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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10092025-144930


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
MARTIGNETTI, SILVIA
URN
etd-10092025-144930
Titolo
Il blocco anestetico del GON nell'emicrania refrattaria
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Ceravolo, Roberto
correlatore Prof. Baldacci, Filippo
Parole chiave
  • blocco GON
  • cefalea da uso eccessivo di farmaci
  • emicrania cronica
  • emicrania refrattaria
Data inizio appello
28/10/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/10/2095
Riassunto
L’emicrania rappresenta una malattia neurologica ad elevata prevalenza su scala globale, con un marcato impatto disabilitante sulla vita dei pazienti, associato ad alterata elaborazione degli stimoli sensitivi e nocicettivi, con una patogenesi complessa che coinvolge diverse aree e circuiti cerebrali. Secondo i criteri dell’ ICHD-3 (International Classification of Headache Disorders, 3rd Edition) l’emicrania è definita come una cefalea ricorrente che si manifesta con attacchi di durata tra le 4 e le 72 ore, con almeno due di queste caratteristiche, quali: localizzazione unilaterale, dolore di tipo pulsante, dolore di intensità media o elevata, dolore aggravato dall’attività fisica; inoltre, può essere associata a nausea o vomito, presenza di fotofobia e fonofobia. L’emicrania cronica è definita come una cefalea persistente per almeno 15 giorni al mese per più di tre mesi, di cui 8 almeno con caratteristiche prettamente emicraniche. Data l’elevata prevalenza e dato l’elevato impatto sulla qualità di vita, sono fondamentali strategie di prevenzione, diagnosi precoce e gestione delle comorbidità. In letteratura, emergono diversi studi volti a definire la fisiopatologia dell’emicrania, i quali hanno fornito le basi per identificare potenziali target terapeutici mirati, come il CGRP. Anticorpi monoclonali anti-CGRP, gepanti e tossina botulinica rappresentano strumenti terapeutici fondamentali nel trattamento dell’emicrania cronica. Gli obiettivi della terapia sono la riduzione del numero di giorni di cefalea mensili, il controllo della disabilità associata alla cefalea e una miglior gestione dell’attacco acuto, con un minor ricorso alla terapia sintomatica. L’uso frequente o inappropriato di farmaci sintomatici può favorire lo sviluppo della Medication Overuse Headache (MOH), o cefalea da uso eccessivo di farmaci, che complica il quadro clinico del paziente e riduce l’efficacia della terapia preventiva. La Medication Overuse Headache è definita, secondo i criteri dell’ICHD-3, come una cefalea che si presenta per 15 o più giorni al mese in un soggetto con una preesistente cefalea primaria e che si verifica come conseguenza di un uso eccessivo di farmaci sintomatici (per 10-15 giorni a seconda del tipo di sintomatico) per più di tre mesi.
Nonostante le strategie terapeutiche mirate, persiste una quota di pazienti che risulta non responsiva a questi trattamenti, in cui si sviluppa un quadro di emicrania definita refrattaria. Secondo i criteri stabiliti dal Consensus Statement dell’European Headache Federation (EHF) del 2020, la condizione di refrattarietà è definita da fallimento terapeutico e/o controindicazione a tutti i trattamenti preventivi disponibili e dalla persistenza di almeno 8 giorni di emicrania disabilitante per almeno sei mesi consecutivi. Oltre al fallimento terapeutico, inteso come perdita di efficacia o scarsa tollerabilità del farmaco, i criteri di refrattarietà includono, quindi, anche condizioni cliniche in cui l’utilizzo di diverse terapie preventive è controindicato, come ad esempio la gravidanza, a causa del rischio di teratogenicità o della mancanza di dati sulla sicurezza di tali farmaci durante questo periodo. Questa condizione rende necessario individuare nuove strategie e approcci terapeutici alternativi, al fine di poter raggiungere un controllo efficace della patologia anche nei pazienti non responsivi.
In questo contesto si inserisce il presente studio, che ha previsto l’impiego del blocco anestetico del nervo grande occipitale (GON) in una popolazione di pazienti che risponde ai criteri di emicrania cronica refrattaria. Il blocco anestetico del GON è una procedura ambulatoriale, minimamente invasiva, affermata nel panorama delle terapie per varie tipologie di cefalea, grazie all’efficacia e all’elevato profilo di sicurezza mostrato. Consiste nell’iniezione di un anestetico locale, associato in modo facoltativo ad uno steroide, in prossimità dei nervi grandi occipitali, con lo scopo di ridurre il dolore e modulare l’attività nocicettiva. Il nervo grande occipitale, infatti, veicola informazioni sensitive e nocicettive della regione cervico-nucale, destinate ai neuroni di secondo ordine posti a livello del corno posteriore del midollo spinale (C1-C3); alcune fibre afferenti possono raggiungere la parte caudale nel nucleo spinale del trigemino, contribuendo alla sua attivazione. Tale convergenza anatomica e funzionale dà origine al complesso trigemino-cervicale. Il blocco anestetico del GON agisce, quindi, riducendo l’attivazione secondaria del nucleo spinale del trigemino.
Il presente studio è stato condotto con lo scopo di valutare la tollerabilità e l’efficacia del blocco anestetico del GON in 15 pazienti, afferenti presso il Centro per la diagnosi e cura delle Cefalee dell’UO Neurologia Universitaria di Pisa, con diagnosi di emicrania cronica refrattaria.
Sono stati utilizzati specifici descrittori di malattia quali giorni di emicrania al mese, intensità del dolore (scala VNS- Verbal Numeric Scale), numero di assunzioni di farmaci sintomatici al mese, impatto della cefalea sulla qualità di vita (HIT-6– Headache Impact Test-6), allodinia (ASC-12 – Allodynia Symptoms Checklist 12), e di comorbidità, quali stato ansioso (GAD-7 - Generalized Anxiety Disorder 7-Item Scale), depressione (PHQ-9 - Patient Health Questionnaire 9-Item Scale), fatigue (FSS - Fatigue Severity Scale). La popolazione, con una durata media dell’emicrania pari a 31,2 ± 18,94 anni, presentava una media di 19,6 ± 10,25 giorni di cefalea mensili e una media di trattamenti preventivi precedentemente falliti pari a 5,33: in particolare 7 su 15 pazienti hanno fallito terapia con anticorpi monoclonali e, di questi, 4 ne hanno tentati due diversi; 11 su 15 pazienti hanno fallito la terapia con tossina botulinica; in 5 casi è stata utilizzata l’associazione di tossina botulinica e anticorpo monoclonale. 12 su 15 pazienti presentavano uso eccessivo di sintomatici (MOH). La valutazione longitudinale dei parametri clinici e psicometrici indicati ha previsto la somministrazione di questionari durante la valutazione basale del paziente (T0) e dopo un mese dal trattamento (T2). Per poter valutare, invece, l’efficacia precoce del trattamento, è stata effettuata una valutazione telefonica a sette giorni dal blocco (T1), durante la quale sono stati rilevati solo il numero di giorni con cefalea nella settimana, l’intensità del dolore (VNS), la frequenza di utilizzo della terapia sintomatica e la presenza di allodinia (ASC-12).
Il protocollo adottato in questo studio ha previsto un blocco bilaterale distale del GON con tecnica landmark-based, effettuato mediante ago da 22 gauge, con iniezione di 1,5-2 ml di lidocaina al 2% (30-40 mg) per lato, associato facoltativamente a metilprednisolone (20 mg) diluito in 1-2 ml di acqua per preparazione iniettabile. Prima della procedura e alla fine del periodo di osservazione post-procedurale, sono stati rilevati la frequenza cardiaca e i valori pressori dei pazienti.
L’analisi statistica, condotta mediante test di Wilcoxon per dati appaiati, ha mostrato una riduzione statisticamente significativa dell’intensità del dolore a una settimana dal trattamento (punteggio medio della scala VNS da 8,13 ± 1,55 a 6,13 ± 2,26; p = 0,02), indice dell’effetto precoce del blocco del GON. I valori della scala VNS tendono a risalire a distanza di un mese, ad indicare una prevedibile breve durata dell’effetto analgesico nel tempo. Al follow-up ad un mese, si è assistito ad una riduzione statisticamente significativa dell’impatto della cefalea sulla qualità di vita, con punteggio medio dell’HIT-6 che è variato da 66,8 ± 5,41 al basale a 63,4 ± 8,33 (p=0,04). Anche l’assunzione media di farmaci sintomatici nel mese ha mostrato una riduzione statisticamente significativa passando da 26,27 ± 22,32 a 11,07 ± 8,53 (p=0,02), a indicare un miglioramento rilevante nella gestione dell’attacco acuto sia nei pazienti con che senza overuse di sintomatici. Tuttavia, non è stata osservata una riduzione significativa del numero medio di giorni di cefalea mensili e nei parametri riferiti alle comorbidità. Non sono stati riscontrati effetti avversi sistemici o complicanze rilevanti nelle ore successive al blocco del GON e nel follow-up.
In conclusione, lo studio condotto ha mostrato un elevato profilo di sicurezza e un’ottima tollerabilità del blocco anestetico del GON, che lo rendono una valida opzione terapeutica anche per pazienti con profilo clinico più complesso e in gravidanza, come indicato dalle linee guida del Consensus Statement dell’European Headache Federation del 2020. Il trattamento ha confermato la propria efficacia nella riduzione della sintomatologia algica nel breve termine, con un progressivo attenuarsi dell’effetto analgesico nel tempo. Al follow-up ad un mese, ha dimostrato una riduzione significativa dell'impatto della cefalea sulla qualità di vita, con una diminuzione del grado di disabilità ad esso associata e una riduzione significativa del numero di assunzioni del sintomatico. Il blocco anestetico del GON ha infatti favorito un miglioramento clinico, che ha determinato una miglior gestione dell’attacco acuto, consentendo un’importante riduzione dell’assunzione di farmaci in fase acuta e suggerendo un potenziale ruolo nella prevenzione e nella gestione della MOH, che spesso complica queste forme croniche refrattarie. Tuttavia, la mancanza di un protocollo standardizzato, il campione limitato e l’assenza di un gruppo di controllo, di fattori predittivi di risposta e di un follow-up più esteso nel tempo rappresentano i limiti di questo studio. I dati ottenuti appaiono promettenti, ma ulteriori studi, condotti su casistiche più ampie e con protocollo ben strutturato, saranno fondamentali per confermare questi risultati e definire, con maggiore precisione, il ruolo del blocco del GON nel trattamento dell’emicrania refrattaria.
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