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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06282012-141734


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione
Autore
TONINI, SARA
URN
etd-06282012-141734
Titolo
Studio di follow-up naturalistico sull'impiego dei Sali di Litio, in monoterapia o in associazione ad altri stabilizzatori dell'umore, nel trattamento del Disturbo Bipolare
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
PSICHIATRIA
Relatori
relatore Prof.ssa Dell'Osso, Liliana
correlatore Dott.ssa Musetti, Laura
Parole chiave
  • sali di litio
Data inizio appello
30/07/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
RIASSUNTO: A partire dal maggio 2010 presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa è stato avviato, in collaborazione con la sezione di Farmacologia del Dipartimento di Neuroscienze, uno studio di follow-up naturalistico prospettico con l’obiettivo di raccogliere informazioni relative all’impiego dei Sali di litio nel trattamento del Disturbo Bipolare, un disturbo complesso, eterogeneo e ricorrente, associato con un alto tasso di comorbidità e di mortalità e caratterizzato dall’alternanza di episodi depressivi, maniacali, ipomaniacali o misti intervallati da periodi variabili di parziale o completa eutimia. Il progetto è stato avviato sulla base di numerose evidenze presenti in letteratura che da un lato dimostrano l’efficacia di questo trattamento per molti soggetti con Disturbo bipolare e, dall’altro, ne evidenziano le criticità e forniscono dati contrastanti su quali siano le sue condizioni ottimali di impiego nella pratica clinica; inoltre, numerosi studi dimostrano come un attento e continuo monitoraggio ed un supporto psicoeducazionale ai soggetti in cura con litio favoriscano una maggiore aderenza al trattamento farmacologico e, di conseguenza, un aumento della sua efficacia ed un significativo miglioramento del decorso clinico del disturbo. Pertanto è stata creata un’equipe multidisciplinare, comprendente specialisti in campo psichiatrico e farmacologico, che ha seguito per più di un anno un campione di 98 pazienti bipolari in trattamento con Sali di litio afferenti presso il Day Hospital della Clinica Psichiatrica di Pisa.
Il campione è rappresentato prevalentemente da soggetti con Disturbo bipolare di tipo I (87.8%), con un alto tasso di comorbidità psichiatrica di asse I (Disturbo da attacchi di panico 45.9%, Disturbo ossessivo compulsivo 33.7%, pregresso uso di alcol e sostanze 13.3%), una durata media di malattia di circa 15 anni ed un elevato numero di pregressi episodi di malattia, sia maniacali/misti che depressivi. Una sintomatologia psicotica attuale o pregressa è stata rilevata in quasi la metà dei pazienti (42.9%), l’11% presenta rapida ciclicità e circa un quarto dei soggetti reclutati ha messo in atto almeno un pregresso tentativo di suicidio. Al momento del reclutamento nello studio la maggior parte dei pazienti (84.7%) si trovava in fase acuta di malattia, con una predominanza di fasi maniacali/miste su quelle depressive. Il nostro campione, pertanto, non appare rappresentativo dell’intero spettro di quadri bipolari quanto di forme a piena espressività clinica.
Il gruppo di lavoro ha monitorato l’andamento nel tempo dei valori di litiemia dei pazienti per approfondire le modalità con cui questo farmaco viene utilizzato nella comune pratica clinica. Dall’analisi dei dati è emerso che meno della metà del campione (48%) ha mantenuto durante il follow-up valori medi di litiemia compresi nel range terapeutico indicato dalle linee guida internazionali; anche la media di tutte le litiemie effettuate dai 98 pazienti è risultata inferiore al range terapeutico ottimale (0.49 mEq/L).
I valori ematici di litio sono inoltre correlati alla fase di malattia in atto al momento della valutazione clinica e del controllo ematico: i pazienti in fase maniacale e mista presentano livelli di litiemia più elevati rispetto ai pazienti eutimici o depressi.
Questi dati suggeriscono come, nel nostro campione, il dosaggio di litio tenda ad essere modulato in funzione della fase di malattia e come questo composto venga spesso utilizzato a dosaggi che determinano livelli ematici ai limiti inferiori del range terapeutico; questa tendenza è probabilmente finalizzata a ridurre il rischio di effetti avversi e di tossicità causati dal trattamento a lungo termine. D’altro lato la tendenza ad un incremento dei valori di litiemia media con l’aumento del numero dei controlli ematici potrebbe essere spiegata con una maggiore aderenza al trattamento da parte dei soggetti sottoposti nel tempo a controlli più frequenti. I risultati raggiunti sono in accordo con numerosi studi che hanno indagato la relazione tra livelli ematici di litio e polarità e numero delle ricorrenze, e con le numerose evidenze che suggeriscono come un approccio basato sulla personalizzazione del trattamento con litio possa aumentarne l’efficacia terapeutica minimizzando il rischio di tossicità.
I dati indicano inoltre come il precedente decorso e le caratteristiche sintomatologiche dei pazienti influenzino il dosaggio e i valori di litiemia; nel nostro campione, infatti, in accordo con quanto rilevato nella letteratura, i pazienti con valori più elevati di litiemia presentano prevalentemente una polarità di esordio del disturbo di tipo maniacale o misto, un maggior numero di episodi di malattia in anamnesi (sia maniacali/misti che depressivi) ed una percentuale più elevata di rapida ciclicità.
Dal momento che più della metà dei soggetti reclutati presenta una terapia in cui il litio viene associato ad un farmaco antiepilettico (63.3%), abbiamo indagato il rapporto tra valori di litiemia e tale associazione terapeutica; dai dati emerge che questi soggetti presentano valori più elevati di litiemia, suggerendo ancora un volta come nel nostro campione ad una maggiore gravità del disturbo, documentata dalla necessità di impiegare una polifarmacoterapia, corrisponda un dosaggio di litio più elevato.
Abbiamo infine cercato di approfondire le relazioni tra valori di litiemia e decorso del Disturbo bipolare. In accordo con la letteratura, i risultati sembrano suggerire i benefici sull’andamento della sintomatologia prodotti dal litio, se i livelli ematici risultano entro il range terapeutico: i pazienti con valori medi di litiemia superiore a 0.50 mEq/L hanno difatti presentato durante il follow-up un miglioramento del decorso clinico in percentuale significativamente superiore rispetto ai soggetti con litiemia media inferiore al range terapeutico; il miglioramento del decorso clinico è risultato particolarmente evidente nei pazienti che al momento del reclutamento presentavano una fase maniacale e mista. Questi dati preliminari, tuttavia, non ci permettono di trarre alcuna conclusione per quanto riguarda l’efficacia del litio nel lungo termine, in considerazione della breve durata del periodo di osservazione.
In conclusione, quindi, il nostro studio ha evidenziato come, nonostante le numerose alternative terapeutiche proposte negli ultimi anni, nella pratica clinica del nostro centro il litio sia un farmaco tutt’oggi usato prevalentemente in Bipolari I con esordio precoce, con polarità di esordio espansiva, elevato numero di ricorrenze, alta percentuale di comorbidità. Inoltre, emerge la tendenza ad impiegare il composto in associazione con antiepilettici, prevalentemente acido valproico, soprattutto in soggetti con fase maniacale o mista in atto. Infine, nel nostro campione, si rileva la tendenza a mantenerne i livelli ematici ai limiti inferiori dell’intervallo terapeutico consigliato: questa modalità di utilizzo, tuttavia, sembra correlare con una minore risposta terapeutica, almeno per quanto riguarda le ricadute con sintomatologia maniacale o mista. Infine, dobbiamo osservare che questi dati iniziali ci offrono solo uno piccolo spaccato di quello che è l’impiego del litio in un centro per il trattamento dei Disturbi bipolari, che non è rappresentativo della pratica clinica nelle diverse realtà terapeutiche.
Obiettivo futuro dello studio è quello di individuare le migliori modalità di impiego del litio, in monoterapia o in associazione, al fine di mantenerne invariata l’efficacia nel lungo temine, ridurre il rischio di effetti collaterali e tossicità ed aumentare la “compliance” del paziente. In questo modo si cerca di colmare il divario tra potenziale efficacia del trattamento e reale applicabilità nella pratica clinica.

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