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Il presente lavoro si pone l'obiettivo di esplorare le possibilità filosofiche aperte in generale da una filosofia dell'immanenza assoluta. La scelta relativa al materiale da utilizzare per una simile costruzione teoria è ricaduta necessariamente su Baruch Spinoza, il quale ha fatto dell'immanenza uno dei principi cardine non solo della sua dottrina causale ma di tutta la sua postura filosofica. Sarà compito della nostra indagine dimostrare come la sua filosofia rappresenti una prospettiva ineliminabile quando si tratta di mettere in questione il ruolo che il principio della trascendenza ha giocato nel corso della storia del pensiero occidentale. Quello che si è cercato di fare è stato testare in che misura e con quali esiti l'immanenza sviluppata dal filosofo ebreo nelle sue opere possa essere usata come nucleo costitutivo per la schematizzazione di una filosofia che incontri le esigenze della episteme contemporanea. Per prima cosa, si sono ricavati dall'Etica i fondamenti metafisici della dottrina immanentistica spinoziana. Questi sono stati rinvenuti principalmente a partire dal triplice senso che, come vuole Deleuze, il concetto di univocità ricoprirebbe nell'impianto dell'opera. Questa analisi ci ha fornito una comprensione più ampia e multi-sfaccettata dell'espressionismo filosofico esibito dall'Etica, principalmente per come si manifesta nel modo con cui l'autore concepisce i rapporti tra la sostanza e i suoi modi. In questo modo abbiamo potuto apprezzare in pieno il valore della sua peculiare equivalenza tra 'Deus' e 'Natura'. Successivamente abbiamo sostenuto la tesi secondo cui lo schema appena tracciato rappresenterebbe il profilo ideale delle filosofie che Ronchi cataloga come appartenenti al così detto 'canone minore' del pensiero europeo. Per approfondire il tema, abbiamo deciso di interrogarci sulle principali conseguenze filosofiche ricavabili da simili presupposti metafisici. Insieme a Whitehead abbiamo constatato come una filosofia che ricorra a un'impostazione di tipo immanentistico sia maggiormente in grado di render conto del carattere fondamentalmente processuale della realtà, mentre insieme a Simondon abbiamo riconosciuto la radice essenzialmente spinoziana della sua innovativa dottrina dell'individuazione. Grazie alla suggestione di Foucault infine ci siamo domandati quali possano essere le ragioni che dovrebbero motivare l'avvicinamento della filosofia contemporanea a una postura più coerente con gli strumenti delle discipline scientifiche. Una su tutte, l'esigenza di recuperare una prospettiva autenticamente speculativa sul mondo naturale. Per ultimo, ci siamo rivolti alla dottrina politica di Spinoza per cercare di comprendere quali siano le prerogative di una filosofia che voglia pensare il politico rifiutando ogni ricorso a dottrine che si basino su fondamenti trascendenti. Per farlo abbiamo usato la dottrina simondoniana della transindividualità per analizzare il modo di Spinoza di concepire l'interazione affettiva tra i soggetti politici, ritenuta responsabile, in base a leggi necessarie, dell'aggregazione sociale. Essenziale in questo caso si rivelerà il confronto con la lettura che di Spinoza hanno dato Matheron e Balibar, la quale mette in primo piano il ruolo costitutivo e auto-poietico della potentia multitudinis

The present work aims to explore the philosophical possibilities opened up in general by a philosophy of absolute immanence. The choice of material to be used for such a theoretical construction necessarily fell upon Baruch Spinoza, who made immanence one of the cardinal principles not only of his causal doctrine but of his entire philosophical stance. It will be the task of our investigation to demonstrate how his philosophy represents an indispensable perspective when it comes to questioning the role that the principle of transcendence has played in the course of the history of Western thought. What we have sought to do has been to test to what extent, and with what outcomes, the immanence developed by the Jewish philosopher in his works can be employed as a constitutive nucleus for the schematization of a philosophy capable of addressing the demands of the contemporary episteme.
First of all, we derived from the Ethics the metaphysical foundations of Spinoza’s immanentist doctrine. These were discovered primarily through the threefold sense that, according to Deleuze, the concept of univocity assumes within the framework of the work. This analysis provided us with a broader and multifaceted understanding of the philosophical expressionism displayed by the Ethics, chiefly in the way the author conceives the relations between substance and its modes. In this way, we were able to fully appreciate the value of his peculiar equivalence between Deus and Natura.
Subsequently, we argued that the schema just outlined would represent the ideal profile of those philosophies that Ronchi classifies as belonging to the so-called “minor canon” of European thought. To deepen the discussion, we decided to examine the main philosophical consequences that can be drawn from such metaphysical premises. Together with Whitehead, we observed how a philosophy adopting an immanentist framework is better able to account for the fundamentally processual character of reality, while with Simondon we recognized the essentially Spinozian root of his innovative doctrine of individuation.
Finally, inspired by Foucault, we asked ourselves what reasons might justify contemporary philosophy’s move toward a posture more consistent with the tools of the scientific disciplines. Chief among these is the need to recover an authentically speculative perspective on the natural world. Lastly, we turned to Spinoza’s political doctrine in order to understand the prerogatives of a philosophy that seeks to think the political while rejecting any recourse to doctrines grounded in transcendent foundations. To do so, we employed Simondon’s doctrine of transindividuality to analyze Spinoza’s way of conceiving the affective interaction among political subjects, which he considered responsible, on the basis of necessary laws, for social aggregation. Essential in this case will be the engagement with the interpretations of Spinoza offered by Matheron and Balibar, which highlight the constitutive and self-poietic role of the potentia multitudinis.