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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06192025-111349


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BOLDRINI, GIULIA
URN
etd-06192025-111349
Titolo
Sintesi di derivati amminoacidici e guanidinici di SG2 a potenziale attività neuroprotettiva
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Rapposelli, Simona
Parole chiave
  • autofagia
  • derivati diarilmetanici.
  • neurodegenerazione
Data inizio appello
09/07/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/07/2095
Riassunto
Le malattie neurodegenerative sono un insieme di patologie del sistema nervoso centrale
caratterizzate da un deterioramento progressivo delle funzioni neuronali. Tra le malattie più diffuse e
studiate vi sono la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson; ma il gruppo comprende anche
patologie meno frequenti come la malattia di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la
demenza frontotemporale. Sebbene ogni patologia presenti caratteristiche distintive e sia associata a
un ampio spettro di sintomi, le forme più comuni condividono il declino cognitivo e la disfunzione
delle capacità motorie. Tra le cause alla base di questa sintomatologia si rileva un accumulo anomalo
di proteine: nel morbo di Alzheimer si osservano depositi extracellulari di β-amiloide e grovigli
neurofibrillari intracellulari formati dalla proteina tau iperfosforilata. Nel Parkinson è invece presente
un accumulo della proteina α-sinucleina (sotto forma di corpi di Lewy, ad esempio). Gli aggregati
proteici interferiscono con la comunicazione sinaptica attivando i processi di infiammazione e di
stress ossidativo e portando, progressivamente, alla morte neuronale. Nei neuroni dei pazienti affetti
da Alzheimer si osserva, inoltre, un accumulo di autofagosomi e di autolisosomi non degradati che
indica un malfunzionamento nel processo di degradazione cellulare, alla base di questa patologia.
Questo meccanismo cellulare fondamentale è l’autofagia. Grazie alla degradazione dei componenti
danneggiati o non funzionanti quali proteine mal ripiegate, organelli compromessi e aggregati proteici
permette di mantenere l’equilibrio metabolico interno riciclando i substrati molecolari essenziali
riutilizzabili dalla cellula per sostenere le proprie funzioni vitali. Il processo autofagico si articola in
tre fasi principali. A partire da segnali intracellulari specifici, attivati in condizioni di stress (ad
esempio in carenza di nutrimento), si genera il fagoforo, una struttura a sacco con doppia membrana.
Espandendosi progressivamente il fagoforo avvolge le componenti da degradare e dà origine a un
vacuolo a doppia membrana chiuso, chiamato autofagosoma. Una volta maturo l’autofagosoma si
fonde con il lisosoma, organello intracellulare ricco di enzimi idrolitici, generando l’autolisosoma. Il
meccanismo autofagico è soggetto a una fine regolazione, al centro della quale si trovano i geni ATG
(Autophagy-Related Genes) che agiscono in sinergia con chinasi sensibili allo stato energetico della
cellula: l’AMPK (AMP-activated Protein Kinase) e il complesso mTORC1 (Mechanistic Target of
Rapamycin Complex 1). La prima si attiva in carenza di energia, quando il rapporto AMP/ATP cresce
e porta all’attivazione del processo autofagico fosforilando e attivando ULK1, promotore della
formazione degli autofagosomi. La seconda si attiva invece in presenza abbondante di nutrienti
inibendo l’espressione dei geni ATG. I due fattori agiscono quindi in un equilibrio dinamico che
garantisce il corretto funzionamento del processo autofagico, fondamentale per contrastare la
formazione degli aggregati proteici, propri delle patologie neurodegenerative. I farmaci attualmenteapprovati per il trattamento nei pazienti affetti, quasi senza eccezioni, mirano ad alleviare i sintomi,
senza intervenire sulle cause primarie della malattia. Alla luce di queste limitazioni, la ricerca sta
focalizzando l’attenzione verso approcci terapeutici innovativi e in particolare la modulazione
dell’autofagia emerge come strategia potenzialmente efficace. Sulla base di queste premesse, il
gruppo di ricerca presso il quale ho svolto la mia attività di tesi si è indirizzato verso la sintesi di
composti diarilmetanici. Tra i derivati ottenuti, un composto denominato SG2 ha dimostrato un
notevole potenziale neuroprotettivo. Questo composto è stato testato su ceppi malati di
Caenorhabditis elegans che presentavano una paralisi motoria indotta dall’accumulo di placche Aβ
e il trattamento con SG2 ha parzialmente ripristinato la motilità dei ceppi analizzati. Inoltre, studi di
espressione genica condotti sia sulle cellule in coltura sia sui nematodi hanno evidenziato che SG2
agisce aumentando l’espressione dei geni ATG. Per quanto riguarda i bersagli molecolari con cui
interagisce, in seguito ad analisi preliminari di target deconvolution, sono stati ipotizzati due
potenziali target. Si è osservata un’interazione del composto con la proteina HSP70 (Heat Shock
Protein 70), una proteina chaperone fondamentale nella proteostasi cellulare che facilita il corretto
ripiegamento delle proteine, impedendo e prevenendo la formazione di depositi proteici tossici.
Un’altra possibile interazione riscontrata potrebbe essere quella con la proteina MAP1 (Microtubule
Associated Protein 1), questa mediante l’interazione con LC3 (Microtubule-associated protein 1 light
chain 3) è coinvolta nei processi di regolazione del citoscheletro ed è essenziale per facilitare il
movimento degli autofagosomi lungo i microtubuli e per permettergli il raggiungimento dei lisosomi.
Sebbene siano necessarie conferme sperimentali aggiuntive, questi risultati preliminari suggeriscono
che i derivati diarilmetanici come SG2 sono promettenti candidati terapeutici per le malattie
neurodegenerative. Accanto agli studi sull’efficacia, SG2 è stato caratterizzato dal punto di vista
farmacocinetico e tossicologico. Il composto si è dimostrato relativamente stabile dal punto di vista
metabolico, tuttavia, è stato riscontrato che a concentrazioni elevate (circa 10 µM) provoca una lieve
cardiotossicità, dovuta all’inibizione del canale del potassio hERG. Questo risultato evidenzia
l’esigenza di ottimizzare la struttura della molecola per ridurre tale criticità senza compromettere la
sua attività terapeutica. Per questa ragione, il progetto di tesi si è concentrato sulla progettazione e
sulla sintesi di nuovi analoghi di SG2 con migliori proprietà drug-like. L’obiettivo è stato modificare
selettivamente i sostituenti sullo scheletro diarilmetanico per cercare di aumentare la biodisponibilità
e di ridurre la tossicità cardiaca, mantenendo al contempo le proprietà neuroprotettive e la capacità di
stimolare l’autofagia. Nei capitoli successivi verranno illustrati i dettagli delle strategie di sintesi
adottate, le tecniche di purificazione dei composti, la caratterizzazione analitica degli intermedi e dei
prodotti finali ottenuti.
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