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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06242024-170157


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
QUIRICONI, BENEDETTA
URN
etd-06242024-170157
Titolo
Carcinoma lobulare in situ florido e pleomorfo della mammella in forma pura: ricerca di un management standardizzato
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Scatena, Cristian
correlatore Dott. Ghilli, Matteo
Parole chiave
  • carcinoma lobulare in situ
  • f-lcis
  • florido
  • lcis
  • p-lcis
  • pleomorfo
Data inizio appello
15/07/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/07/2094
Riassunto
Il carcinoma lobulare in situ nelle sue due varianti florida (F-LCIS) e pleomorfa (P-LCIS), in virtù delle loro peculiari caratteristiche morfologiche e genetiche, possiede un'elevata probabilità di rappresentare un precursore non obbligato di forme neoplastiche infiltranti. La gestione clinica di queste forme neoplastiche è gravata da numerose incertezze, derivanti principalmente dalla rarità con cui queste varianti si presentano in forma pura e isolata. Si evidenzia la necessità di una classificazione precisa di quest’ultime, in quanto la variante F-LCIS è stata spesso sottovalutata rispetto anche alla variante P-LCIS, che, invece, veniva già riconosciuta come più aggressiva. La classificazione più recente della WHO del 2019 descrive, infatti, le varianti florida e pleomorfa come LIN3, sottolineando la loro maggiore aggressività. Inoltre, F-LCIS e P-LCIS, precedentemente considerati B3, sono ora classificati come B5a per la loro maggiore malignità e associazione frequente con il carcinoma invasivo.
Questo studio mira ad analizzare le modalità di gestione delle varianti florida e pleomorfa del carcinoma lobulare in situ in una coorte di pazienti arruolate presso le Breast Unit dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, dell’Ospedale di Livorno e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Senese dal 2009 al 2024. Lo studio ha ammesso pazienti con una diagnosi istologica di carcinoma lobulare in situ varianti florida e pleomorfa in forma pura alla biopsia preoperatoria, confermata dalla diagnosi istologica definitiva sul campione operatorio. Sono state escluse dallo studio le pazienti con diagnosi esclusiva di LCIS di tipo classico (C-LCIS) alla biopsia preoperatoria o con diagnosi preoperatoria di F-LCIS o P-LCIS associata a carcinoma infiltrante e/o carcinoma duttale in situ. I risultati evidenziano vari aspetti rilevanti relativi al trattamento, al tasso di recidiva e al tasso di upgrade a carcinoma invasivo.
L'analisi ha incluso 19 pazienti, tutte donne, di razza bianca ed etnia non ispanica, con un'età media di 61 anni (range 43-84 anni). Per ogni paziente sono stati raccolti vari dati al momento della diagnosi e durante il follow-up. Innanzitutto, sono stati considerati i dati clinici ed i risultati delle varie metodiche di imaging, come la mammografia (MMX), l’ecografia e la risonanza magnetica (MRI), associando a questi dati un BI-RADS di riferimento.
I casi di F-LCIS e P-LCIS diagnosticati tramite biopsia preoperatoria richiedono escissione chirurgica completa per una valutazione istologica accurata. Il trattamento, infatti, ha compreso un intervento chirurgico nel 100% dei casi e la biopsia del linfonodo sentinella (SLNB) nel 78,94% dei casi. Anche se non standardizzato, l'approccio per la gestione del linfonodo sentinella è da attenzionare maggiormente nei casi di F-LCIS e P-LCIS, similmente al carcinoma duttale in situ. Di tutte le pazienti, 6 (31,58%) hanno subito una quadrantectomia senza cavity shaving, mentre 5 (26,31%) sono state trattate con una quadrantectomia con cavity shaving. Le restanti pazienti, cioè 8 (42,10%), sono state sottoposte a mastectomia.
Successivamente, l'analisi istologica post-operatoria, oltre ad aver mostrato un upgrade a carcinoma invasivo nel 52,6% dei casi, è stata utile anche per valutare il pattern di distribuzione, l’espressione dei recettori ormonali degli estrogeni, del progesterone e degli androgeni, e l’espressione di HER2. Il 36,84% delle pazienti è stato sottoposto a radioterapia adiuvante, con la finalità di migliorare il controllo del tumore e la sopravvivenza complessiva. L'ormonoterapia è stata utilizzata nel 47,36% delle pazienti a scopo chemiopreventivo, data la alta percentuale di tumori con positività per i recettori ormonali.
È stata analizzata anche la gestione dei margini chirurgici di resezione: il 10,5% dei casi ha avuto margini positivi e il 15,7% margini a distanza inferiore di 1 mm dalla neoplasia, portando alla necessità di reinterventi chirurgici o radioterapia adiuvante.
Il 21,05% delle pazienti ha sviluppato recidive, tutte con diagnosi di carcinomi lobulari invasivi. Le recidive erano equamente distribuite tra ipsilaterali e controlaterali, e presentavano pattern unifocale o multifocale. Nessuna delle pazienti con recidiva aveva un carcinoma invasivo concomitante alla diagnosi istologica del campione operatorio iniziale.
La principale limitazione dello studio è stata la piccola dimensione del campione. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi su studi più ampi e multicentrici per confermare i risultati ottenuti, migliorando la prognosi e la qualità della vita delle pazienti con varianti florida o pleomorfa di carcinoma lobulare in situ. Questo studio ha esplorato vari aspetti della presentazione clinica e radiologica, della biopsia preoperatoria, dell'analisi istologica del campione chirurgico e del trattamento, includendo interventi chirurgici, terapie adiuvanti e gestione dei margini di exeresi chirurgica, con l'obiettivo di individuare un management standardizzato per queste tipologie di tumore. Dati l’alto tasso di upgrade a carcinoma invasivo e di recidiva, questi risultati suggeriscono di considerare le varianti pleomorfa e florida di carcinoma lobulare in situ come precursori non obbligati di carcinoma invasivo e non fattori di rischio. Dunque, un’attenta valutazione preoperatoria, che comprenda una diagnosi istopatologica corretta, unitamente ad un follow-up post-operatorio stretto sono essenziali per identificare le pazienti ad alto rischio e personalizzare le terapie.
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