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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09292017-112945


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
LA VELLA, MATTEO
URN
etd-09292017-112945
Titolo
Studio retrospettivo su profilassi e trattamento anticoagulante della trombosi venosa profonda nei pazienti neoplastici: dall'eparina agli anticoagulanti orali diretti.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Ghiadoni, Lorenzo
tutor Dott.ssa Bartalena, Cecilia
Parole chiave
  • tromboembolismo
  • TEV
  • profilassi
  • NAO
  • eparina
  • EBPM
  • cancro
  • anticoagulanti orali diretti
  • anticoagulante
  • Trombosi
  • TVP
  • venosa
  • venoso
Data inizio appello
17/10/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il tromboembolismo venoso ha un’incidenza di 900000 casi/anno, con elevata mortalità. Ad oggi, non sono completamente noti i fattori di rischio responsabili del fenotipo protrombotico.

È ampiamente riconosciuto che i pazienti affetti da cancro sono quelli con più elevato rischio, poiché il tumore induce un cambiamento nell’equilibrio emostatico del paziente, con attivazione di uno stato di ipercoagulabilità. Nei pazienti tumorali, il tromboembolismo rappresenta la prima causa di morte, dopo la neoplasia stessa.
Ad oggi, la scelta di intraprendere o meno una profilassi anticoagulante primaria nei pazienti con fattori di rischio per tromboembolismo venoso è solo a discrezione del clinico.

Lo scopo primario di questo studio è stato quello di valutare i pazienti con diagnosi di trombosi venosa profonda (TVP), in particolare quelli affetti da patologia neoplastica, al fine di individuare i casi in cui l’evento acuto potesse essere evitato con un’adeguata terapia profilattica. Lo scopo secondario è stato quello di valutare se l’utilizzo dei risk score attualmente a disposizione avrebbe consentito un’adeguata definizione del rapporto rischio trombotico/rischio emorragico del paziente e l’impostazione di una terapia individualizzata.
Sono stati pertanto analizzati retrospettivamente 47 pazienti ammessi all’U.O. di Medicina d’Urgenza Universitaria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana tra gennaio 2016 e agosto 2017 (20 mesi), con diagnosi principale o secondaria di trombosi venosa profonda (TVP). Per ogni paziente sono stati valutati i fattori di rischio, con particolare attenzione alla presenza di patologia tumorale, la terapia (domiciliare, acuta e alla dimissione) e le caratteristiche di presentazione clinica e di laboratorio.
In tutti i pazienti sono stati valutati il rischio trombotico e quello emorragico, tramite gli score attualmente a disposizione, quali IMPROVE-VTE e IMPROVE BLEED. Nei pazienti tumorali, è stato calcolato il punteggio dello score di Khorana, sulla base dei fattori di rischio cancro-specifici.

Nel nostro studio solo ¼ dei pazienti, sia di quelli con fattori di rischio noti (il 26%) che dei pazienti neoplastici (il 24%), effettuava una terapia profilattica domiciliare.
Questo risultato lascia supporre che gran parte degli eventi trombotici poteva essere prevenuta impostando un adeguato trattamento profilattico.

Il 75% delle embolie polmonari si è sviluppato in pazienti non in profilassi. Tra quelli in profilassi, tutti gli eventi embolici, tranne uno, si sono realizzati in pazienti tumorali. I pazienti con cancro, in accordo con la letteratura, presentavano manifestazioni cliniche peculiari. Infatti l’81% delle trombosi in distretti inusuali era presente in pazienti tumorali.

Solo 6 pazienti (l’11%) presentavano all’ingresso un D-dimero < 0,3 mg/dl e, di questi 4 erano in profilassi. Viceversa, solo 1/3 dei pazienti in profilassi aveva un D-dimero negativo all’ingresso. Alla dimissione, solo 5 pazienti (l’11%) aveva un D-dimero inferiore al cut-off, nonostante la terapia anticoagulante. Il trend del D-dimero dal ricovero alla dimissione, sebbene mediamente in diminuzione, ha mostrato una riduzione meno marcata nei pazienti tumorali.

Tra i pazienti non tumorali, in 12 (il 55%) avevano un punteggio IMPROVE-VTE superiore a quello IMPROVE-bleed e in 14 (il 64%) risultavano a rischio trombotico elevato (punteggio IMPROVE-VTE ≥ 4). In questi pazienti non tumorali, gli score IMPROVE hanno mostrato un andamento tendenzialmente parallelo senza discostarsi eccessivamente tra loro, sia per punteggi bassi che per quelli medio-alti, mentre questo comportamento non è stato osservato nei pazienti neoplastici.
I pazienti neoplastici avevano un punteggio negli score IMPROVE superiore a quello dei non tumorali. Il 64% dei pazienti tumorali aveva un rischio trombotico intermedio, mentre solo il 16% di essi aveva un rischio elevato, secondo lo score di Khorana.

Tutti i pazienti sono stati trattati con terapia antitrombotica, sia in acuto che alla dimissione. Complessivamente, circa il 90% degli eventi acuti è stato trattato con ENF (Eparina Non Frazionata) o EBPM (Eparina a Basso Peso Molecolare). Tutti i pazienti neoplastici sono stati trattati con ENF o EBPM sia in acuto che alla dimissione, tranne 2, di cui uno dimesso con un NAO (Nuovo Anticoagulante Orale). Nei pazienti non tumorali, i NAO sono risultati i farmaci prescritti più frequentemente (nel 55% dei pazienti).
Tra i pazienti non tumorali, in 12 erano candidabili al trattamento con un NAO in dimissione. Di questi, solo in 5 sono stati poi dimessi con uno di questi farmaci, mentre per gli altri 7 pazienti è stata impostata una terapia con EBPM. È probabile che, per questi 7 pazienti, il giudizio clinico abbia indotto a scegliere la terapia eparinica, sulla base delle condizioni generali e dell’assetto coagulativo durante il periodo di ricovero. Un’analisi a posteriori dei 12 pazienti non tumorali candidabili al NAO, ha rivelato che i 7 pazienti trattati in dimissione con EBPM avevano un punteggio mediamente più elevato nello score IMPROVE-bleed, rispetto a quelli dimessi con un NAO. Per le loro caratteristiche, questi 7 pazienti potrebbero comunque beneficiare di una terapia con un anticoagulante orale diretto.

I risultati di queste analisi suggeriscono che l’assenza di sistemi di scoring specifici per la stratificazione del rischio trombotico ed emorragico in soggetti non ospedalizzati, in base ai fattori di rischio noti, è probabilmente una delle principali cause della scarsa applicazione di una profilassi anticoagulante primaria in comunità. Nei pazienti non tumorali, lo IMPROVE-VTE e lo IMPROVE-bleed potrebbero rappresentare uno strumento potenzialmente utile nella valutazione del rischio trombotico e di quello emorragico, sebbene non siano stati validati per questo scopo.
Questa criticità trova la sua massima espressione nei pazienti neoplastici, nei quali l’eterogeneità del fenotipo trombotico si rende responsabile di numerosi bias di selezione, complicando ulteriormente il corretto l’utilizzo della profilassi primaria. In questa categoria di pazienti, l’utilizzo routinario più esteso di risk score quali il Khorana e il Khorana modificato secondo Pabinger, permetterebbe una migliore stratificazione dei pazienti, consentendo almeno di individuare quelli con il rischio trombotico più elevato, data l’assenza di un analogo sistema per la valutazione del rischio emorragico. I pazienti così individuati sono quelli che potrebbero beneficiare maggiormente di una profilassi anticoagulante primaria.

Se i trial clinici attualmente in corso dovessero dimostrare la non inferiorità dei NAO rispetto alle EBPM nella profilassi e/o nel trattamento del tromboembolismo venoso nei pazienti neoplastici, avremo a disposizione una nuova opzione terapeutica. Per le loro caratteristiche (mono-somministrazione giornaliera per os, breve emivita di azione), gli anticoagulanti diretti potrebbero migliorare la compliance al trattamento in questa categoria di pazienti. Allo stato attuale però, le EBPM restano gli anticoagulanti di prima scelta nei pazienti con cancro. In ogni caso, l’assenza di interazioni farmacologiche, le intrinseche proprietà anti-tumorali e quasi un secolo di utilizzo in clinica, fanno sì che le eparine continuino ad essere un efficace strumento terapeutico anche nell’era dei nuovi farmaci anticoagulanti. Queste molecole risultano infatti ancora ampiamente utilizzate nel setting dell’emergenza, anche nei pazienti non tumorali.
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