Tesi etd-09172025-173411 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VALLELONGA, GIADA
URN
etd-09172025-173411
Titolo
Valore e funzione delle figure zoomorfe in Ariosto tra Satire e Furioso
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
ITALIANISTICA
Relatori
relatore Prof.ssa Campeggiani, Ida
controrelatore Prof.ssa Fedi, Francesca
controrelatore Prof.ssa Fedi, Francesca
Parole chiave
- Ariosto
- Orlando Furioso
- Satire
- similitudini zoomorfe
Data inizio appello
03/10/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/10/2095
Riassunto
Questo elaborato ha analizzato le similitudini zoomorfe nelle due opere maggiori di Ludovico Ariosto, Orlando Furioso e Satire, mettendo in luce fonti, funzioni e significati.
La similitudine, figura retorica tra le più antiche, dall’epica omerica al Rinascimento ha sempre assolto un duplice compito: chiarire concetti astratti e arricchire la narrazione con immagini vivide. Nel Medioevo essa si caricò di valenze morali e religiose, mentre nel Rinascimento tornò al centro della riflessione estetica, come ponte tra tradizione classica e nuove esigenze culturali. In questo contesto Ariosto si colloca in modo originale: egli recupera modelli greco-latini (Omero, Orazio, Virgilio, Ovidio, Fedro) e volgari (Dante, Petrarca, Boccaccio), ma li reinventa con tono personale, ironico e spesso disincantato.
Nell’Orlando Furioso la similitudine ha funzione epico-narrativa: sospende l’azione, ne amplifica l’impatto, rende verosimile il fantastico (come l’Ippogrifo) e trasforma il poema in un’opera aperta, segnata dall’instabilità e dalla varietà. Nelle Satire, invece, il paragone è breve, concreto e morale: diventa strumento di critica sociale e politica, usato per smascherare ipocrisie e contraddizioni del mondo cortigiano e della Chiesa.
Il confronto mostra come Ariosto sappia adattare il patrimonio simbolico animale a generi diversi: critico e polemico nelle Satire, epico e meraviglioso nel Furioso. In entrambi i casi, però, l’universo zoomorfo diventa specchio della condizione umana e delle dinamiche sociali, oscillando tra ironia e moralità, invenzione fantastica e osservazione realistica.
Le similitudini zoomorfe ariostesche non sono meri ornamenti, ma un vero linguaggio simbolico, capace di fondere erudizione e fantasia, critica e poesia. Esse dimostrano come Ariosto, pur radicato nella tradizione, abbia saputo elaborare una voce autonoma e moderna, in cui il mondo animale diventa strumento privilegiato per interpretare la realtà del suo tempo e per rappresentare, in forma universale, le fragilità e le contraddizioni dell’uomo.
La similitudine, figura retorica tra le più antiche, dall’epica omerica al Rinascimento ha sempre assolto un duplice compito: chiarire concetti astratti e arricchire la narrazione con immagini vivide. Nel Medioevo essa si caricò di valenze morali e religiose, mentre nel Rinascimento tornò al centro della riflessione estetica, come ponte tra tradizione classica e nuove esigenze culturali. In questo contesto Ariosto si colloca in modo originale: egli recupera modelli greco-latini (Omero, Orazio, Virgilio, Ovidio, Fedro) e volgari (Dante, Petrarca, Boccaccio), ma li reinventa con tono personale, ironico e spesso disincantato.
Nell’Orlando Furioso la similitudine ha funzione epico-narrativa: sospende l’azione, ne amplifica l’impatto, rende verosimile il fantastico (come l’Ippogrifo) e trasforma il poema in un’opera aperta, segnata dall’instabilità e dalla varietà. Nelle Satire, invece, il paragone è breve, concreto e morale: diventa strumento di critica sociale e politica, usato per smascherare ipocrisie e contraddizioni del mondo cortigiano e della Chiesa.
Il confronto mostra come Ariosto sappia adattare il patrimonio simbolico animale a generi diversi: critico e polemico nelle Satire, epico e meraviglioso nel Furioso. In entrambi i casi, però, l’universo zoomorfo diventa specchio della condizione umana e delle dinamiche sociali, oscillando tra ironia e moralità, invenzione fantastica e osservazione realistica.
Le similitudini zoomorfe ariostesche non sono meri ornamenti, ma un vero linguaggio simbolico, capace di fondere erudizione e fantasia, critica e poesia. Esse dimostrano come Ariosto, pur radicato nella tradizione, abbia saputo elaborare una voce autonoma e moderna, in cui il mondo animale diventa strumento privilegiato per interpretare la realtà del suo tempo e per rappresentare, in forma universale, le fragilità e le contraddizioni dell’uomo.
File
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Tesi non consultabile. |
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