Tesi etd-06242024-103442 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
ACCOGLI, PAOLO
URN
etd-06242024-103442
Titolo
"Determinanti dell'esecuzione della procedura di denervazione renale nei pazienti ipertesi: l'esperienza di un centro d'eccellenza europeo"
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Taddei, Stefano
correlatore Prof. Masi, Stefano
correlatore Prof. Masi, Stefano
Parole chiave
- aderenza terapeutica
- danno d'organo mediato dall'ipertensione
- denervazione renale
- frequenza cardiaca
- ipertensione arteriosa
Data inizio appello
15/07/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/07/2094
Riassunto
L'ipertensione arteriosa è definita come una pressione arteriosa sistolica ≥140 mmHg e una diastolica ≥90 mmHg misurata in ambulatorio tramite l’utilizzo di un dispositivo elettronico oscillometrico validato. L’ipertensione arteriosa, l’età, il sesso maschile, il fumo, l’ipercolesterolemia, il diabete, l’essere sovrappeso o obeso, la familiarità, l’attività fisica, e la presenza del danno d’organo mediato dall’ipertensione, tramite questi fattori si valuta il rischio cardiovascolare globale del paziente. Nel 2019 la prevalenza globale dell’ipertensione arteriosa era del 33% circa, rendendo l’ipertensione arteriosa il principale fattore di rischio per mortalità a livello globale. Solo il 40% circa dei pazienti ipertesi ricevevano terapia con farmaci ipotensivanti, e <50% di questi ultimi avevano valori di pressione ben controllati, con minime differenze fra uomini e donne. La prevalenza dell’ipertensione arteriosa aumenta nei paesi a basso reddito e si riduce in quelli ad alto reddito. La situazione è abbastanza simile anche in Italia, anche se sono presenti delle differenze fra gli uomini, in cui i valori pressori sono più elevati, e le donne, e fra le aree geografiche. Nel trattamento dell’ipertensione arteriosa, come in tutte le patologie croniche, è presente il problema dell’aderenza terapeutica, definita come la misura in cui il comportamento di una persona corrisponde alle raccomandazioni concordate con il proprio medico. Ad 1 anno dall’inizio dell’assunzione della terapia l’aderenza è riportata essere inferiore al 50%. L’aderenza terapeutica è condizionata dalla qualità del rapporto medico-paziente e dell’organizzazione sanitaria, dall’utilizzo di terapie di associazione in singola compressa e in mono-somministrazione giornaliera, e da eventuali comorbidità che condizionano l’assunzione della terapia.
Nel corso degli ultimi anni stanno nascendo nuovi approcci terapeutici per il paziente iperteso, che consentono di ridurre l’impatto della non-aderenza sull’efficacia della terapia. Tra questi, la denervazione renale ha un ruolo sempre più importante. Si tratta di una procedura sicura in cui si esegue l’ablazione delle efferenze simpatiche che arrivano ai reni e che attivano il sistema renina-angiotensina-aldosterone, inoltre ha un ruolo nella riduzione dell’iperattività simpatica presente nel paziente iperteso. Applicata a pazienti con e senza terapia antipertensiva, ha dimostrato di poter migliorare il controllo pressorio del paziente, anche se circa il 30% dei pazienti con ipertensione arteriosa non risponde alla procedura. Purtroppo, non sono ancora stati identificati chiari predittori della risposta alla denervazione renale, rendendo impossibile fornire al paziente anticipatamente una stima dell’efficacia della procedura. L’assenza di chiari predittori, inoltre, non consente di ottimizzare le risorse economiche e umane coinvolte nell’esecuzione della denervazione renale, con conseguenti costi sostenuti inutilmente dal Sistema Sanitario Nazionale per delle procedure eseguite sui pazienti che non risponderanno alle stesse. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare le caratteristiche dei pazienti sottoposti a procedura di denervazione renale in un centro specialistico per la gestione dell’ipertensione arteriosa rispetto a coloro che sono stati esclusi, al fine di comprendere se vi sono consciamente o inconsciamente delle caratteristiche del paziente che potrebbero spingere gli esperti nella gestione dell’ipertensione arteriosa ad eseguire la procedura. Basandosi sulla popolazione generale afferente all’ambulatorio del Centro Ipertensione dell’UO Medicina I, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, l’analisi si basa sul comparare le caratteristiche anagrafiche e antropometriche, sui fattori di rischio cardiovascolare come fumo, storia di eventi cardiovascolari, diabete mellito, dislipidemia, acido urico, creatinina e GFR(glomerular filtration rate), glicemia ed utilizzo di farmaci antiipertensivi nei pazienti che sono stati sottoposti a procedura di denervazione renale tra Aprile 2020 e Marzo 2023 rispetto a coloro che invece non hanno eseguito la procedura. Tramite l’ecocardiografia sono state studiate anche le caratteristiche di danno d’organo cardiaco mediato dall’ipertensione. Le differenze nelle variabili continue tra il gruppo sottoposto e non a denervazione renale sono state valutate tramite test t di Student per campioni indipendenti con Bonferroni per la post-hoc analisi. Le differenze tra variabili dicotomiche sono state valutate tramite test χ2. Un valore di P<0.05 è stato considerato come statisticamente significativo. Per lo studio sono stati riportati i dati clinici ed ecocardiografici di 18 pazienti sottoposti a denervazione e 261 controlli ipertesi. Dall’analisi è emerso che i pazienti sottoposti alla procedura di denervazione fossero più giovani (51 ± 9 anni gruppo denervati rispetto a 57 ± 10 anni gruppo non denervati, p=0.017), di sesso maschile e con scarso controllo pressorio (145±20/94±13 mmHg vs 138±18/86±11 mmHg, p=0.014), presentavano dei valori di trigliceridi e glicemia più elevati (trigliceridi: 144±55 mg/dl vs 110±62 mg/dl, p=0,052; glicemia: 111±38 mg/dl vs 94±19 mg/dl, p=0,001) mentre il valore di colesterolo LDL risultava più basso nei denervati (94±30 mg/dl vs 113±51 mg/dl; p=0,05). Il numero di farmaci assunti era anche esso maggiore nei pazienti denervati (3±1,45 vs 2±1,23, p=0,002), lo stesso vale per la frazione di eiezione(62,38±4,16% vs 59,13±2,33% ; p=0,07), la dilatazione dell’atrio sinistro (53,85±17,83 ml vs 34,91±11,68 ml, p=0,002), il setto interventricolare(1,19±0,15 cm vs 1,10±0,15 cm, p=0,038) e la massa del ventricolo sinistro indicizzata per superficie corporea (114,71±27,83 g/ m2 vs 111,34±26,47 g/ m2, p=NS). Questo studio dimostra come i fattori che indirizzano verso la procedura di denervazione siano da ricercare in uno scarso controllo pressorio nonostante la terapia massimale, probabilmente legato ad un fenotipo metabolico di insulino-resistenza che rende più difficoltoso il raggiungimento di un adeguato controllo pressorio. Emerge inoltre come la presenza del danno d’organo cardiaco possa rappresentare un importante fattore condizionante la scelta di eseguire la procedura. Lo studio presenta, tuttavia, dei limiti poiché è monocentrico, il gruppo dei pazienti denervati è poco numeroso(n=18), sono stati utilizzati dei dati osservazionali in cui potrebbero mancare delle variabili importanti per caratterizzare i pazienti, non sono presenti informazioni sull’esito della procedura. Nonostante questo, l’analisi dimostra, pur trattandosi di dati preliminari, come la selezione dei pazienti dipenda da fattori legati alla difficoltà nell’ottenere un buon controllo pressorio nonostante la terapia, identificando la presenza di un quadro clinico di sindrome metabolica come uno dei possibili motivi per lo scarso controllo pressorio in questi pazienti.
Nel corso degli ultimi anni stanno nascendo nuovi approcci terapeutici per il paziente iperteso, che consentono di ridurre l’impatto della non-aderenza sull’efficacia della terapia. Tra questi, la denervazione renale ha un ruolo sempre più importante. Si tratta di una procedura sicura in cui si esegue l’ablazione delle efferenze simpatiche che arrivano ai reni e che attivano il sistema renina-angiotensina-aldosterone, inoltre ha un ruolo nella riduzione dell’iperattività simpatica presente nel paziente iperteso. Applicata a pazienti con e senza terapia antipertensiva, ha dimostrato di poter migliorare il controllo pressorio del paziente, anche se circa il 30% dei pazienti con ipertensione arteriosa non risponde alla procedura. Purtroppo, non sono ancora stati identificati chiari predittori della risposta alla denervazione renale, rendendo impossibile fornire al paziente anticipatamente una stima dell’efficacia della procedura. L’assenza di chiari predittori, inoltre, non consente di ottimizzare le risorse economiche e umane coinvolte nell’esecuzione della denervazione renale, con conseguenti costi sostenuti inutilmente dal Sistema Sanitario Nazionale per delle procedure eseguite sui pazienti che non risponderanno alle stesse. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare le caratteristiche dei pazienti sottoposti a procedura di denervazione renale in un centro specialistico per la gestione dell’ipertensione arteriosa rispetto a coloro che sono stati esclusi, al fine di comprendere se vi sono consciamente o inconsciamente delle caratteristiche del paziente che potrebbero spingere gli esperti nella gestione dell’ipertensione arteriosa ad eseguire la procedura. Basandosi sulla popolazione generale afferente all’ambulatorio del Centro Ipertensione dell’UO Medicina I, dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, l’analisi si basa sul comparare le caratteristiche anagrafiche e antropometriche, sui fattori di rischio cardiovascolare come fumo, storia di eventi cardiovascolari, diabete mellito, dislipidemia, acido urico, creatinina e GFR(glomerular filtration rate), glicemia ed utilizzo di farmaci antiipertensivi nei pazienti che sono stati sottoposti a procedura di denervazione renale tra Aprile 2020 e Marzo 2023 rispetto a coloro che invece non hanno eseguito la procedura. Tramite l’ecocardiografia sono state studiate anche le caratteristiche di danno d’organo cardiaco mediato dall’ipertensione. Le differenze nelle variabili continue tra il gruppo sottoposto e non a denervazione renale sono state valutate tramite test t di Student per campioni indipendenti con Bonferroni per la post-hoc analisi. Le differenze tra variabili dicotomiche sono state valutate tramite test χ2. Un valore di P<0.05 è stato considerato come statisticamente significativo. Per lo studio sono stati riportati i dati clinici ed ecocardiografici di 18 pazienti sottoposti a denervazione e 261 controlli ipertesi. Dall’analisi è emerso che i pazienti sottoposti alla procedura di denervazione fossero più giovani (51 ± 9 anni gruppo denervati rispetto a 57 ± 10 anni gruppo non denervati, p=0.017), di sesso maschile e con scarso controllo pressorio (145±20/94±13 mmHg vs 138±18/86±11 mmHg, p=0.014), presentavano dei valori di trigliceridi e glicemia più elevati (trigliceridi: 144±55 mg/dl vs 110±62 mg/dl, p=0,052; glicemia: 111±38 mg/dl vs 94±19 mg/dl, p=0,001) mentre il valore di colesterolo LDL risultava più basso nei denervati (94±30 mg/dl vs 113±51 mg/dl; p=0,05). Il numero di farmaci assunti era anche esso maggiore nei pazienti denervati (3±1,45 vs 2±1,23, p=0,002), lo stesso vale per la frazione di eiezione(62,38±4,16% vs 59,13±2,33% ; p=0,07), la dilatazione dell’atrio sinistro (53,85±17,83 ml vs 34,91±11,68 ml, p=0,002), il setto interventricolare(1,19±0,15 cm vs 1,10±0,15 cm, p=0,038) e la massa del ventricolo sinistro indicizzata per superficie corporea (114,71±27,83 g/ m2 vs 111,34±26,47 g/ m2, p=NS). Questo studio dimostra come i fattori che indirizzano verso la procedura di denervazione siano da ricercare in uno scarso controllo pressorio nonostante la terapia massimale, probabilmente legato ad un fenotipo metabolico di insulino-resistenza che rende più difficoltoso il raggiungimento di un adeguato controllo pressorio. Emerge inoltre come la presenza del danno d’organo cardiaco possa rappresentare un importante fattore condizionante la scelta di eseguire la procedura. Lo studio presenta, tuttavia, dei limiti poiché è monocentrico, il gruppo dei pazienti denervati è poco numeroso(n=18), sono stati utilizzati dei dati osservazionali in cui potrebbero mancare delle variabili importanti per caratterizzare i pazienti, non sono presenti informazioni sull’esito della procedura. Nonostante questo, l’analisi dimostra, pur trattandosi di dati preliminari, come la selezione dei pazienti dipenda da fattori legati alla difficoltà nell’ottenere un buon controllo pressorio nonostante la terapia, identificando la presenza di un quadro clinico di sindrome metabolica come uno dei possibili motivi per lo scarso controllo pressorio in questi pazienti.
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