Tesi etd-08232025-190257 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PARRI, VIOLA
URN
etd-08232025-190257
Titolo
I reati di corruzione tra riforme legislative e diritto vivente
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Gargani, Alberto
Parole chiave
- Art. 318 c.p.
- Art. 319 c.p.
- Corruzione
- Delitti dei pubblici ufficiali
- Pubblica amministrazione
- Tangentopoli
Data inizio appello
15/09/2025
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nel presente elaborato ci si propone di esaminare l’evoluzione delle fattispecie corruttive sviluppatasi lungo due direttrici interpretative: le riforme legislative, da un lato, l’elaborazione giurisprudenziale, dall’altro. Alla base di questo processo evolutivo troviamo la trasformazione della corruzione da fenomeno meramente episodico - pulviscolare a fenomeno di larghissima diffusione avente carattere sistemico. In tale contesto la corruzione amministrativa ha acquisito il rango di vera e propria emergenza sociale, rispetto alla quale il legislatore – nel corso degli anni – ha adottato vari strumenti repressivi volti ad adeguare il sistema penale alle nuove forme di manifestazione assunte dalla corruzione.
Il primo capitolo è dedicato alla trattazione dei profili empirico – criminologici e storico – evolutivi della corruzione.
Nella prima sezione verrà fornita una descrizione del fenomeno corruttivo evidenziandone le principali forme di manifestazione, i fattori mediante i quali il fenomeno ha acquisito una natura politico – sistemica, assumendo il rango di emergenza nella dimensione penalistica e le ripercussioni negative che tale fenomeno produce a livello sociale, politico ed economico.
La seconda sezione sarà, invece, incentrata sull’evoluzione storica della disciplina dei fenomeni corruttivi a partire dai codici italiani preunitari. Si volgerà, poi, l’attenzione alla disciplina del Codice Zanardelli, incentrata su una concezione mercantile della corruzione, per giungere, quindi, alle soluzioni adottate nel Codice Rocco del 1930.
Dopo aver dato conto della sopravvenuta inadeguatezza dell’originaria disciplina codicistica, nel secondo capitolo si analizzeranno le novità introdotte dalla legge n. 86 del 1990 in relazione alla struttura dei delitti di corruzione ex artt. 318 e 319 c.p. incentrati sul requisito dell’atto d’ufficio, da intendersi come atto specifico, determinato o determinabile. A ciò seguirà un’analisi della previgente fattispecie di concussione ex art. 317 c.p. e dei rapporti con i reati di corruzione.
Verrà poi preso in considerazione il fenomeno Tangentopoli, che ha messo in luce il coinvolgimento della politica e dell’imprenditoria italiana degli anni ’90 nelle vicende di corruzione e finanziamento illecito, e delle varie proposte che si sono susseguite per superare tale emergenza, avuto riguardo, in particolare, alla c.d “Proposta Cernobbio”, elaborata dal Pool Mani Pulite.
Si passerà, quindi, a valutare il divario generatosi tra la normativa vigente all’epoca ed il diritto vivente formatosi nelle aule giudiziarie. Infatti, nel tentativo di reprimere le nuove forme di manifestazione della corruzione caratterizzate dall’assenza di un singolo atto - specificatamente individuato – oggetto di mercimonio, la Cassazione aveva dato luogo ad una progressiva “smaterializzazione” del requisito dell’atto d’ufficio. Tali orientamenti giurisprudenziali si erano tradotti nell’applicazione della fattispecie di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio ex art. 319 c.p. ai casi di asservimento del pubblico ufficiale agli interessi del privato corruttore, dando luogo a forme di analogia in malam partem.
Seguirà, infine, una breve analisi comparatistica, avente ad oggetto i principali sistemi di tutela penale europei in materia di corruzione illustrando, in particolare, quelli caratterizzati da fattispecie sganciate dal requisito dell’atto d’ufficio, più idonee nei contesti di corruzione sistemica.
Il terzo capitolo avrà ad oggetto l’analisi della Riforma Severino (legge n. 190 del 2012), mediante la quale è stata introdotta la fattispecie di corruzione per l’esercizio della funzione ex art. 318 c.p.; di quest’ultima analizzeremo gli elementi costitutivi, l’ambito applicativo e i rapporti con le altre fattispecie, in particolare con il nuovo art. 317 c.p. e con l’art. 319 c.p.
Dopo aver analizzato i principali casi giurisprudenziali circa la riconducibilità delle ipotesi di asservimento della funzione alla fattispecie di corruzione funzionale o, viceversa, alla fattispecie di corruzione propria, si focalizzerà l’attenzione sul superamento dell’orientamento restrittivo e sul consolidamento della tesi estensiva come diritto vivente, con la conseguente riconducibilità della messa a libro-paga del pubblico agente nell’alveo dell’art. 318 c.p.
Il capitolo conclusivo sarà volto all’analisi delle riforme più recenti in materia di corruzione. In primo luogo, verrà analizzata la legge n. 69 del 2015, mediante la quale il legislatore è intervenuto sulla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione aggravandone, in particolare, il trattamento sanzionatorio. Successivamente si procederà all’esame della legge Spazzacorrotti (legge n. 3 del 2019), ripercorrendone dapprima le novità introdotte in materia di corruzione, con le conseguenti ripercussioni in materia di responsabilità da reato degli enti, per poi passare, successivamente, ad un resoconto critico della riforma e, infine, alle prospettive di modifica della disciplina anticorruzione auspicate dalla dottrina nell’ottica di una repressione più efficace del fenomeno.
Il primo capitolo è dedicato alla trattazione dei profili empirico – criminologici e storico – evolutivi della corruzione.
Nella prima sezione verrà fornita una descrizione del fenomeno corruttivo evidenziandone le principali forme di manifestazione, i fattori mediante i quali il fenomeno ha acquisito una natura politico – sistemica, assumendo il rango di emergenza nella dimensione penalistica e le ripercussioni negative che tale fenomeno produce a livello sociale, politico ed economico.
La seconda sezione sarà, invece, incentrata sull’evoluzione storica della disciplina dei fenomeni corruttivi a partire dai codici italiani preunitari. Si volgerà, poi, l’attenzione alla disciplina del Codice Zanardelli, incentrata su una concezione mercantile della corruzione, per giungere, quindi, alle soluzioni adottate nel Codice Rocco del 1930.
Dopo aver dato conto della sopravvenuta inadeguatezza dell’originaria disciplina codicistica, nel secondo capitolo si analizzeranno le novità introdotte dalla legge n. 86 del 1990 in relazione alla struttura dei delitti di corruzione ex artt. 318 e 319 c.p. incentrati sul requisito dell’atto d’ufficio, da intendersi come atto specifico, determinato o determinabile. A ciò seguirà un’analisi della previgente fattispecie di concussione ex art. 317 c.p. e dei rapporti con i reati di corruzione.
Verrà poi preso in considerazione il fenomeno Tangentopoli, che ha messo in luce il coinvolgimento della politica e dell’imprenditoria italiana degli anni ’90 nelle vicende di corruzione e finanziamento illecito, e delle varie proposte che si sono susseguite per superare tale emergenza, avuto riguardo, in particolare, alla c.d “Proposta Cernobbio”, elaborata dal Pool Mani Pulite.
Si passerà, quindi, a valutare il divario generatosi tra la normativa vigente all’epoca ed il diritto vivente formatosi nelle aule giudiziarie. Infatti, nel tentativo di reprimere le nuove forme di manifestazione della corruzione caratterizzate dall’assenza di un singolo atto - specificatamente individuato – oggetto di mercimonio, la Cassazione aveva dato luogo ad una progressiva “smaterializzazione” del requisito dell’atto d’ufficio. Tali orientamenti giurisprudenziali si erano tradotti nell’applicazione della fattispecie di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio ex art. 319 c.p. ai casi di asservimento del pubblico ufficiale agli interessi del privato corruttore, dando luogo a forme di analogia in malam partem.
Seguirà, infine, una breve analisi comparatistica, avente ad oggetto i principali sistemi di tutela penale europei in materia di corruzione illustrando, in particolare, quelli caratterizzati da fattispecie sganciate dal requisito dell’atto d’ufficio, più idonee nei contesti di corruzione sistemica.
Il terzo capitolo avrà ad oggetto l’analisi della Riforma Severino (legge n. 190 del 2012), mediante la quale è stata introdotta la fattispecie di corruzione per l’esercizio della funzione ex art. 318 c.p.; di quest’ultima analizzeremo gli elementi costitutivi, l’ambito applicativo e i rapporti con le altre fattispecie, in particolare con il nuovo art. 317 c.p. e con l’art. 319 c.p.
Dopo aver analizzato i principali casi giurisprudenziali circa la riconducibilità delle ipotesi di asservimento della funzione alla fattispecie di corruzione funzionale o, viceversa, alla fattispecie di corruzione propria, si focalizzerà l’attenzione sul superamento dell’orientamento restrittivo e sul consolidamento della tesi estensiva come diritto vivente, con la conseguente riconducibilità della messa a libro-paga del pubblico agente nell’alveo dell’art. 318 c.p.
Il capitolo conclusivo sarà volto all’analisi delle riforme più recenti in materia di corruzione. In primo luogo, verrà analizzata la legge n. 69 del 2015, mediante la quale il legislatore è intervenuto sulla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione aggravandone, in particolare, il trattamento sanzionatorio. Successivamente si procederà all’esame della legge Spazzacorrotti (legge n. 3 del 2019), ripercorrendone dapprima le novità introdotte in materia di corruzione, con le conseguenti ripercussioni in materia di responsabilità da reato degli enti, per poi passare, successivamente, ad un resoconto critico della riforma e, infine, alle prospettive di modifica della disciplina anticorruzione auspicate dalla dottrina nell’ottica di una repressione più efficace del fenomeno.
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