Tesi etd-06282024-120611 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
DAVIDE, MARCO
URN
etd-06282024-120611
Titolo
BILANCIO PUBBLICO E POLITICHE FINANZIARIE NELL'UNIONE EUROPEA: ANALISI DEI VINCOLI DI BILANCIO SULLO STRUMENTO MILITARE
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Vuoto, Salvatore
Parole chiave
- Pareggio di Bilancio
- Strumento militare
- Vincoli UE
Data inizio appello
19/07/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/07/2064
Riassunto
La tesi si propone di affrontare il tema dei vincoli di bilancio di derivazione europea nel settore Difesa. Quest’ultimo è infatti un settore particolare, che, come gli altri dicasteri, sottostà alla decisione del Parlamento riguardo la suddivisione dei fondi che viene definita annualmente con l’approvazione della legge di bilancio.
Il tema dei vincoli di bilancio, e più in particolare, del pareggio di bilancio, è stato affrontato già in passato, da quando, con lo stato liberale ottocentesco vi era la convinzione del laissez-faire (principio secondo il quale lo Stato non deve imporre alcun vincolo all’attività economica, allo scopo di affermare il postulato della libertà individuale). Nel tempo si sono scontrate diverse scuole di pensiero a riguardo, in particolare mi preme sottolineare quella di John Maynard Keynes, economista americano che a inizio Novecento sosteneva che domanda e offerta non si incontrano spontaneamente: se i privati, per qualsiasi ragione, non spendono, i soldi non spesi vengono sottratti al processo di creazione della ricchezza; di qui la necessità di un intervento statale per rimettere in sesto l'economia e sanare gli squilibri del sistema.
Si è arrivati ad oggi con la riforma costituzionale dell’articolo 81 che fissa in calce, appunto, la regola del pareggio di bilancio. La legge costituzionale n. 1 del 2012, novellando gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., introduce il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio, cd. “pareggio di bilancio”, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo.
L’art 81 in particolare stabilisce, al primo comma, che lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi - avverse o favorevoli - del ciclo economico.
In seguito alla pandemia da Covid-19 e al conflitto russo-ucraino, il nostro Paese, insieme a tutti gli altri membri dell’Eurozona, sono andati in contro a fasi avverse del ciclo economico.
Negli ultimi anni, infatti, il panorama economico globale è stato caratterizzato da una serie di eventi che hanno messo a dura prova le politiche di austerity adottate dai Paesi membri UE. Queste politiche, incentrate sulla riduzione della spesa pubblica e sul contenimento del debito, hanno subito un drastico cambiamento di rotta a partire dal 2020, a causa di crisi economiche e umanitarie senza precedenti. Due eventi in particolare, la pandemia da Covid-19 e il conflitto Russo-Ucraino, hanno imposto una sospensione delle misure di spending review e hanno richiesto un aumento significativo delle spese pubbliche per fronteggiare le emergenze sanitarie e militari.
La pandemia da Covid-19 ha rappresentato una delle sfide più grandi per le economie mondiali dal secondo dopoguerra. Le politiche di austerity, che avevano caratterizzato il decennio precedente, sono state sospese per permettere ai governi di rispondere adeguatamente alla crisi sanitaria. La necessità di garantire cure mediche e prevenire il collasso dei sistemi sanitari ha portato a investimenti massicci in infrastrutture sanitarie, forniture mediche, e personale sanitario. Inoltre, sono stati implementati programmi di sostegno economico come sussidi di disoccupazione, aiuti diretti alle famiglie, e finanziamenti alle imprese per evitare una recessione economica ancora più grave. Questo aumento della spesa pubblica ha inevitabilmente comportato un incremento del debito pubblico, ma è stato considerato un sacrificio necessario per salvaguardare la salute pubblica e sostenere l'economia.
A livello europeo, l'Unione Europea ha risposto con una serie di misure straordinarie. Tra queste, la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC), noto anche come Fiscal Compact, che imponeva rigorosi limiti di deficit e debito ai Paesi membri. Questa sospensione ha permesso agli Stati di aumentare la spesa pubblica senza temere sanzioni. Alla sospensione del PSC è seguita una riforma dello stesso nell’aprile del 2024: ha introdotto maggiore flessibilità per affrontare le sfide economiche contemporanee. (restano i limiti del rapporto debito pil < 60% e deficit al 3%). Le nuove regole permettono deroghe temporanee in caso di crisi economiche gravi e incoraggiano investimenti sostenibili e verdi. Questa riforma mira a bilanciare la disciplina fiscale con la necessità di sostenere la crescita economica e affrontare le emergenze
Inoltre, l'UE ha lanciato il programma Next Generation EU, un piano di ripresa da 750 miliardi di euro per sostenere gli Stati membri attraverso sovvenzioni e prestiti, con l'obiettivo di stimolare la ripresa economica e promuovere investimenti in settori chiave come la sanità, la transizione verde e digitale.
In seguito, un'altra crisi ha scosso l'economia globale: lo scoppio del conflitto Russo-Ucraino. Questo conflitto ha avuto implicazioni profonde non solo per i Paesi direttamente coinvolti, ma anche per la comunità internazionale nel suo complesso. La guerra ha generato una crescente domanda di armi e munizioni per l'Ucraina, imponendo ai governi occidentali di aumentare ulteriormente le spese militari. La risposta alla guerra ha richiesto l'impegno di risorse significative per sostenere l'Ucraina sia militarmente che umanitariamente. I Paesi della NATO e altri alleati hanno fornito aiuti militari, finanziamenti e supporto logistico per rafforzare la difesa ucraina.
Proseguendo nella trattazione, col vostro permesso, andrei più a fondo nel tema, affrontando lo l’impatto che hanno avuto i vincoli di bilancio UE sullo strumento militare italiano. Anche quest’ultimo è stato mira di interventi di riduzione della spesa: il modello di difesa italiano ha subito negli anni diverse evoluzioni, culminando nella revisione dello strumento militare con la legge 244 del 2012. Questa revisione ha mirato a ottimizzare le risorse e migliorare l'efficienza delle forze armate italiane, ma di fatto ha comportato una riduzione del numero di militari che non si adattava alle reali esigenze determinate dall’attuale contesto geopolitico. Di conseguenza è intervenuto il legislatore con una legge correttiva, legge n. 119 del 2022 che differisce il termine, previsto dalla legge n. 244 del 2012 (c.d. legge "Di Paola"), entro il quale concludere la revisione in senso riduttivo dello strumento militare, con riferimento alle dotazioni organiche del personale militare (dal 2024 al 2034).
Col tempo si è sviluppata la cultura secondo la quale vi è bisogno di concentrarsi anche su fondi extra bilancio, come permute sponsorizzazioni, attività di Difesa servizi Spa, ma anche fondi europei. A livello Ministero della Difesa, sono state previste pubblicazioni che disciplinano tutti questi aspetti nello specifico (per la MM) la SMM 1088 per le permute, SMD-L-027 per le sponsorizzazioni e SMM AMM 001 per la gestione dei fondi europei in Forza armata.
Per intensificare la cooperazione nella Difesa e lavorare verso il raggiungimento del nuovo Livello di Ambizione, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno messo in atto o aggiornato una serie di strumenti:
- CDP: promuove la coerenza tra i processi di pianificazione della difesa nazionale e favorisce la cooperazione tra gli Stati membri, identificando le esigenze operative comuni
- CARD: è una revisione annuale per identificare opportunità di cooperazione, evitando duplicazioni con la Nato e promuovendo una graduale sincronizzazione dei processi di pianificazione della difesa nazionale
- PESCO: prevede il finanziamento e la realizzazione di progetti di sviluppo delle capacità e delle strumentazioni militari; ciascun progetto è portato avanti da un gruppo di stati membri che può variare di volta in volta ed è coordinato da uno o più stati membri che partecipano al progetto. Gli stati partecipanti al progetto possono permettere di comune accordo ad altri stati membri di aderire al progetto o di diventarne osservatore.
Risulta dunque di fondamentale importanza l’apporto di Unione Europea e Nato nel settore della Difesa. Tuttavia, a livello UE non si è ancora capaci di avere una solida politica di difesa comune. In questo scenario si colloca, in coerenza con un trend di lungo termine che ha avuto inizio a partire dagli anni '90, il progressivo disimpegno da parte degli Stati Uniti nei confronti del continente europeo, a vantaggio di un ricollocamento delle priorità strategiche degli Stati Uniti nel Pacifico. Altro motivo che ha portato alla necessità di accelerare nell’ambito di Difesa europea è stata l'uscita del Regno Unito dall'UE, uno dei paesi che in passato aveva manifestato resistenze allo sviluppo di piene capacità dell'UE in termini di difesa e sicurezza che non fossero sotto l'ombrello della Nato.
A frenare tale politica non è tanto la carenza di capacità quanto piuttosto la carenza di volontà politica. È, dunque, necessario uno slancio federalista dell’Unione europea in materia di difesa comune. Il processo di decisione dell’UE è, rispetto a quello Nato, estremamente complesso, troppo dipendente dalla buona volontà degli Stati membri e, in alcune parti, eccessivamente influenzato da preferenze puramente nazionali.
In conclusione, in un contesto geopolitico in continua evoluzione, l’Italia deve bilanciare l’ottimizzazione delle risorse con l’innovazione necessaria per garantire la sicurezza del Paese, facendo però riferimento al contesto europeo. Sorge, infatti, la necessità di superare il concetto di strumento di difesa nazionale autonomo, per iniziare a pensare, anche a livello culturale, allo sviluppo di progetti congiunti tra Paesi membri UE seguendo programmi comuni ed interoperabili in un contesto multinazionale europeo, che attualmente esiste, ma non è concreto come lo è la NATO, a causa della frammentarietà degli organismi decisionali europei in materia di Difesa.
Il tema dei vincoli di bilancio, e più in particolare, del pareggio di bilancio, è stato affrontato già in passato, da quando, con lo stato liberale ottocentesco vi era la convinzione del laissez-faire (principio secondo il quale lo Stato non deve imporre alcun vincolo all’attività economica, allo scopo di affermare il postulato della libertà individuale). Nel tempo si sono scontrate diverse scuole di pensiero a riguardo, in particolare mi preme sottolineare quella di John Maynard Keynes, economista americano che a inizio Novecento sosteneva che domanda e offerta non si incontrano spontaneamente: se i privati, per qualsiasi ragione, non spendono, i soldi non spesi vengono sottratti al processo di creazione della ricchezza; di qui la necessità di un intervento statale per rimettere in sesto l'economia e sanare gli squilibri del sistema.
Si è arrivati ad oggi con la riforma costituzionale dell’articolo 81 che fissa in calce, appunto, la regola del pareggio di bilancio. La legge costituzionale n. 1 del 2012, novellando gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., introduce il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio, cd. “pareggio di bilancio”, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo.
L’art 81 in particolare stabilisce, al primo comma, che lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi - avverse o favorevoli - del ciclo economico.
In seguito alla pandemia da Covid-19 e al conflitto russo-ucraino, il nostro Paese, insieme a tutti gli altri membri dell’Eurozona, sono andati in contro a fasi avverse del ciclo economico.
Negli ultimi anni, infatti, il panorama economico globale è stato caratterizzato da una serie di eventi che hanno messo a dura prova le politiche di austerity adottate dai Paesi membri UE. Queste politiche, incentrate sulla riduzione della spesa pubblica e sul contenimento del debito, hanno subito un drastico cambiamento di rotta a partire dal 2020, a causa di crisi economiche e umanitarie senza precedenti. Due eventi in particolare, la pandemia da Covid-19 e il conflitto Russo-Ucraino, hanno imposto una sospensione delle misure di spending review e hanno richiesto un aumento significativo delle spese pubbliche per fronteggiare le emergenze sanitarie e militari.
La pandemia da Covid-19 ha rappresentato una delle sfide più grandi per le economie mondiali dal secondo dopoguerra. Le politiche di austerity, che avevano caratterizzato il decennio precedente, sono state sospese per permettere ai governi di rispondere adeguatamente alla crisi sanitaria. La necessità di garantire cure mediche e prevenire il collasso dei sistemi sanitari ha portato a investimenti massicci in infrastrutture sanitarie, forniture mediche, e personale sanitario. Inoltre, sono stati implementati programmi di sostegno economico come sussidi di disoccupazione, aiuti diretti alle famiglie, e finanziamenti alle imprese per evitare una recessione economica ancora più grave. Questo aumento della spesa pubblica ha inevitabilmente comportato un incremento del debito pubblico, ma è stato considerato un sacrificio necessario per salvaguardare la salute pubblica e sostenere l'economia.
A livello europeo, l'Unione Europea ha risposto con una serie di misure straordinarie. Tra queste, la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita (PSC), noto anche come Fiscal Compact, che imponeva rigorosi limiti di deficit e debito ai Paesi membri. Questa sospensione ha permesso agli Stati di aumentare la spesa pubblica senza temere sanzioni. Alla sospensione del PSC è seguita una riforma dello stesso nell’aprile del 2024: ha introdotto maggiore flessibilità per affrontare le sfide economiche contemporanee. (restano i limiti del rapporto debito pil < 60% e deficit al 3%). Le nuove regole permettono deroghe temporanee in caso di crisi economiche gravi e incoraggiano investimenti sostenibili e verdi. Questa riforma mira a bilanciare la disciplina fiscale con la necessità di sostenere la crescita economica e affrontare le emergenze
Inoltre, l'UE ha lanciato il programma Next Generation EU, un piano di ripresa da 750 miliardi di euro per sostenere gli Stati membri attraverso sovvenzioni e prestiti, con l'obiettivo di stimolare la ripresa economica e promuovere investimenti in settori chiave come la sanità, la transizione verde e digitale.
In seguito, un'altra crisi ha scosso l'economia globale: lo scoppio del conflitto Russo-Ucraino. Questo conflitto ha avuto implicazioni profonde non solo per i Paesi direttamente coinvolti, ma anche per la comunità internazionale nel suo complesso. La guerra ha generato una crescente domanda di armi e munizioni per l'Ucraina, imponendo ai governi occidentali di aumentare ulteriormente le spese militari. La risposta alla guerra ha richiesto l'impegno di risorse significative per sostenere l'Ucraina sia militarmente che umanitariamente. I Paesi della NATO e altri alleati hanno fornito aiuti militari, finanziamenti e supporto logistico per rafforzare la difesa ucraina.
Proseguendo nella trattazione, col vostro permesso, andrei più a fondo nel tema, affrontando lo l’impatto che hanno avuto i vincoli di bilancio UE sullo strumento militare italiano. Anche quest’ultimo è stato mira di interventi di riduzione della spesa: il modello di difesa italiano ha subito negli anni diverse evoluzioni, culminando nella revisione dello strumento militare con la legge 244 del 2012. Questa revisione ha mirato a ottimizzare le risorse e migliorare l'efficienza delle forze armate italiane, ma di fatto ha comportato una riduzione del numero di militari che non si adattava alle reali esigenze determinate dall’attuale contesto geopolitico. Di conseguenza è intervenuto il legislatore con una legge correttiva, legge n. 119 del 2022 che differisce il termine, previsto dalla legge n. 244 del 2012 (c.d. legge "Di Paola"), entro il quale concludere la revisione in senso riduttivo dello strumento militare, con riferimento alle dotazioni organiche del personale militare (dal 2024 al 2034).
Col tempo si è sviluppata la cultura secondo la quale vi è bisogno di concentrarsi anche su fondi extra bilancio, come permute sponsorizzazioni, attività di Difesa servizi Spa, ma anche fondi europei. A livello Ministero della Difesa, sono state previste pubblicazioni che disciplinano tutti questi aspetti nello specifico (per la MM) la SMM 1088 per le permute, SMD-L-027 per le sponsorizzazioni e SMM AMM 001 per la gestione dei fondi europei in Forza armata.
Per intensificare la cooperazione nella Difesa e lavorare verso il raggiungimento del nuovo Livello di Ambizione, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno messo in atto o aggiornato una serie di strumenti:
- CDP: promuove la coerenza tra i processi di pianificazione della difesa nazionale e favorisce la cooperazione tra gli Stati membri, identificando le esigenze operative comuni
- CARD: è una revisione annuale per identificare opportunità di cooperazione, evitando duplicazioni con la Nato e promuovendo una graduale sincronizzazione dei processi di pianificazione della difesa nazionale
- PESCO: prevede il finanziamento e la realizzazione di progetti di sviluppo delle capacità e delle strumentazioni militari; ciascun progetto è portato avanti da un gruppo di stati membri che può variare di volta in volta ed è coordinato da uno o più stati membri che partecipano al progetto. Gli stati partecipanti al progetto possono permettere di comune accordo ad altri stati membri di aderire al progetto o di diventarne osservatore.
Risulta dunque di fondamentale importanza l’apporto di Unione Europea e Nato nel settore della Difesa. Tuttavia, a livello UE non si è ancora capaci di avere una solida politica di difesa comune. In questo scenario si colloca, in coerenza con un trend di lungo termine che ha avuto inizio a partire dagli anni '90, il progressivo disimpegno da parte degli Stati Uniti nei confronti del continente europeo, a vantaggio di un ricollocamento delle priorità strategiche degli Stati Uniti nel Pacifico. Altro motivo che ha portato alla necessità di accelerare nell’ambito di Difesa europea è stata l'uscita del Regno Unito dall'UE, uno dei paesi che in passato aveva manifestato resistenze allo sviluppo di piene capacità dell'UE in termini di difesa e sicurezza che non fossero sotto l'ombrello della Nato.
A frenare tale politica non è tanto la carenza di capacità quanto piuttosto la carenza di volontà politica. È, dunque, necessario uno slancio federalista dell’Unione europea in materia di difesa comune. Il processo di decisione dell’UE è, rispetto a quello Nato, estremamente complesso, troppo dipendente dalla buona volontà degli Stati membri e, in alcune parti, eccessivamente influenzato da preferenze puramente nazionali.
In conclusione, in un contesto geopolitico in continua evoluzione, l’Italia deve bilanciare l’ottimizzazione delle risorse con l’innovazione necessaria per garantire la sicurezza del Paese, facendo però riferimento al contesto europeo. Sorge, infatti, la necessità di superare il concetto di strumento di difesa nazionale autonomo, per iniziare a pensare, anche a livello culturale, allo sviluppo di progetti congiunti tra Paesi membri UE seguendo programmi comuni ed interoperabili in un contesto multinazionale europeo, che attualmente esiste, ma non è concreto come lo è la NATO, a causa della frammentarietà degli organismi decisionali europei in materia di Difesa.
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