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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06172024-110557


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
LA MURA, SARA
URN
etd-06172024-110557
Titolo
'Il Paese dei Balocchi' - Studio dei Giochi da Tavola nell'Antico Egitto
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
ORIENTALISTICA: EGITTO, VICINO E MEDIO ORIENTE
Relatori
relatore Miniaci, Gianluca
Parole chiave
  • Ancient Egypt
  • Antico Egitto
  • board games
  • Cani e sciacalli
  • Dogs and jackals
  • giochi da tavola
  • Gioco delle venti caselle
  • hounds
  • Mehen
  • Senet
  • Twenty squares game
Data inizio appello
05/07/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
05/07/2094
Riassunto
Questa tesi verte sullo studio degli antichi giochi da tavola egiziani. In generale, le registrazioni archeologiche dell’Egitto hanno fornito circa 5000 anni di storia dei giochi.
I quattro più comunemente ritrovati, sono il ‘Cani e Sciacalli’, il ‘gioco delle 20 caselle’, la senet ed il mehen. La loro evidenza archeologica arriva in tre forme: fisica, visiva e testuale. Gli oggetti fisici includono qualunque tavola da gioco, i pezzi ad essa associati, ed i dispositivi di casualità. Le forme visive sono le rappresentazioni nei dipinti tombali. L’evidenza testuale sono i testi geroglifici che menzionano i giochi.

‘Cani e Sciacalli’ è documentato dalle rive del Nilo fino ai confini dell’Iran, sebbene in Egitto siano quasi esclusivamente attestati durante il Medio Regno (2040-1650 a.C.).
La forma di queste tavole da gioco può essere riassunta in quattro diverse categorie: 1) a forma di scudo; 2) a forma di violino; 3) antropoide; 4) antropoide con un’appendice rotonda.
La superficie da gioco reca tipicamente due file centrali, di 10 fori ciascuna, più due file esterne, di 19 fori ciascuna, ed un foro più ampio all’estremità superiore. Alcuni fori sono marcati da incisioni, da rosette, oppure da iscrizioni; altre, sono collegate da una linea che permetteva ad un giocatore di far avanzare il proprio pezzo o di obbligarlo ad arretrare.
Una descrizione delle regole non è sopravvissuta, ma sono stati fatti diversi tentativi di ricostruirle: ciascun giocatore iniziava al centro della tavola, scendeva la fila mediana e rimontava lungo il bordo esterno per finire nella mèta comune dalla forma di shen.
Poiché non se ne conosce il nome originale, è stato ribattezzato ‘Cani e Sciacalli’ per via delle particolari pedine che lo caratterizzano. Infatti, la tavola proveniente da Tebe e datata alla XII Dinastia è l’unico set sopravvissuto trovato con i propri pezzi: 5 pioli con teste di cane e 5 con teste di sciacallo. Per quanto riguarda i dispositivi di casualità, nessun gioco di ‘Cani e Sciacalli’ egiziano è stato trovato insieme ad essi.
Il gioco potrebbe avere avuto una funzione rituale per via della presenza degli sciacalli sui pioli e della trasformazione antropomorfa della tavola, ma non possiamo esserne certi.

Il ‘gioco delle 20 caselle’ è così conosciuto per via del numero di spazi che costituiscono la sua superficie: si tratta perciò di un nome moderno, poiché non si conosce quello originale. L’egittologo Samuel Birch ipotizzò che fosse tchau; un altro nome con cui è noto è aseb, perché potrebbe esser stato ritratto tra i giochi dipinti in due sepolture di XI Dinastia a Beni Hasan.
Il ‘gioco delle 20 caselle’ fu popolare in tutto il Vicino Oriente, dal Levante all’Iran, mentre gli esemplari ciprioti rappresentano l’evidenza più occidentale; in Egitto, nessun esemplare è stato trovato prima della XVII Dinastia.
L’aspetto generale del gioco è quello di un blocco di 3 file da 4 caselle ognuna con un prolungamento di altre 8 nella linea mediana con ogni volta la 4° casella marcata con un segno specifico: motivi geometrici (rettangoli ed ‘X’), rosette e segni geroglifici (ankh, nefer, doppio nefer e udjat); nome e titolatura del proprietario. Le pedine erano le stesse della senet, così come gli agenti di casualità.
Il più antico esemplare rinvenuto è una scatola in legno ed avorio di XVII Dinastia, ora al Museo del Cairo. Sui lati lunghi si trova una rappresentazione tipica dello Stile Internazionale. Infatti, lo spazio in avanzo delle due file esterne era occupato da una lunga striscia per fila, che poteva venire iscritta con un testo, decorata con delle rappresentazioni, o semplicemente lasciata in bianco.
Le ‘20 caselle’ sembrerebbe esser stato un gioco di corsa in cui i giocatori tentavano di far uscire tutti i propri pezzi dalla tavola. L’evidenza finora raccolta non permette un’interpretazione simbolica.

Il gioco costituito da 30 caselle era chiamato senet, il cui significato è “passare”, oppure “passaggio”; potrebbe riferirsi sia alle pedine che passano attraverso la tavola, che al passaggio del ba attraverso l’oltretomba.
Le caselle sono sistemate in 3 file da 10 ognuna, con alcune segnate ad indicare un evento speciale durante lo svolgimento, in special modo gli ultimi cinque. Le tavole si presentano in tre forme principali: lastre, graffite, e scatole.
Le caselle seguono uno schema bustrofedico, da in alto a sinistra a in basso a destra. La casella 26 era segnata con la parola nefer; la 27 era considerata una trappola, infatti era segnata da una X o dal geroglifico per “acqua”; la casella 28 mostra sempre una variazione sul numero tre; la 29, similmente, riporta sempre una variazione sul numero due. L’ultima era quella di Ra-Horakhty.
La senet veniva giocata con due set di pedine distinte dalla dimensione, dal colore, o dalla forma; i materiali variano dal legno, all’avorio ed alla faïence.
I giocatori muovevano i propri pezzi secondo il lancio di un agente di casualità nella forma di bastoncini da lancio o di astragali. Ogni bastoncino era un pezzettino di legno, piatto da una parte ‒ spesso bianca ‒ ed arrotondato dall’altra ‒ nera o scurita. Gli astragali hanno completamente sostituito i bastoncini nella XIX Dinastia; questi erano le nocche di pecore, capre, ed altri animali da fattoria, utilizzati come dispositivo di casualità perché hanno quattro lati distinti.
La senet è attestata attraverso l’intero arco della storia egiziana: dall’Epoca Protodinastica fino ad almeno la XXVI Dinastia. L’evidenza più antica del gioco arriva dalla comparsa del geroglifico men, mentre le ultime tavole ritrovate sono di XXVI Dinastia, scalfite sulle superfici di piatti in terracotta provenienti dalla fortezza di Tell Defenneh. La senet viene citata per la prima volta nei Testi dei Sarcofagi in solo tre incantesimi ‒ il 335, il 405 ed il 1019 ‒ mentre il Capitolo 17 del Libro dei Morti descrive il ba mentre gioca a senet in un padiglione. C’è poi uno scritto detto Gran Testo dei Giochi, che tratta dello sfondo mitologico della senet, conservato solo in tre copie: un papiro in ieratico al Museo Egizio del Cairo, uno in geroglifico al Museo Egizio di Torino, e nella tomba di Inherkau a Deir el-Medina datata alla XX Dinastia. Per la fine del periodo Romano, la senet scomparve dalla mappa culturale dell’Egitto.

Infine, il nome dell’ultimo gioco era mehen, che significa “arrotolare” o l’“Arrotolato”. Si tratta dello stesso nome del dio Mehen, un immenso serpente la cui funzione era di avvolgere il dio del sole nelle sue spire, così da proteggerlo.
Il mehen venne giocato solo in Epoca Protodinastica e nell’Antico Regno. La sua prima rappresentazione è contenuta in una mastaba a Saqqara di III Dinastia, mentre l’ultima è la molto incerta costruzione di una tavola in una tomba datata al Primo Periodo Intermedio.
Il percorso da gioco è nella forma del serpente arrotolato, sia in senso orario che in senso antiorario. La testa è nel mezzo, mentre la coda è all’esterno. Le tavole sopravvissute sono in pietra, faïence, o avorio; tutti materiali ben conservati nelle registrazioni archeologiche, ma è possibile che fossero state prodotte anche in legno, e che non siano sopravvissute. Alcune tavole, infine, contengono una protuberanza.
Gli accessori del gioco consistevano in 6 set di biglie colorate di 6 biglie ciascuno, ed in 6 figure da gioco zoomorfe solitamente nella forma di 3 leoni e 3 leonesse. La maggior parte di quest’ultimo tipo è in avorio, mentre altri sono in terracotta o pietra. Anche le ‘biglie’ sono fatte in un’ampia varietà di materiali e colori.
Le regole per giocare a mehen sono sconosciute. Nella maggior parte delle ricostruzioni, sembra essere una combinazione tra un gioco di corsa ed uno di cattura, con degli elementi strategici.
L’obiettivo era di viaggiare lungo il corpo del serpente per raggiungere il luogo in cui abitava Ra, e quindi unirsi a lui nel suo ciclo di rinascita eterna. Il fatto che alcune tavole fossero create con delle protuberanze somiglianti a teste di tartaruga, o che altre presentino una testa d’oca che emerge dalla coda del serpente, suggerisce un significato magico. La tartaruga potrebbe esser stata vista con sospetto ed ostilità ispirati dalla sua oscura vita subacquea, ed è probabile che fosse considerata un nemico mitologico di Ra durante il passaggio notturno attraverso l’oltretomba. La testa d’oca, alla fine della coda, probabilmente allude all’oca primigenia, che in un antico mito della creazione depose l’uovo dal quale Ra si era schiuso. Nell’Antico Regno, troviamo il dio Mehen principalmente nei Testi delle Piramidi. Mentre invece, i cosiddetti ‘Misteri di Mehen’ sono stati trovati registrati nei Testi dei Sarcofagi e più tardi nel Libro dei Morti.
Dopo l’Antico Regno, l’evidenza a nostra disposizione per il mehen improvvisamente scompare, sia nelle registrazioni archeologiche che in quelle artistiche. Alcuni studiosi hanno sostenuto che la scomparsa del gioco sia fondata sulla fine dell’Antico Regno, mentre l’archeologo Timothy Kendall sostiene che potrebbe essere dovuta ad una preoccupazione religiosa: i serpenti delle tavole erano scanalate così da contenere i pezzi, e quindi venivano ‘tagliati’, perciò questo potrebbe esser stato visto come ucciderlo.
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