lipoglicopeptidi, aumentava l’evento ICA rispetto ai pazienti che non avevano assunto alcun antibiotico; carbapenemi aumentavano la probabilità di ICA dell’85%. Anche l’isolamento funzionale, piuttosto che in camera singola, era associato a una maggiore probabilità di ICA e il ricovero nei seguenti reparti: UTI, Centro ustioni, Anestesia e rianimazione, Pediatria/neonatologia, COVID-19, Chirurgia, Malattie metaboliche. Al contrario, l’accesso al PS o il ricovero in Oncologia avevano un effetto protettivo per ICA. Invece, provenire dal proprio domicilio oppure dal PS riduceva la probabilità di contrarre una ICA. L’isolamento di C. difficile, K. pneumoniae, E. coli, o Enterobacterales era associato con una probabilità inferiore di sviluppare una ICA rispetto all’A. baumannii.
Essere maschio, di età compresa tra 18-60 anni, e in terapia antibiotica implicava una degenza più lunga, mentre avere oltre 80 anni ed essere autonomo erano condizioni associate con una degenza più breve. Rispetto all’isolamento in camera singola, considerato lo standard ottimale, l’isolamento in coorte diminuiva comunque significativamente la degenza, mentre un isolamento funzionale o di tipo misto la allungava, come anche il ricovero nei reparti Anestesia e rianimazione, Centro ustioni, Chirurgia e COVID-19. I pazienti che provenivano dal proprio domicilio erano ricoverati per un tempo inferiore rispetto alla categoria “altra struttura”. La presenza di ICA era fortemente associata a un aumento dei tempi di degenza. L’identificazione di microrganismi Gram- mostrava un aumento significativo del numero dei giorni di ricovero rispetto all’isolamento di C. difficile. Rispetto alla mancata identificazione di enzimi carbapenemasi, la presenza di KPC, NDM, OXA-48, VIM, o l’accertamento di resistenza a glicopeptidi o vancomicina era associato significativamente a una degenza più breve.
L’analisi statistica multivariata mostra che il ricovero in UTI, la provenienza dal reparto Anestesia e rianimazione e Pediatria o neonatologia, la durata della degenza, correlava significativamente con la probabilità di contrarre una ICA. L'isolamento del paziente di tipo misto era associato a un effetto protettivo per ICA, così come l’adozione di precauzioni da contatto.
L’implementazione di programmi di IPC secondo la strategia multimodale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) potrebbe migliorare gli esiti di cura e la spesa economica dovuta alle ICA presso AOUP.
Lo studio ha preso in analisi i dati dei pazienti ricoverati in vari reparti nella AOUP che avevano un tampone di screening positivo al ricovero o durante la degenza. I dati microbiologici sono stati raccolti dal sistema automatizzato di alert del laboratorio di microbiologia della AOUP. I dati amministrativi relativi al ricovero sono stati raccolti dal sistema Accettazione Dimissione e Trasferimento (ADT) per la compilazione delle schede di dimissione ospedaliera (SDO), mentre i dati relativi alle misure adottate e, dove presenti, diagnosi e note anamnestiche, sono stati estratti dalla Unità Operativa di Igiene ed Epidemiologia Universitaria della AOUP.
I risultati dell’analisi univariata rispetto al decesso dei pazienti ricoverati nel periodo di riferimento evidenziano che i pazienti avevano una maggiore probabilità di morte oltre i 60 anni e proporzionalmente con l’età, rispetto ai giovani di età inferiore ai 18 anni. L’autonomia dei pazienti era un fattore protettivo nei confronti del decesso, rispetto al paziente allettato, così come, rispetto al paziente che non aveva fatto alcuna terapia antibiotica, l’assunzione di cefalosporine di 1° generazione, mentre l’assunzione di glicilcicline era associata a maggiore probabilità di decesso. L’isolamento in camera singola era associato alla sopravvivenza del paziente, rispetto al mancato isolamento, mentre con l’isolamento funzionale o misto i pazienti avevano una maggiore probabilità di decesso. Inoltre, la presenza di una infezione al ricovero aumentava del 66% la probabilità di decesso del paziente. Riguardo al reparto di ricovero in cui era avvenuta la diagnosi di infezione, alcuni reparti erano associati a una minore probabilità di decesso (Chirurgia, Malattie metaboliche, Oncologia), mentre altri reparti a una maggiore probabilità di decesso (Anestesia e rianimazione, Medicina di urgenza, PS, UTI). Invece, i pazienti che provenivano da Anestesia e rianimazione o dal proprio domicilio avevano minore probabilità di decesso, mentre i pazienti provenienti da Malattie infettive avevano una probabilità di decesso maggiore. Rispetto all’infezione con A. baumannii, l’isolamento di C. difficile, K. aerogenes, E. cloacae, E. coli, Enterobacterales, K. pneumoniae correlava con una minore probabilità di decesso, così come la presenza di OXA-48 risultava associata a minore probabilità di decesso rispetto a ESBL. In particolare, la diagnosi riscontrata in primavera o in inverno, rispetto al periodo estivo, aumentava del 22% e del 48% rispettivamente la probabilità di decesso.
Una età maggiore di 80 anni era associata significativamente a una riduzione del 53% di contrarre una ICA. L’autonomia del paziente era invece un fattore protettivo rispetto alla condizione di essere allettato, mentre il genere maschile aumentava del 22% la probabilità di ICA, così come l’assunzione di glicilcicline, cefalosporine di 1° generazione, aminoglicosidi, lipopeptidi ciclici, glicopeptidi e lipoglicopeptidi, aumentava l’evento ICA rispetto ai pazienti che non avevano assunto alcun antibiotico; carbapenemi aumentavano la probabilità di ICA dell’85%. Anche l’isolamento funzionale, piuttosto che in camera singola, era associato a una maggiore probabilità di ICA e il ricovero nei seguenti reparti: UTI, Centro ustioni, Anestesia e rianimazione, Pediatria/neonatologia, COVID-19, Chirurgia, Malattie metaboliche. Al contrario, l’accesso al PS o il ricovero in Oncologia avevano un effetto protettivo per ICA. Invece, provenire dal proprio domicilio oppure dal PS riduceva la probabilità di contrarre una ICA. L’isolamento di C. difficile, K. pneumoniae, E. coli, o Enterobacterales era associato con una probabilità inferiore di sviluppare una ICA rispetto all’A. baumannii.
Essere maschio, di età compresa tra 18-60 anni, e in terapia antibiotica implicava una degenza più lunga, mentre avere oltre 80 anni ed essere autonomo erano condizioni associate con una degenza più breve. Rispetto all’isolamento in camera singola, considerato lo standard ottimale, l’isolamento in coorte diminuiva comunque significativamente la degenza, mentre un isolamento funzionale o di tipo misto la allungava, come anche il ricovero nei reparti Anestesia e rianimazione, Centro ustioni, Chirurgia e COVID-19. I pazienti che provenivano dal proprio domicilio erano ricoverati per un tempo inferiore rispetto alla categoria “altra struttura”. La presenza di ICA era fortemente associata a un aumento dei tempi di degenza. L’identificazione di microrganismi Gram- mostrava un aumento significativo del numero dei giorni di ricovero rispetto all’isolamento di C. difficile. Rispetto alla mancata identificazione di enzimi carbapenemasi, la presenza di KPC, NDM, OXA-48, VIM, o l’accertamento di resistenza a glicopeptidi o vancomicina era associato significativamente a una degenza più breve.
L’analisi statistica multivariata mostra che il ricovero in UTI, la provenienza dal reparto Anestesia e rianimazione e Pediatria o neonatologia, la durata della degenza, correlava significativamente con la probabilità di contrarre una ICA. L'isolamento del paziente di tipo misto era associato a un effetto protettivo per ICA, così come l’adozione di precauzioni da contatto.
L’implementazione di programmi di IPC secondo la strategia multimodale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) potrebbe migliorare gli esiti di cura e la spesa economica dovuta alle ICA presso AOUP.
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