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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-08072024-191946


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
VECE, MARIO
URN
etd-08072024-191946
Titolo
Metodo Mafioso e Partecipazione Associativa: criticità connesse ad una norma ormai obsoleta.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Notaro, Domenico
Parole chiave
  • associazioni di tipo mafioso
Data inizio appello
16/09/2024
Consultabilità
Completa
Riassunto
Con la stesura del presente elaborato si è cercato di evidenziare l’inadeguatezza dell’attuale sistema normativo a fronteggiare la criminalità di tipo mafioso.
L’ art. 416 bis del Codice Penale muove da un concetto metagiuridico, la “mafia”, per farne una categoria giuridica, facendo ricorso a definizioni di carattere sociologico, quali la forza di intimidazione e la condizione di assoggettamento e omertà.
Il nuovo volto assunto dalla mafia, che a forme esplicite di violenza o minaccia preferisce un metodo corruttivo, impone una riformulazione dei parametri indicati nel terzo comma dell’art. 416 bis c.p. per descrivere il metodo mafioso. Le organizzazioni criminali di tipo mafioso, infatti, oggi riescono a realizzare i propri obiettivi senza ingenerare quella condizione di assoggettamento e omertà nell’ambiente in cui opera il sodalizio.
Il legislatore del 1982 ha tradotto normativamente una categoria criminologica ancorandola a parametri descrittivi caratterizzanti il fenomeno criminale mafioso che, in quel periodo storico, si esprimeva adottando le modalità operative descritte nel terzo comma della fattispecie in esame, ma che oggi non rispecchiano il “modus operandi” delle nuove mafie, che adottano schemi comportamentali “imprenditoriali.”
Secondo quanto disposto dall’attuale testo normativo, per l’integrazione del delitto di associazione di tipo mafioso ex art. 416 bis c.p. è sufficiente che il sodalizio sia formato da 3 persone.
Rimanendo ancorati alla lettera della norma, quindi, è possibile configurare un’associazione di tipo mafioso quando l’organizzazione criminale è formata da tre soggetti, mentre non è possibile applicare la disciplina prevista in tema di criminalità mafiosa rispetto a quelle consorterie criminali che, pur mostrando una particolare capacità di insinuarsi negli apparati della pubblica amministrazione per condizionarne l’attività a favore del gruppo criminale, non creano quella condizione di assoggettamento e omertà, di matrice sociologica, descritta nel terzo comma dell’art. 416 bis c.p.
Per le criticità sopra esposte, a parere di chi scrive, deve condividersi quell’orientamento della dottrina che suggerisce un intervento riformatore nei termini di una valorizzazione della struttura organizzativa del sodalizio di tipo mafioso rispetto alle altre organizzazioni criminali.
In questo elaborato particolare attenzione è stata rivolta alla figura del concorrente “esterno.”
Esaminando l’evoluzione giurisprudenziale che ha interessato l’istituto del concorso “esterno”, si è giunti a considerare penalmente rilevante a titolo di concorso eventuale nel reato associativo il contributo dell’“extraneus” che, alla stregua di un giudizio controfattuale, si riveli causalmente efficiente alla conservazione o al rafforzamento del sodalizio.
A tal proposito, si è osservato che l’istituto del concorso “esterno” non si presta a svolgere un ruolo realmente selettivo tra la condotta partecipativa e il contributo concorsuale, sul presupposto che il contributo del concorrente esterno che si esprima nei termini di una reale efficienza causale rispetto alla vita dell’ente, di fatto, integra gli estremi di una condotta tipica di partecipazione nel reato associativo, dovendo ritenersi integrato il requisito dell’“affectio societatis” per “facta concludentia”.
Riguardo alla natura giurisprudenziale del concorso “esterno”, il lavoro svolto ha evidenziato che, sotto il profilo tecnico-giuridico, la punibilità del concorso eventuale nel reato associativo di tipo mafioso nasce dalla combinazione degli artt. 416 bis e 110 del Codice Penale, quindi, formalmente, nel rispetto del principio di legalità sancito dall’art. 1 c.p. e dall’art. 25, comma 2, della Costituzione.
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha applicato la disciplina del concorso in maniera completamente diversa rispetto alla formale applicazione della norma generale in materia di concorso eventuale di persone di cui all’art. 110 c.p. in combinazione con la norma incriminatrice di parte speciale.
Nella fattispecie, la giurisprudenza ha definito i tratti tipici della condotta del concorrente “esterno” nei termini di un contributo dell’ “extraneus” al sodalizio che risulti causalmente efficiente alla conservazione o al rafforzamento dell’intera organizzazione criminale o di un suo settore specifico, individuando nella “associazione”, anziché nelle condotte tipizzate dall’art. 416 bis c.p., il secondo polo del giudizio di relazione causale per verificare la sussistenza del concorso eventuale nel reato associativo.
Ciò premesso, deve condividersi l’opinione di una parte della dottrina secondo cui “assumere la conservazione e/o il rafforzamento del sodalizio come ‘eventi’ da imputare causalmente al concorrente esterno significa porsi al di fuori del combinato disposto dagli artt. 110 e 416 bis c.p. vigente, posto che quegli elementi, lungi dall’integrare espressi requisiti di tipicità di quest’ultima fattispecie, costituiscono piuttosto il risultato di un’attività ermeneutica a carattere ‘creativo’.”
In conclusione, possiamo affermare che l’istituto del concorso esterno si fonda solo formalmente su previsioni di legge, essendo rimesso, di fatto, alla giurisprudenza il potere di determinarne i contenuti precettivi e indicarne i limiti di rilevanza.
Argomentando in questi termini, si pone in evidenza come la giurisdizione, rispetto all’istituto del concorso “esterno”, abbia esercitato impropriamente una funzione normativa, violando il principio della separazione dei poteri dello stato e il principio costituzionale di riserva di legge in materia penale.
Alla luce dei risultati ottenuti dall’intero lavoro svolto in questo elaborato, possiamo affermare che l’attuale sistema normativo risulta inadeguato a fronteggiare il fenomeno mafioso.
The present paper seeks to highlight the inadequacy of the current regulatory system in dealing with mafia-type crime.
Article 416 bis of the Criminal Code starts from a meta-legal concept, the “mafia”, to make it a legal category, making use of sociological definitions, such as the force of intimidation and the condition of subjugation and silence.
The new face assumed by the mafia, which prefers a corrupt method to explicit forms of violence or threat, requires a reformulation of the parameters indicated in the third paragraph of art. 416 bis cp to describe the mafia method. In fact, mafia-type criminal organizations today are able to achieve their objectives without generating that condition of subjugation and silence in the environment in which the organization operates.
The legislator of 1982 translated into law a criminological category by anchoring it to descriptive parameters characterising the mafia criminal phenomenon which, in that historical period, was expressed by adopting the operational methods described in the third paragraph of the case under examination, but which today do not reflect the "modus operandi" of the new mafias, which adopt "entrepreneurial" behavioural patterns.
According to the current legislative text, for the integration of the crime of mafia-type association pursuant to art. 416 bis of the criminal code, it is sufficient that the association is formed by 3 people.
Remaining anchored to the letter of the law, therefore, it is possible to configure a mafia-type association when the criminal organization is formed by three subjects, while it is not possible to apply the discipline provided for in the matter of mafia crime with respect to those criminal associations which, although showing a particular ability to insinuate themselves into the apparatus of public administration to influence its activity in favor of the criminal group, do not create that condition of subjugation and silence, of sociological origin, described in the third paragraph of art. 416 bis cp
Given the critical issues outlined above, in the opinion of the writer, one must share that orientation of the doctrine which suggests a reformist intervention in terms of an enhancement of the organizational structure of the mafia-type association compared to other criminal organizations.
In this paper, particular attention was paid to the figure of the “external” competitor.
By examining the evolution of jurisprudence that has affected the institute of "external" participation, it has been concluded that the contribution of the " extraneus " which, according to a counterfactual judgement, proves to be causally efficient in the preservation or strengthening of the association, is criminally relevant as a possible participation in the crime of association.
In this regard, it has been observed that the institute of the "external" competition does not lend itself to playing a truly selective role between the participatory conduct and the competitive contribution, on the assumption that the contribution of the external competitor which is expressed in terms of a real causal efficiency with respect to the life of the entity, in fact, integrates the extremes of a typical conduct of participation in the associative crime, the requirement of the " affectio " having to be considered integrated. societatis ” for “ facta conclusive ”.
With regard to the jurisprudential nature of "external" participation, the work carried out has highlighted that, from a technical-legal perspective, the punishability of any participation in mafia-type association crime arises from the combination of articles 416 bis and 110 of the Criminal Code, therefore, formally, in compliance with the principle of legality established by art. 1 of the Criminal Code and art. 25, paragraph 2, of the Constitution.
However, the Supreme Court has applied the rules on competition in a completely different manner than the formal application of the general rule on the possible competition of persons under art. 110 of the Criminal Code in combination with the criminal provision of the special part.
In this case, the jurisprudence has defined the typical features of the conduct of the "external" competitor in terms of a contribution of the " extraneus " to the association that is causally efficient in the preservation or strengthening of the entire criminal organization or of a specific sector of it, identifying in the "association", rather than in the conduct typified by art. 416 bis of the criminal code, the second pole of the causal relation judgment to verify the existence of the possible participation in the associative crime.
That said, one must share the opinion of a part of the doctrine according to which "to assume the preservation and/or strengthening of the partnership as 'events' to be causally attributed to the external competitor means placing oneself outside the combined provisions of articles 110 and 416 bis of the current criminal code, given that those elements, far from integrating express requirements of typicality of this latter case, rather constitute the result of a hermeneutic activity of a 'creative' nature."
In conclusion, we can state that the institute of external competition is only formally based on legal provisions, with the power to determine its preceptive contents and indicate its limits of relevance being left, in fact, to jurisprudence.
Arguing in these terms, it is highlighted how the jurisdiction, with respect to the institute of "external" competition, has improperly exercised a normative function, violating the principle of separation of state powers and the constitutional principle of reserve of law in criminal matters.
In light of the results obtained from the entire work carried out in this paper, we can state that the current regulatory system is inadequate to deal with the mafia phenomenon.
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