Tesi etd-09042024-105617 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
BERTOLUCCI, SARA
URN
etd-09042024-105617
Titolo
Fluttuazione dei valori emogasanalitici fetali dalle 23 settimane fino al termine della gravidanza
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Filippi, Luca
correlatore Dott.ssa Scaramuzzo, Rosa Teresa
correlatore Dott.ssa Scaramuzzo, Rosa Teresa
Parole chiave
- emogasanalisi
- HIF-1
- ipossia
- neonati a termine
- neonati pretermine
- ossigeno
- placenta
Data inizio appello
24/09/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
24/09/2064
Riassunto
Introduzione
Le fluttuazioni dei livelli di ossigeno risultano decisive durante le fasi di embriogenesi e morfogenesi. L’ossigeno è un substrato essenziale per la produzione di energia e svolge un ruolo cruciale anche come fattore di signalling attraverso la modulazione di HIF-1, che stimola la trascrizione di geni coinvolti nel meccanismo di adattamento ad un ambiente ipossico.
L’ipossia garantisce la vitalità dei gameti prima della fecondazione ed è inoltre essenziale per il successo della riproduzione nei mammiferi. Dopo il concepimento, quando la morula raggiunge la cavità uterina, il livello di ossigeno ambientale si riduce ulteriormente favorendo l’impianto dell’embrione. L’ipossia consente la formazione di connessioni con il sistema vascolare materno e un progressivo rimodellamento delle arterie spirali che assicura un aumento graduale dell’apporto di ossigeno fino alla 16a settimana di gravidanza. Sono però scarse le informazioni circa i livelli di ossigenazione fetale nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza.
Scopo dello studio
L’obiettivo principale della ricerca è valutare le fluttuazioni dei parametri emogasanalitici fetali dalla 23a settimana fino al termine della gravidanza, ponendo particolare attenzione sullo stato di ossigenazione fetale.
Materiali e metodi
Lo studio di coorte, osservazionale e retrospettivo è stato condotto all’interno del reparto di Neonatologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
I campioni di sangue del cordone ombelicale sono stati raccolti circa 60 secondi dopo la nascita per i neonati a termine e immediatamente dopo la nascita per i pretermine, in seguito al clampaggio del cordone, della vena e dell’arteria ombelicale, mediante l’ausilio di siringhe eparinate.
I parametri misurati sono pH, pCO2, pO2, glicemia, lattato, emoglobina, ematocrito e saturazione dell’ossigeno. I parametri calcolati, mediante l’ausilio di specifiche formule, sono il bicarbonato, l’eccesso di basi, il contenuto dell’ossigeno, l’estrazione fetale di ossigeno e le produzioni fetali di lattato e CO2.
Risultati
I risultati sono stati ottenuti analizzando 4.649 campioni. 755 raccolti da 1.450 neonati pretermine (nati tra il 2016 e il 2023) e 3.894 campioni raccolti da 4.447 neonati a termine (nati tra il 2019, il 2022 e il 2023).
I valori dei campioni venosi ombelicali mostrano una progressiva riduzione dalla pO2 fino a circa 220-230 giorni di gestazione (32a -34a settimana); a partire dalla 34a settimana di gravidanza si osserva un incremento della pO2 che accompagna il feto fino alla fine del parto. Questo andamento bifasico è confermato anche dalla pO2 arteriosa, sebbene in modo meno pronunciato, così come per il contenuto totale di ossigeno venoso e arterioso. I livelli di emoglobina venosa e arteriosa aumentano progressivamente a partire dalla 23a settimana, raggiungendo un plateau intorno ai 250-260 giorni di gestazione. L’estrazione dell’ossigeno nel cordone ombelicale non ha mostrato cambiamenti significativi durante il periodo considerato.
Il pH presenta un andamento bifasico speculare rispetto al bicarbonato venoso e all’eccesso di basi. La pCO2 venosa del cordone ombelicale e la produzione di anidride carbonica mostrano un andamento bifasico speculare rispetto alla pO2, a differenza della pCO2 arteriosa che ha una crescita lineare a partire dalla 23a settimana di gravidanza fino al termine della gestazione.
Si evidenzia un aumento delle concentrazioni di lattato venoso e arterioso a partire dalla 33a -34a settimana di gestazione e lo stesso vale per la produzione di lattato da parte del feto.
Il contenuto di ossigeno venoso e arterioso è stato analizzato tenendo conto del tipo di parto, che influisce significativamente sui risultati dell’emogasanalisi cordonale (in particolare sull’ossigenazione). I risultati confermano l’andamento bifasico dei livelli di ossigeno, indipendentemente dal tipo di parto, ma la tendenza si attenua per il contenuto totale di ossigeno arterioso nei neonati nati con taglio cesareo.
Per correggere il bias dato dal tipo di campionamento, tutti i valori della pO2 arteriosa nei neonati a termine sono stati ridotti di 4 mmHg (a causa dell’aumento relativo determinato dai primi atti respiratori del neonato prima del clampaggio). Dopo questa correzione, i risultati hanno confermato l’andamento bifasico dell’ossigenazione fetale, sebbene l’aumento della pressione parziale dell’ossigeno arterioso nelle ultime settimane di gravidanza sia meno evidente.
Discussione
Il nostro studio dimostra che la quantità di ossigeno che raggiunge il feto diminuisce progressivamente dalla metà del secondo trimestre fino alle prime quattro settimane del terzo trimestre di gravidanza, raggiungendo il valore minimo intorno alle 32-34 settimane di gestazione. In questa fase, probabilmente, l’accrescimento della placenta e l’incremento della sua attività metabolica determinano un aumento progressivo dell’estrazione di ossigeno, riducendo così la quantità disponibile per il feto (come evidenziato dalla riduzione della pO2 venosa). Questo incremento dell’ipossia fetale, attraverso la up-regolazione della subunità HIF-1α, contribuisce al mantenimento della pluripotenzialità delle cellule staminali e al differenziamento tessuto-specifico dei precursori del sistema nervoso centrale e causa il progressivo incremento della concentrazione dell’emoglobina.
A partire dalla 33a-34a settimana, l’ossigenazione fetale inizia ad aumentare a causa del fisiologico invecchiamento della placenta. L’aumento dell’ossigenazione fetale durante le ultime settimane di gestazione potrebbe preparare il feto umano alla vita extrauterina già in utero, regolando una serie di funzioni tramite la down-regolazione di HIF1-α: il differenziamento di specifici tessuti in determinati segmenti anatomici e il passaggio dell’emoglobina fetale a quella dell’adulto.
Conclusione
Il presente studio dimostra che i livelli di ossigeno forniti dalla placenta al feto durante la vita intrauterina seguono un andamento bifasico. Questo risultato può essere di grande utilità per quei ricercatori che in futuro intendono sviluppare tecnologie per riprodurre in modo artificiale le fluttuazioni fisiologiche dei livelli di ossigeno, attraverso la realizzazione di una placenta artificiale.
Il probabile meccanismo che consente all’embrione e al feto di adattarsi alle condizioni di ipossia, e che viene perso dopo la nascita, è rappresentato dai recettori β3-adrenercici (β3-AR), che risultano fortemente up-regolati in un ambiente a basso contenuto di ossigeno. Le variazioni dell’ossigenazione fetale dovranno essere prese in considerazione anche nella prospettiva di mimare gli effetti biologici dell’aumento dell’ipossia intrauterina attraverso la stimolazione farmacologica dei recettori β3-adrenergici. In sostanza, si aprirebbe la strada a una placenta farmacologica impendendo la scomparsa dei recettori β3-adrenergici dopo la nascita.
Le fluttuazioni dei livelli di ossigeno risultano decisive durante le fasi di embriogenesi e morfogenesi. L’ossigeno è un substrato essenziale per la produzione di energia e svolge un ruolo cruciale anche come fattore di signalling attraverso la modulazione di HIF-1, che stimola la trascrizione di geni coinvolti nel meccanismo di adattamento ad un ambiente ipossico.
L’ipossia garantisce la vitalità dei gameti prima della fecondazione ed è inoltre essenziale per il successo della riproduzione nei mammiferi. Dopo il concepimento, quando la morula raggiunge la cavità uterina, il livello di ossigeno ambientale si riduce ulteriormente favorendo l’impianto dell’embrione. L’ipossia consente la formazione di connessioni con il sistema vascolare materno e un progressivo rimodellamento delle arterie spirali che assicura un aumento graduale dell’apporto di ossigeno fino alla 16a settimana di gravidanza. Sono però scarse le informazioni circa i livelli di ossigenazione fetale nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza.
Scopo dello studio
L’obiettivo principale della ricerca è valutare le fluttuazioni dei parametri emogasanalitici fetali dalla 23a settimana fino al termine della gravidanza, ponendo particolare attenzione sullo stato di ossigenazione fetale.
Materiali e metodi
Lo studio di coorte, osservazionale e retrospettivo è stato condotto all’interno del reparto di Neonatologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
I campioni di sangue del cordone ombelicale sono stati raccolti circa 60 secondi dopo la nascita per i neonati a termine e immediatamente dopo la nascita per i pretermine, in seguito al clampaggio del cordone, della vena e dell’arteria ombelicale, mediante l’ausilio di siringhe eparinate.
I parametri misurati sono pH, pCO2, pO2, glicemia, lattato, emoglobina, ematocrito e saturazione dell’ossigeno. I parametri calcolati, mediante l’ausilio di specifiche formule, sono il bicarbonato, l’eccesso di basi, il contenuto dell’ossigeno, l’estrazione fetale di ossigeno e le produzioni fetali di lattato e CO2.
Risultati
I risultati sono stati ottenuti analizzando 4.649 campioni. 755 raccolti da 1.450 neonati pretermine (nati tra il 2016 e il 2023) e 3.894 campioni raccolti da 4.447 neonati a termine (nati tra il 2019, il 2022 e il 2023).
I valori dei campioni venosi ombelicali mostrano una progressiva riduzione dalla pO2 fino a circa 220-230 giorni di gestazione (32a -34a settimana); a partire dalla 34a settimana di gravidanza si osserva un incremento della pO2 che accompagna il feto fino alla fine del parto. Questo andamento bifasico è confermato anche dalla pO2 arteriosa, sebbene in modo meno pronunciato, così come per il contenuto totale di ossigeno venoso e arterioso. I livelli di emoglobina venosa e arteriosa aumentano progressivamente a partire dalla 23a settimana, raggiungendo un plateau intorno ai 250-260 giorni di gestazione. L’estrazione dell’ossigeno nel cordone ombelicale non ha mostrato cambiamenti significativi durante il periodo considerato.
Il pH presenta un andamento bifasico speculare rispetto al bicarbonato venoso e all’eccesso di basi. La pCO2 venosa del cordone ombelicale e la produzione di anidride carbonica mostrano un andamento bifasico speculare rispetto alla pO2, a differenza della pCO2 arteriosa che ha una crescita lineare a partire dalla 23a settimana di gravidanza fino al termine della gestazione.
Si evidenzia un aumento delle concentrazioni di lattato venoso e arterioso a partire dalla 33a -34a settimana di gestazione e lo stesso vale per la produzione di lattato da parte del feto.
Il contenuto di ossigeno venoso e arterioso è stato analizzato tenendo conto del tipo di parto, che influisce significativamente sui risultati dell’emogasanalisi cordonale (in particolare sull’ossigenazione). I risultati confermano l’andamento bifasico dei livelli di ossigeno, indipendentemente dal tipo di parto, ma la tendenza si attenua per il contenuto totale di ossigeno arterioso nei neonati nati con taglio cesareo.
Per correggere il bias dato dal tipo di campionamento, tutti i valori della pO2 arteriosa nei neonati a termine sono stati ridotti di 4 mmHg (a causa dell’aumento relativo determinato dai primi atti respiratori del neonato prima del clampaggio). Dopo questa correzione, i risultati hanno confermato l’andamento bifasico dell’ossigenazione fetale, sebbene l’aumento della pressione parziale dell’ossigeno arterioso nelle ultime settimane di gravidanza sia meno evidente.
Discussione
Il nostro studio dimostra che la quantità di ossigeno che raggiunge il feto diminuisce progressivamente dalla metà del secondo trimestre fino alle prime quattro settimane del terzo trimestre di gravidanza, raggiungendo il valore minimo intorno alle 32-34 settimane di gestazione. In questa fase, probabilmente, l’accrescimento della placenta e l’incremento della sua attività metabolica determinano un aumento progressivo dell’estrazione di ossigeno, riducendo così la quantità disponibile per il feto (come evidenziato dalla riduzione della pO2 venosa). Questo incremento dell’ipossia fetale, attraverso la up-regolazione della subunità HIF-1α, contribuisce al mantenimento della pluripotenzialità delle cellule staminali e al differenziamento tessuto-specifico dei precursori del sistema nervoso centrale e causa il progressivo incremento della concentrazione dell’emoglobina.
A partire dalla 33a-34a settimana, l’ossigenazione fetale inizia ad aumentare a causa del fisiologico invecchiamento della placenta. L’aumento dell’ossigenazione fetale durante le ultime settimane di gestazione potrebbe preparare il feto umano alla vita extrauterina già in utero, regolando una serie di funzioni tramite la down-regolazione di HIF1-α: il differenziamento di specifici tessuti in determinati segmenti anatomici e il passaggio dell’emoglobina fetale a quella dell’adulto.
Conclusione
Il presente studio dimostra che i livelli di ossigeno forniti dalla placenta al feto durante la vita intrauterina seguono un andamento bifasico. Questo risultato può essere di grande utilità per quei ricercatori che in futuro intendono sviluppare tecnologie per riprodurre in modo artificiale le fluttuazioni fisiologiche dei livelli di ossigeno, attraverso la realizzazione di una placenta artificiale.
Il probabile meccanismo che consente all’embrione e al feto di adattarsi alle condizioni di ipossia, e che viene perso dopo la nascita, è rappresentato dai recettori β3-adrenercici (β3-AR), che risultano fortemente up-regolati in un ambiente a basso contenuto di ossigeno. Le variazioni dell’ossigenazione fetale dovranno essere prese in considerazione anche nella prospettiva di mimare gli effetti biologici dell’aumento dell’ipossia intrauterina attraverso la stimolazione farmacologica dei recettori β3-adrenergici. In sostanza, si aprirebbe la strada a una placenta farmacologica impendendo la scomparsa dei recettori β3-adrenergici dopo la nascita.
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