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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07172025-212855


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
SIMEONE, MARIAROSA
URN
etd-07172025-212855
Titolo
TUTELA DAL DOPPIO GIUDIZIO TRA GIURISDIZIONE ORDINARIA E MILITARE: IL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Campanella, Susi
Parole chiave
  • giurisdizione
  • militare
  • penale
  • processo
  • sanzione
  • sentenza
Data inizio appello
30/07/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
30/07/2065
Riassunto
Il principio del ne bis in idem rappresenta uno dei cardini dell’architettura giuridica contemporanea, presidio a tutela dell’individuo da un’irragionevole e sproporzionata azione punitiva da parte dello Stato. Esso garantisce non solo l’immunità da una duplice sanzione per il medesimo fatto, ma protegge anche da quella condizione di perdurante indeterminatezza e vulnerabilità psicologica che l’assoggettamento a un nuovo processo inevitabilmente comporta. Tale principio si configura dunque come una clausola sistemica, capace di sorreggere la coerenza interna dell’ordinamento e di armonizzarne l’azione sanzionatoria rispetto ai valori fondamentali dell’effettività delle garanzie difensive e della certezza del diritto.
L’indagine prende avvio dalla ricostruzione teorica del ne bis in idem come espressione della dignità giuridica dell’individuo e come strumento di razionalizzazione dell’intervento punitivo. Ne è ricostruito il campo di applicazione, alla luce della stratificazione normativa e giurisprudenziale che ha interessato il principio sul piano sia nazionale che sovranazionale, catalizzando l’attenzione sul panorama europeo. In particolare, viene evidenziato come il ne bis in idem trascenda i confini nazionali per assumere una valenza universale, venendo recepito e tipizzato in sede comunitaria attraverso l’elaborazione giurisprudenziale della Corte EDU e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. I celebri criteri elaborati nella sentenza Engel e i chiarimenti forniti dalla sentenza Grande Stevens costituiscono il punto di partenza per una riflessione più ampia sul valore sovranazionale del principio e sulla sua successiva declinazione all’interno dei singoli ordinamenti, fra i quali spiccano le interpretazioni adottate dal legislatore spagnolo e inglese, con i quali condividiamo l’approccio dinamico nell’applicazione del principio in esame.
La ricerca si concentra poi nel sondare l’applicabilità del principio nell’ambito del procedimento penale militare italiano, settore di notevole complessità, derivante dall’esigenza di bilanciare le peculiarità dell’ambiente militare con i meccanismi ordinari di tutela dei diritti fondamentali dell’imputato. Preliminarmente, è approfondito il rapporto di complementarità tra la giurisdizione ordinaria e militare, che consente di includere il processo militare nel raggio operativo dell’art. 649 c.p.p., che costituisce l’espressione normativa più compiuta del ne bis in idem nel sistema processuale italiano.
Il fulcro dell’analisi si incardina nell’ipotesi di integrazione di un fatto percepito dall’ordinamento giuridico come lesivo di beni giuridici generali, ma anche specificamente presidiati da norme di matrice penale militare, tale da risultare idoneo ad alimentare il duplice binario punitivo, costituito dall’avvio di un processo penale ordinario, a carico dell’Autorità penale ordinaria, e di un processo penale militare, perseguito da parte dell’Autorità penale militare.
A seguito dell’identificazione dei presupposti soggettivi e oggettivi del doppio giudizio esaminato, rispettivamente costituiti dalla qualifica di militare in servizio o considerato tale secondo gli artt. 3 e 5 del Codice penale militare di pace da parte del soggetto imputato e dall’identità del fatto oggetto di contestazione, necessariamente configurabile come reato obiettivamente militare, l’analisi si snoda su direttrici differenziate in funzione della collocazione temporale reciproca fra i due procedimenti citati, distinguendo tra situazioni di contemporanea pendenza di procedimenti e casi in cui all’esito di un giudizio sia già stato pronunciato un provvedimento, scindendo le ipotesi a seconda che esso sia passato in giudicato o meno.
L’applicabilità del ne bis in idem alla sovrapposizione fra processo ordinario e militare è esaminata facendo ricorso ai principi costituzionali e immanenti all’ordinamento, corroborati dalle conclusioni elaborate dalla dottrina e dalle pronunce giurisprudenziali. Dopo aver verificato i limiti dell’operatività dell’art. 649 c.p.p., la soluzione alla problematica del cumulo fra procedimenti di diversa natura è ricercata negli istituti alternativi del concorso di norme e di reati, riservando le necessarie considerazioni al fenomeno della connessione fra procedimenti.
In assenza di un provvedimento passato in giudicato, al fine di confutare ovvero confermare l’efficacia del principio in esame, è invece necessario fare riferimento alla dimensione immanente e infra-sistematica dello stesso, oltre che al meccanismo della preclusione, necessariamente sotteso.
Infine, l’esame del fenomeno del doppio binario sanzionatorio è calato nel circuito disciplinare militare, approfondendo la natura e la funzionalità della consegna di rigore, quale misura connotata da una spiccata afflittività, nonostante il carattere formalmente disciplinare.
Attraverso l’esame della giurisprudenza più significativa, si interrogano le finalità punitive sottese alle sanzioni militari e si riflette sul principio di proporzionalità sanzionatoria, nella prospettiva della tutela effettiva del militare quale soggetto di diritto, nell’ottica di verificare la possibilità di duplicazione del divieto di bis in idem nell’ambito dei disciplinari.
In quest’ottica, il lavoro si conclude evidenziando come i meccanismi di garanzia offerti dall’ordinamento, e dunque l’applicazione del ne bis in idem, debbano perseguire una duplice finalità: da un lato, assicurare la razionalità, la coerenza e la logicità del sistema repressivo; dall’altro, preservare la centralità dell’individuo anche a fronte della sua condotta antigiuridica, in ossequio a un’idea di giustizia penale che non sia mera espressione di forza, ma la più sofisticata forma di garanzia dell’ordine sociale.
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