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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09072022-131238


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
IORIO, DIVYA
URN
etd-09072022-131238
Titolo
S-adenosilmetionina, inibitori della deacetilasi istoniche e nutraceutici quali potenziali agenti terapeutici nella malattia di Alzheimer:Focus sulle proprietà epigenetiche.
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
SCIENZE DELLA NUTRIZIONE UMANA
Relatori
relatore Prof. Coppedè, Fabio
Parole chiave
  • S-Adenosilmetionina
  • nutraceutici per la malattia di Alzheimer
  • Malattia di Alzheimer
Data inizio appello
05/10/2022
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa a progressione lenta caratterizzata da placche neuritiche e grovigli neurofibrillari e si tratta della più diffusa forma di demenza nel mondo odierno e affligge circa 40 milioni di persone.
Si tratta della settima causa di morte nel mondo, ma la popolazione invecchia e si prevede che il numero di persone affette triplicherà entro il 2050, con un enorme impatto sui costi sanitari della società.
Le grandi aziende farmaceutiche hanno speso miliardi di dollari per sfruttare come target terapeutico il peptide β-amiloide e la proteina tau, ma gli studi clinici non hanno osservato un beneficio cognitivo sicuro per i pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer per questo motivo la ricerca si sta concentrando sempre di più si strategie alternative quali l’uso di S-adenosilmetionina, inibitori della deacetilasi istoniche e nutraceutici come potenziali agenti terapeutici.
Infatti, ad oggi le due sfide principali da superare sono: la mancanza di farmaci per la malattia e la necessità di ritardare la disabilità cognitiva quindi esiste una forte necessità di sviluppare strategie non farmacologiche.
Il presente lavoro analizza le caratteristiche delle principali proteine coinvolte nella patologia: il Precursore dell’amiloide (APP), l’ enzima di scissione della proteina precursore dell'amiloide nel sito beta (Beta-site APP cleaving enzima 1, BACE1), la Presenilina 1 (PSEN1), la proteina Tau, senza trascurare e indaga il ruolo patologico dell’allele 4 della Apolipoproteina E4.
Nella patogenesi della malattia di Alzheimer giocano un ruolo centrale lo stress ossidativo, l'infiammazione, la disfunzione mitocondriale e la neuroinfiammazione cerebrale e più di recente si è ipotizzato un ruolo importante della disbiosi intestinale.
Tuttavia, si deve tenere presente che queste cause sono tra loro strettamente legate perché ad esempio lo stress ossidativo è indotto a sua volta dalla disfunzione mitocondriale, dall’accumulo di metalli, dall'infiammazione, dall'iperfosforilazione della proteina tau e dall'aggregazione dei peptidi di beta amiloide, si crea perciò un circolo vizioso che permette di identificare la malattia di Alzheimer come una malattia multifattoriale che appunto è il risultato di una complessa e interazione tra fattori genetici e ambientali il collegamento tra i due si pensa sia l'epigenetica.
Il termine epigenetica fu coniato negli anni '40 da Conrad Waddington per descrivere un insieme di meccanismi che risiedono al di sopra ("epi") del livello dei geni che permettono l’espressione differenziata di geni identici, spiegando, ad esempio, il destino cellulare di una cellula embrionale a diversi tipi cellulari.
I meccanismi epigenetici, tra cui la metilazione del DNA, le modifiche post-traduzionali istoniche e i cambiamenti nel posizionamento dei nucleosomi, sono in grado di regolare la replicazione e la riparazione del DNA, la trascrizione dell'RNA e la conformazione della cromatina, che a loro volta influenzano la regolazione trascrizionale e la traduzione delle proteine.
Tuttavia, l’epigenetica può influenzare anche lo sviluppo di alcune patologie neurodegenerative, tra cui la malattia di Alzheimer, se viene disregolata.
La metilazione del DNA, le modificazioni istoniche e i microRNA sono coinvolti nella fisiopatologia della malattia di Alzheimer per questo motivo sono state analizzate le possibili strategie terapeutiche e nutrizionali in grado di prevenire o ritardare l’insorgenza della patologia mediante la modulazione dell'espressione dei geni delle proteine sopra citate.
I farmaci attualmente disponibili possono controllare parzialmente i sintomi ma non sono in grado di modificare la progressione della patologia, quindi è urgente cercare nuovi approcci terapeutici complementari e, in questo contesto, la modulazione delle abitudini alimentari e gli interventi nutrizionali ben condotti potrebbero essere uno strumento valido.
Tra gli agenti analizzati si evidenzia la somministrazione di vitamine del gruppo B (tra cui spiccano l’acido folico e la cobalamina) e la S-adenisilmetionina che sono attori chiave del metabolismo “one carbon” noto anche come ciclo dei folati che rappresenta il legame tra la metilazione del DNA e lo stress ossidativo.
I nutraceutici indagati come potenziali agenti terapeutici sono: la berberina, lo zafferano o Crocus sativus, la curcumina o diferuloilmetano, il resveratrolo, la quercetina, l’epigallocatechina, la caffeina e gli acidi grassi omega tre che hanno mostrato moltissime azioni tra cui antiossidanti, anticolinesterasiche, antiaggreganti, antinfiammatorie quindi nel complesso molto promettenti per il trattamento della malattia di Alzheimer, quindi si invita a condurre ulteriori studi per superare le limitazioni degli studi odierni che sono principalmente dovute da campioni di piccole dimensioni e dosaggi che risultano adeguati negli studi su modelli animali ma assolutamente non chiari sull’essere umano.
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