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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05112015-110245


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
SUTERA, DONATELLA
URN
etd-05112015-110245
Titolo
Valutazione della funzionalita' linfocitaria in soggetti con Immunodeficienza Comune Variabile
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Migliorini, Paola
Parole chiave
  • citochine
  • immunodeficienze primitive
  • linfociti
  • monociti
Data inizio appello
26/05/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Con il termine Sindrome da Immunodeficienza (ID) si intende un insieme di segni e sintomi dovuti a un deficit del funzionamento del sistema immunitario che si traduce in una aumentata suscettibilità alle infezioni in termini di frequenza, durata e gravità. Tali pazienti presentano inoltre un maggior rischio di sviluppare alcuni tipi di neoplasie e aumento della frequenza di malattie autoimmuni. Le ID vengono suddivise in Primitive o congenite e in Secondarie o acquisite. Le immunodeficienze primitive sono caratterizzate da alterazioni geniche e si possono manifestare già in età neonatale ed infantile o più tardivamente, nell'età adulta. Di queste fanno parte la ID dovute ad 1) alterazioni del sistema dei fagociti, 2) alterazioni del Complemento, 3) alterazioni dei linfociti B 4) alterazioni dei linfociti T ed 5) alterazioni da deficit combinati di B e T.
Lo scopo della tesi e’ quello di valutare in 20 soggetti con ID primitive la funzionalità dei linfociti e monociti circolanti dopo purificazione dal sangue periferico. Abbiamo dosato la quantità di IL-5, IL-2, IL-10, IL-12, INFγ e TNFα nel supernatante di colture linfo-monocitarie sia basale che dopo stimolazione con mitogeni. La produzione delle citochine e’ stata valutata dopo 1, 3 e 5 giorni di coltura. Dal nostro studio si evince che nessuno dei pazienti esaminati producono IL-5 sia basale che dopo stimolazione con mitogeni; 2 pazienti invece producono IL-12, 5 pazienti IL-10, mentre la maggior parte dei soggetti analizzati producono sia INFγ che TNFα. I risultati sono stati successivamente messi in relazione con i fenotipi clinici di malattia secondo Chapel et al. e i fenotipi linfocitari esaminati con citofluorometria.
Il primo parametro preso in esame è il numero di linfociti B, che è variabile ma solo in 4 pazienti (2 s. di Bruton e 2 IDCV) le B sono ridotte o assenti.
In circa il 10% delle IDCV i B linfociti sono inferiori a 1% del linfociti periferici; questi soggetti presentano un difetto delle fasi precoci di maturazione delle cellule B.
Degli altri 6 pazienti affetti da IDCV, 3 mostrano una riduzione delle cellule B switched memory, che si accompagna a riduzione più marcata dei livelli di immunoglobuline, alla presenza di splenomegalia e ad una frequenza superiore di malattia granulomatosa. In accordo con i dati della letteratura, anche i nostri pazienti con riduzione delle cellule B switched memory mostrano un quadro più grave caratterizzato dalla coesistenza di infezioni
di citochine.
Anche in questo studio abbiamo dimostrato una riduzione delle CD4 positive, molto marcata in 3 pazienti soprattutto a carico delle cellule naive e associata in due pazienti ad una riduzione delle CD8 naive.
Questi 2 pazienti presentano anche la riduzione delle cellule B switched memory e il fenotipo clinico più grave (infezioni, autoimmunità e linfoproliferazione), confermando la relazione già osservata fra riduzione delle CD4 naive e fenotipo con linfoproliferazione o autoimmunità.
Concludendo, nonostante la piccola numerosità del campione è stato possibile trovare delle forti correlazioni tra clinica, tipizzazione linfocitaria e funzionalità, L’applicazione di questo tipo di analisi è quindi necessaria per il corretto inquadramento dei pazienti con IDP.
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