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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09212025-122835


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MAISANO, CHIARA
URN
etd-09212025-122835
Titolo
Non sono solo ciò che vedi: educare allo sguardo che accoglie in chiave interculturale La bellezza di dire “io sono”
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
Relatori
relatore Parente, Maurizio
Parole chiave
  • accoglienza.
  • autostima
  • body shaming
  • canoni estetici
  • corpo
  • educazione interculturale
  • identità
  • inclusione
  • infanzia
  • stereotipi
Data inizio appello
07/11/2025
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il corpo non è mai una realtà neutra: è al tempo stesso origine e confine, casa e frontiera, linguaggio e silenzio. È il luogo in cui ciascun individuo impara a conoscersi, a riconoscersi e ad essere riconosciuto. Questa tesi nasce dal desiderio di indagare il corpo come dimensione educativa e interculturale, con particolare attenzione al modo in cui i bambini vivono e percepiscono la propria corporeità in un contesto sociale dominato da immagini, modelli estetici e stereotipi sempre più stringenti.
Il punto di partenza è semplice ma radicale: il corpo non è soltanto un dato biologico, ma un costrutto culturale, sociale e simbolico. Fin dall’infanzia, infatti, i bambini apprendono attraverso il corpo: nei gesti, nelle posture, negli sguardi degli altri. È nel corpo che si sedimentano le prime esperienze di autostima e di confronto, ma anche le prime ferite generate dal giudizio o dall’esclusione. In questo senso, comprendere come i bambini percepiscono la propria corporeità significa anche interrogarsi sulla qualità delle relazioni educative e sull’idea di scuola che vogliamo costruire.
Il primo capitolo affronta il corpo dal punto di vista storico, culturale e pedagogico. Viene ricostruito un percorso che va dall’antichità fino alla contemporaneità, mostrando come il corpo sia stato di volta in volta celebrato, controllato, sorvegliato, ma sempre carico di significati. La pedagogia contemporanea lo interpreta come spazio educativo e relazionale: un linguaggio che precede la parola e che consente al bambino di esprimere emozioni, identità e appartenenze. In chiave interculturale, il corpo diventa “ponte” tra culture diverse, un confine poroso in cui si incontrano storie, tradizioni e modi differenti di abitare il mondo.
Il secondo capitolo si concentra invece sui canoni estetici contemporanei e sulla costruzione del sé nei bambini. La società odierna, dominata dai media e dai social, propone modelli di bellezza uniformi e irraggiungibili: corpi magri, bianchi, scolpiti, omologati, spesso lontani dalla realtà infantile e adolescenziale. Bambini e bambine imparano presto a confrontarsi con queste immagini, sviluppando insoddisfazione, vergogna e desiderio di cambiamento. La pressione estetica non riguarda più soltanto gli adolescenti o le ragazze, ma si manifesta fin dalla preadolescenza e colpisce anche i maschi. La conseguenza è un impatto significativo sull’autostima, sull’immagine corporea e sulla costruzione dell’identità. In alcuni casi si aprono le porte a disturbi alimentari e a forme di disagio psicologico che richiedono un intervento educativo preventivo.
Il terzo capitolo affronta il tema degli stereotipi e del body shaming in chiave interculturale. I bambini che si discostano dai modelli dominanti ( per peso, colore della pelle, tratti somatici, disabilità o abitudini culturali) rischiano di diventare bersaglio di discriminazioni e di bullismo estetico. Il corpo diventa così il primo “luogo” in cui si esercita il pregiudizio. Tuttavia, la scuola può assumere un ruolo decisivo: può limitarsi a riprodurre gli stereotipi, oppure può trasformarsi in spazio di resistenza e di cambiamento, capace di educare ad uno sguardo inclusivo. La pedagogia interculturale invita a non fermarsi alla semplice tolleranza, ma a costruire autentiche relazioni di riconoscimento reciproco, in cui la differenza non sia vista come difetto, ma come risorsa.
Il quarto capitolo presenta un’indagine semi-sperimentale sulla percezione del corpo nei bambini. La ricerca si è basata sull’utilizzo di questionari, pensati per ascoltare direttamente la voce dei bambini. L’analisi dei risultati ha messo in luce alcuni aspetti fondamentali: i bambini vedono il proprio corpo come parte integrante della loro identità, ma spesso si confrontano con modelli esterni che generano insoddisfazione; la cultura di appartenenza influenza il modo di rappresentarsi e di rappresentare gli altri; lo sguardo degli adulti e dei pari è determinante nel consolidare l’autostima o, al contrario, nel produrre senso di esclusione; i bambini mostrano capacità di accogliere la diversità corporea.
Questi risultati confermano che la corporeità infantile è un terreno educativo delicato e complesso, attraversato da pressioni sociali ma anche da straordinarie possibilità di crescita. La scuola ha il compito di accompagnare i bambini in questo percorso, aiutandoli a riconoscere la pluralità dei corpi e a costruire un’immagine di sé fondata sulla dignità e non sul confronto con modelli irraggiungibili.
Nella parte finale, la tesi propone alcune riflessioni pedagogiche e un’Unità Didattica per una scuola che sappia educare a uno “sguardo che accoglie”. Educare alla corporeità significa aiutare a leggere i gesti e i segni del corpo come linguaggi pieni di senso, a riconoscere la diversità come valore, a decostruire stereotipi e pregiudizi. In ottica interculturale, il corpo diventa il primo spazio di cittadinanza, il luogo in cui si impara che nessuna identità è riducibile a un modello unico e che ogni bambino ha diritto di abitare il proprio corpo con orgoglio.
Questa tesi, intrecciando teoria e ricerca sul campo, intende dunque restituire centralità al corpo come dimensione educativa, mostrando che non è mai solo ciò che si vede, ma soprattutto ciò che si è. Perché educare allo sguardo che accoglie significa accompagnare ogni bambino a dire, senza paura: “io sono”.
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