Tesi etd-05132025-190945 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
NANNINI, GIULIA
URN
etd-05132025-190945
Titolo
Biomarcatori diagnostici e prognostici nell'amiloidosi vascolare cerebrale
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Baldacci, Filippo
Parole chiave
- angiopatia amiloide cerebrale
- biomarcatori diagnostici
- biomarcatori prognostici
- sangue
Data inizio appello
10/06/2025
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questo studio ha l’obiettivo di indagare l’utilità del dosaggio di biomarcatori su sangue per implementare l’affidabilità diagnostica in contesto di CAA. Lo studio si articola in due macrofasi: una prima fase cross-sectional e una seconda fase di tipo prospettico. Nella fase iniziale, sono state analizzate le concentrazioni di beta-amiloide 40 e 42 e di proteina tau totale nei globuli rossi di 55 pazienti (età mediana 75 anni; media 71,1 ± 0,9) con diagnosi di CAA possibile o probabile, confrontandole con quelle di 20 soggetti sani di pari età e sesso. Inoltre, è stato effettuato un confronto dei medesimi biomarcatori tra due sottogruppi di pazienti CAA, differenziati in base alle lesioni rilevate mediante risonanza magnetica. Il primo gruppo comprendeva 22 pazienti con sole microemorragie lobari (CMBs – cerebral microbleeds), mentre il secondo includeva 33 pazienti con microemorragie associate ad emosiderosi corticale superficiale (cSS – cortical superficial siderosis), condizione che comporta un rischio maggiore di emorragie cerebrali. La fase prospettica dello studio mira a valutare un’eventuale correlazione tra i valori basali dei biomarcatori e l’insorgenza di emorragia intracerebrale (ICH) durante il follow-up clinico a tre anni dalla diagnosi.I nostri risultati hanno evidenziato un aumento significativo dei livelli di ciascuno dei tre biomarcatori analizzati nei globuli rossi dei soggetti affetti da CAA, rispetto ai controlli sani (p < 0,01 per ciascun marcatore), indipendentemente dal tipo di lesione cerebrale rilevata alla risonanza magnetica. Dal confronto tra i pazienti con CAA affetti da emosiderosi e quelli con sole microemorragie sono emerse differenze potenzialmente significative, che tuttavia necessitano di conferma in studi su coorti di dimensioni maggiori. In particolare, i livelli di Aβ 1-42 risultano aumentati nei soggetti con emosiderosi (p = 0,08), mentre non sono emerse differenze significative per t-tau e Aβ 1-40 tra i due gruppi. All’interno del sottogruppo con emosiderosi, il 45,5% dei pazienti presenta una forma focale, mentre il restante 54,5% manifesta una forma disseminata. Tuttavia, l’analisi dei livelli dei biomarcatori in relazione alla tipologia di CSS non ha evidenziato differenze statisticamente significative. Questo suggerisce che potrebbe essere la sola presenza della CSS, più che la sua estensione o distribuzione, a influenzare i livelli circolanti dei biomarcatori. Per valutare il potenziale ruolo prognostico di questi biomarcatori nel contesto della CAA, abbiamo confrontato i valori di 13 pazienti che hanno sviluppato un’emorragia intracerebrale lobare con quelli dei restanti 42 soggetti. Nessuno dei biomarcatori analizzati ha mostrato differenze significative tra i due gruppi.In conclusione, i risultati ottenuti, coerenti con quanto riportato in precedenti studi sui biomarcatori sierici, evidenziano la potenziale utilità di tali marcatori sia nella discriminazione tra individui sani e pazienti affetti, sia nella stratificazione di quest’ultimi in sottogruppi clinicamente rilevanti. La conferma di quest’ultima osservazione richiederà l’inclusione di una coorte più ampia, al fine di aumentarne la significatività statistica. Per quanto concerne l’impiego dei biomarcatori sierici a scopo prognostico, la condizione risulta particolarmente complessa e influenzata da molteplici variabili. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’evento emorragico rappresenta il punto di convergenza di molteplici fattori di rischio concomitanti: ipertensione non controllata, dislipidemie, traumi cranici, uso cronico di FANS o l’assunzione di anticoagulanti. Pertanto, allo stato attuale, la sensibilità e specificità dei biomarcatori non appaiono ancora sufficienti per un’applicazione clinica affidabile in ambito prognostico. Non si può escludere, però, che l'integrazione delle analisi dei biomarcatori sierici con una caratterizzazione più approfondita dello stato clinico di ciascun paziente possa condurre a risultati differenti rispetto a quelli finora ottenuti. Qualora, infatti, emergesse una forte correlazione tra la gravità del quadro clinico e i livelli delle proteine analizzate, sarebbe possibile trasformare radicalmente il modo in cui i medici monitorano e trattano l’angiopatia amiloide cerebrale, offrendo uno strumento prezioso per una gestione più tempestiva e personalizzata.
File
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