Tesi etd-06282024-150205 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MARAGLINO, GIUSEPPE
URN
etd-06282024-150205
Titolo
BARRIERE ARTIFICIALI E RELITTI COME STRUMENTO PER LA PROTEZIONE E RIGENERAZIONE DEGLI ECOSISTEMI MARINI
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
SCIENZE DEL GOVERNO E DELL'AMMINISTRAZIONE DEL MARE
Relatori
relatore Sacco, Vincenzo
Parole chiave
- barriere artificiali
- biodiversità marina
- ecosistemi marini
- piattaforme offshore
- riconversione ecologica
- ripristino ambientale
- scuttling
- sostenibilità ambientale
- turismo subacqueo
Data inizio appello
19/07/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/07/2094
Riassunto
L’elaborato ha lo scopo di analizzare in modo approfondito la pratica dello scuttling, ovvero l’affondamento volontario di barriere artificiali, piattaforme offshore inattive e unità navali dismesse come strategia efficace per la tutela e la rigenerazione degli ecosistemi marini, partendo dal vaglio del quadro normativo internazionale e nazionale che disciplina la materia, per poi procedere a un’analisi dei benefici ambientali, sociali ed economici associati a tale pratica. In conclusione, l’elaborato presenta un possibile prospetto per l'implementazione dello scuttling in Italia.
Il Capitolo I della tesi fornisce una dettagliata analisi del quadro normativo, iniziando con l'esame della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS 1982), che stabilisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell'utilizzo dei mari e degli oceani. Successivamente, viene discussa la Convenzione di Londra del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento dei mari e il suo Protocollo del 1996, che introducono un approccio precauzionale e severi divieti di scarico dei rifiuti marini. Viene esaminato anche il ruolo della Convenzione di Basilea del 1989 nel controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti pericolosi, della Convenzione di Hong Kong del 2009 per un riciclaggio sicuro e sostenibile delle navi, e del Regolamento (UE) N. 1257/2013 che ne facilita la ratifica e applicazione. Infine, il capitolo esplora la Convenzione di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti, evidenziando le responsabilità degli armatori e le procedure di rimozione.
Il Capitolo II esplora il ruolo cruciale degli habitat marini artificiali nel ripristino degli ecosistemi marini, focalizzandosi sulle barriere artificiali, strutture progettate e collocate intenzionalmente nell'ambiente marino per replicare le funzioni degli habitat naturali, come la protezione, la rigenerazione, la concentrazione e/o il miglioramento delle risorse marine viventi. Questi habitat offrono numerosi benefici ecologici e socioeconomici, come l'aumento della biodiversità, la protezione delle coste dall'erosione e lo sviluppo sostenibile delle risorse marine. Inoltre, incrementano le risorse ittiche locali, favorendo la pesca sostenibile e attraggono il turismo subacqueo, generando benefici economici per le comunità costiere. Tuttavia, la loro implementazione richiede un'approfondita pianificazione e una gestione attenta per garantire che i materiali utilizzati siano duraturi, ecocompatibili e non tossici, e che le strutture siano posizionate in luoghi strategici per massimizzare i benefici ecologici e minimizzare gli impatti negativi. Questi interventi, supportati dalla ricerca scientifica e dalle normative internazionali e nazionali, possono contribuire significativamente alla rigenerazione degli habitat marini e alla conservazione della biodiversità, rendendo i reef artificiali una componente essenziale nelle strategie di gestione e protezione ambientale.
Il Capitolo III analizza la gestione e il riutilizzo delle piattaforme offshore dismesse, una delle sfide tecniche, economiche e ambientali più complesse e rilevanti che l'industria petrolifera deve affrontare a lungo termine. I costi di decommissioning sono estremamente elevati e includono la rimozione delle strutture in modo sicuro per l'ambiente, il trasporto in centri specializzati per la bonifica e lo smaltimento. Con l'esaurimento delle risorse estrattive, molte piattaforme presenti nei mari italiani dovranno essere dismesse, in particolare quelle situate entro 12 miglia dalla costa, come stabilito dal Piano Regolatore delle Aree Marine Protette e delle Zone a Rischio (PITESAI). Il capitolo discute anche le potenziali ipotesi di riutilizzo alternative al semplice smantellamento, come la riconversione delle piattaforme in ville ecologiche, isole-resort di lusso autosufficienti, reef artificiali capaci di ripristinare gli ecosistemi e attrarre turismo subacqueo, siti di stoccaggio di CO2 e altro ancora. In particolare viene analizzato il caso studio della piattaforma relitto “Paguro” ad opera dei ricercatori Massimo Ponti, Marco Abbiati, e Victor Ugo Ceccherelli.
Il Capitolo IV si concentra sui relitti marini, con una particolare attenzione allo scuttling, cioè all'affondamento volontario di navi dismesse per creare barriere artificiali. Un relitto marino è definito come ciò che rimane di una nave, un aereo o qualsiasi altro oggetto di dimensioni significative, che si trova in mare totalmente affondato, parzialmente sommerso o semi-galleggiante per varie ragioni, come fallimenti strutturali, incendi, collisioni o atti di guerra. I relitti hanno impatti complessi sia diretti, come il rilascio di inquinanti, sia indiretti, come il cambiamento della biodiversità marina. Lo scuttling, a determinate condizioni, si presenta come una pratica sostenibile e innovativa per la conservazione ambientale e lo sviluppo turistico, con molteplici benefici ecologici, sociali ed economici. I relitti affondati, infatti, diventano habitat per diverse specie marine, contribuendo a incrementare la biodiversità e a proteggere le praterie di Posidonia e altri ecosistemi vulnerabili, oltre che a impedire tipi di pesca illegali come la pesca a strascico. In termini turistici, i relitti affondati attraggono un alto numero di subacquei, incrementando il turismo e contribuendo significativamente all'economia locale. Negli Stati Uniti, ad esempio, sono stati affondati oltre 700 relitti che ora fungono da barriere artificiali. Malta è l’esempio di maggior successo nel Mediterraneo, avendo affondato 10 navi per creare attrazioni subacquee, generando un notevole impatto economico attraverso il turismo subacqueo. Tuttavia, lo scuttling richiede una gestione rigorosa per prevenire l'inquinamento marino. Prima dell'affondamento, i relitti devono essere bonificati, rimuovendo materiali pericolosi come idrocarburi, plastiche, vernici e amianto. La scelta del sito per l'affondamento deve considerare aspetti ecologici per ottimizzare i benefici ambientali e minimizzare gli impatti negativi. La ricerca e il monitoraggio continuativo degli impatti a lungo termine sono fondamentali per garantire che lo scuttling sia una pratica sostenibile ed ecologicamente responsabile.
Il Capitolo V, infine, propone un possibile prospetto per l'implementazione dello scuttling in Italia, esaminando i tentativi passati di normare questa pratica. Si analizzano, a tal proposito, la Legge n. 41/1982 e il Disegno di legge Chiappori del 14 luglio 2010, valutandone i contenuti e l'efficacia. La tesi si conclude con una sintesi dei principali risultati emersi dagli studi effettuati e con una serie di raccomandazioni per il futuro sviluppo della pratica dello scuttling in Italia, sottolineando l'importanza di un approccio integrato e sostenibile per la protezione e la rigenerazione degli ecosistemi marini.
Il Capitolo I della tesi fornisce una dettagliata analisi del quadro normativo, iniziando con l'esame della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS 1982), che stabilisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell'utilizzo dei mari e degli oceani. Successivamente, viene discussa la Convenzione di Londra del 1972 sulla prevenzione dell'inquinamento dei mari e il suo Protocollo del 1996, che introducono un approccio precauzionale e severi divieti di scarico dei rifiuti marini. Viene esaminato anche il ruolo della Convenzione di Basilea del 1989 nel controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti pericolosi, della Convenzione di Hong Kong del 2009 per un riciclaggio sicuro e sostenibile delle navi, e del Regolamento (UE) N. 1257/2013 che ne facilita la ratifica e applicazione. Infine, il capitolo esplora la Convenzione di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti, evidenziando le responsabilità degli armatori e le procedure di rimozione.
Il Capitolo II esplora il ruolo cruciale degli habitat marini artificiali nel ripristino degli ecosistemi marini, focalizzandosi sulle barriere artificiali, strutture progettate e collocate intenzionalmente nell'ambiente marino per replicare le funzioni degli habitat naturali, come la protezione, la rigenerazione, la concentrazione e/o il miglioramento delle risorse marine viventi. Questi habitat offrono numerosi benefici ecologici e socioeconomici, come l'aumento della biodiversità, la protezione delle coste dall'erosione e lo sviluppo sostenibile delle risorse marine. Inoltre, incrementano le risorse ittiche locali, favorendo la pesca sostenibile e attraggono il turismo subacqueo, generando benefici economici per le comunità costiere. Tuttavia, la loro implementazione richiede un'approfondita pianificazione e una gestione attenta per garantire che i materiali utilizzati siano duraturi, ecocompatibili e non tossici, e che le strutture siano posizionate in luoghi strategici per massimizzare i benefici ecologici e minimizzare gli impatti negativi. Questi interventi, supportati dalla ricerca scientifica e dalle normative internazionali e nazionali, possono contribuire significativamente alla rigenerazione degli habitat marini e alla conservazione della biodiversità, rendendo i reef artificiali una componente essenziale nelle strategie di gestione e protezione ambientale.
Il Capitolo III analizza la gestione e il riutilizzo delle piattaforme offshore dismesse, una delle sfide tecniche, economiche e ambientali più complesse e rilevanti che l'industria petrolifera deve affrontare a lungo termine. I costi di decommissioning sono estremamente elevati e includono la rimozione delle strutture in modo sicuro per l'ambiente, il trasporto in centri specializzati per la bonifica e lo smaltimento. Con l'esaurimento delle risorse estrattive, molte piattaforme presenti nei mari italiani dovranno essere dismesse, in particolare quelle situate entro 12 miglia dalla costa, come stabilito dal Piano Regolatore delle Aree Marine Protette e delle Zone a Rischio (PITESAI). Il capitolo discute anche le potenziali ipotesi di riutilizzo alternative al semplice smantellamento, come la riconversione delle piattaforme in ville ecologiche, isole-resort di lusso autosufficienti, reef artificiali capaci di ripristinare gli ecosistemi e attrarre turismo subacqueo, siti di stoccaggio di CO2 e altro ancora. In particolare viene analizzato il caso studio della piattaforma relitto “Paguro” ad opera dei ricercatori Massimo Ponti, Marco Abbiati, e Victor Ugo Ceccherelli.
Il Capitolo IV si concentra sui relitti marini, con una particolare attenzione allo scuttling, cioè all'affondamento volontario di navi dismesse per creare barriere artificiali. Un relitto marino è definito come ciò che rimane di una nave, un aereo o qualsiasi altro oggetto di dimensioni significative, che si trova in mare totalmente affondato, parzialmente sommerso o semi-galleggiante per varie ragioni, come fallimenti strutturali, incendi, collisioni o atti di guerra. I relitti hanno impatti complessi sia diretti, come il rilascio di inquinanti, sia indiretti, come il cambiamento della biodiversità marina. Lo scuttling, a determinate condizioni, si presenta come una pratica sostenibile e innovativa per la conservazione ambientale e lo sviluppo turistico, con molteplici benefici ecologici, sociali ed economici. I relitti affondati, infatti, diventano habitat per diverse specie marine, contribuendo a incrementare la biodiversità e a proteggere le praterie di Posidonia e altri ecosistemi vulnerabili, oltre che a impedire tipi di pesca illegali come la pesca a strascico. In termini turistici, i relitti affondati attraggono un alto numero di subacquei, incrementando il turismo e contribuendo significativamente all'economia locale. Negli Stati Uniti, ad esempio, sono stati affondati oltre 700 relitti che ora fungono da barriere artificiali. Malta è l’esempio di maggior successo nel Mediterraneo, avendo affondato 10 navi per creare attrazioni subacquee, generando un notevole impatto economico attraverso il turismo subacqueo. Tuttavia, lo scuttling richiede una gestione rigorosa per prevenire l'inquinamento marino. Prima dell'affondamento, i relitti devono essere bonificati, rimuovendo materiali pericolosi come idrocarburi, plastiche, vernici e amianto. La scelta del sito per l'affondamento deve considerare aspetti ecologici per ottimizzare i benefici ambientali e minimizzare gli impatti negativi. La ricerca e il monitoraggio continuativo degli impatti a lungo termine sono fondamentali per garantire che lo scuttling sia una pratica sostenibile ed ecologicamente responsabile.
Il Capitolo V, infine, propone un possibile prospetto per l'implementazione dello scuttling in Italia, esaminando i tentativi passati di normare questa pratica. Si analizzano, a tal proposito, la Legge n. 41/1982 e il Disegno di legge Chiappori del 14 luglio 2010, valutandone i contenuti e l'efficacia. La tesi si conclude con una sintesi dei principali risultati emersi dagli studi effettuati e con una serie di raccomandazioni per il futuro sviluppo della pratica dello scuttling in Italia, sottolineando l'importanza di un approccio integrato e sostenibile per la protezione e la rigenerazione degli ecosistemi marini.
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