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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05092025-172819


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
PIERINI, GIULIA
URN
etd-05092025-172819
Titolo
Prognosi e fattori predittivi nel carcinoma midollare sporadico della tiroide: esperienza di 50 anni in un centro di riferimento
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Elisei, Rossella
correlatore Dott. Matrone, Antonio
Parole chiave
  • carcinoma midollare sporadico della tiroide
  • prognosi
  • prognosis
  • sporadic medullary thyroid cancer
Data inizio appello
10/06/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
10/06/2095
Riassunto
Introduzione - Il carcinoma midollare della tiroide (medullary thyroid cancer – MTC) è una rara neoplasia endocrina che origina dalle cellule C – o parafollicolari – della tiroide, che si occupano di produrre calcitonina. Le cellule C rappresentano dal 2 al 4% della popolazione cellulare tiroidea, e questo giustifica la relativa minore frequenza del carcinoma midollare rispetto agli altri sottotipi di carcinoma tiroideo (papillare, follicolare, insulare, scarsamente differenziato e anaplastico) che originano, invece, da cellule di natura epiteliale.
Il carcinoma midollare della tiroide può presentarsi in forma sporadica (75% dei casi) e in forma ereditaria (25% dei casi). In ambedue le forme la patogenesi è prevalentemente dovuta all’attivazione (perlopiù associata a mutazioni puntiformi o piccole inserzioni/delezioni) del protooncogene RET, che risulta mutato a livello germinale nella quasi totalità delle forme familiari e, a livello somatico nella metà, circa, delle forme sporadiche.
Dal punto di vista clinico, si presenta classicamente come un nodulo singolo o nel contesto di un gozzo multinodulare, associato o meno a linfoadenopatie o a metastasi a distanza. Nei casi più avanzati, i sintomi d’esordio possono essere diarrea o flushing (a causa degli elevati livelli di calcitonina nel sangue) o, in rari casi, sintomi da secrezione ectopica di ACTH. Diversa è la presentazione delle neoplasie endocrine multiple (MEN).
La diagnosi prevede un dosaggio della calcitonina sierica, un’ecografia del collo (loggia tiroidea e stazioni linfonodali) ed eventualmente un esame citologico (agoaspirazione) o istologico (agobiopsia) della lesione in esame.
A seguito o in concomitanza alla diagnosi di MTC, è indicata la ricerca della mutazione RET su sangue che, se positiva, dev’essere estesa anche ai familiari di primo grado del paziente, come screening. Il trattamento di scelta è rappresentato dalla tiroidectomia totale con linfadenectomia del comparto centrale e, eventualmente, delle stazioni linfonodali laterocervicali.
Dopo il trattamento iniziale, il paziente può essere sottoposto ad ulteriori interventi chirurgici, a radioterapia esterna, ad ablazione a radiofrequenze o laser (nel caso di recidiva locale o linfonodale), oppure (nel caso di recidiva a distanza) a trattamenti specifici delle lesioni a distanza o, ancora, a terapie sistemiche, quali target therapies (inibitori delle tirosin-chinasi o TKI), terapie a base di radionuclidi – sebbene supportate da scarse evidenze – oppure altre terapie sistemiche, come analoghi della somatostatina o bifosfonati/RANK-L inibitori (solo nel caso di metastasi ossee).
Il follow-up prevede l’esecuzione di ecografia del collo, il dosaggio della calcitonina sierica e, se necessario, un agoaspirato (su lesioni sospette) oppure un’indagine strumentale, come la TC, nel sospetto di una recidiva a distanza.
Il comportamento biologico del MTC è molto più aggressivo rispetto agli altri carcinomi differenziati della tiroide, anche se meno aggressivo rispetto al carcinoma anaplastico. La prognosi dipende da molti fattori, ma lo stadio alla diagnosi rimane il fattore prognostico più rilevante nella maggior parte dei pazienti.
Scopo dello studio - Scopo del presente studio è stato quello di valutare la presentazione clinica e l’andamento della malattia nel corso del tempo in un’ampia casistica di pazienti affetti da carcinoma midollare sporadico della tiroide seguiti negli ultimi 50 anni in un Centro di Riferimento, valutando eventuali cambiamenti nella presentazione e nell’andamento di malattia dividendo i pazienti per anno di diagnosi.
Pazienti e metodi
Abbiamo valutato retrospettivamente i dati epidemiologici, clinici e patologici di 1001 pazienti afferiti presso l’U.O. Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana tra il 1961 e il 2024, con diagnosi istologica di carcinoma midollare sporadico della tiroide.
Criteri di esclusione sono stati:
- Pazienti con diagnosi istologica diversa da quella del carcinoma tiroidea (iperplasia delle cellule C, altro tipo di tumore tiroideo)
- Pazienti con carcinoma midollare familiare isolato (FMTC) o nel contesto di sindromi da neoplasie endocrine multiple (MEN 2A, MEN 2B).
Risultati - Abbiamo analizzato retrospettivamente una coorte di 1001 pazienti, prima nella sua totalità e in seguito suddividendoli in tre gruppi in base all’anno della diagnosi istologica: gruppo 1 con diagnosi ≤ all’anno 2000, gruppo 2 tra 2001 e 2012, e gruppo 3 tra 2013 e 2024. Il follow-up mediano è stato di 72 mesi mentre i dati sulla sopravvivenza sono riportati in una mediana di tempo di 92 mesi.
La prevalenza nei due sessi è cambiata nel tempo essendo più frequente nel sesso femminile nel gruppo 1 fino ad arrivare alla medesima prevalenza nei 2 sessi nel gruppo 3. L’età alla diagnosi è invece significativamente aumentata nel tempo, essendo inferiore nel gruppo 1 e superiore nel gruppo 3 (mediana 48 vs 56 aa). Abbiamo notato anche una modifica sostanziale nella tecnica chirurgica essendo nel tempo aumentati gli interventi di svuotamento linfonodale del comparto centrale con una contestuale riduzione di quello laterocervicale.
Nel tempo le dimensioni tumorali sono state inferiori, si è ridotto il numero di pazienti con metastasi del comparto centrale, laterocervicale e a distanza. Inoltre, i pazienti sono stati sottoposti sempre meno a ulteriori interventi, di qualunque tipologia, dopo la chirurgia iniziale.
L’analisi della sopravvivenza ha mostrato come nella coorte totale la DSS sia stata 86% a 5 aa e 80% a 10 aa, ricalcando quella che era anche l’OS. L’analisi per sottogruppi alla diagnosi ha evidenziato come, indipendentemente dall’anno della diagnosi, i pazienti con malattia intratiroidea alla diagnosi o con metastasi linfonodali del comparto centrale (N1a) avevano una sopravvivenza significativamente maggiore di quelli con metastasi linfonodali laterocervicali (N1b) o a distanza (M1). La differenza principale nel corso degli anni sembra essere una diagnosi più precoce e quindi un miglior outcome dei pazienti con malattia intratiroidea o con N1a, ma anche in parte N1b, rispetto invece ai pazienti M1 dove negli anni non sembra essere particolarmente cambiato l’outcome.
Conclusioni - Da questo studio è emerso come, nonostante vi siano diversi fattori a condizionare la prognosi, lo stadio alla diagnosi ne rappresenti il principale fattore predittivo. Il dosaggio di screening della calcitonina sierica e l’ecografia, consentendo una diagnosi precoce, hanno permesso di diagnosticare neoplasie sempre più piccole, meno estese e diffuse, e di ridurre il numero di pazienti affetti da metastasi linfonodali e/o a distanza alla diagnosi, nonché di coloro che eseguivano altre terapie dopo la chirurgia.
Questo lavoro ha anche dimostrato un miglioramento della sopravvivenza malattia-specifica, con particolare riguardo ai casi intratiroidei e con metastasi linfonodali. Resta ancora da migliorare la sopravvivenza dei casi, peraltro numericamente ridotti, che si presentano con metastasi a distanza al momento della diagnosi.
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