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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04262021-123748


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
NAPOLI, FRANCESCA
URN
etd-04262021-123748
Titolo
Il ruolo degli Stati Uniti nel conflitto arabo-israeliano: elementi di continuità e discontinuità tra presidenze democratiche e repubblicane in una prospettiva storica
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
STUDI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof. Paoli, Simone
Parole chiave
  • conflitto arabo-israeliano
  • processo di pace
  • Stati Uniti
Data inizio appello
10/05/2021
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Il conflitto arabo-israeliano è una delle questioni più controverse e complesse dell’ultimo secolo. Dalla fine della guerra del Kippur nel 1973, gli Stati Uniti si sono gradualmente affermati come mediatore principale nel conflitto tra paesi arabi e Israele. Dopo alcuni anni di promettenti negoziati condotti da Kissinger, segretario di stato durante le presidenze Nixon e Ford, il primo e importante passo in avanti concreto fu compiuto dal presidente Jimmy Carter nel 1978 con gli Accordi di Camp David che, l’anno successivo, condussero allo storico accordo di pace tra Egitto e Israele. Nel periodo tra il 1979, anno dello scoppio della rivoluzione iraniana e dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, e il 1987, l’anno della Prima Intifada, l’azione diplomatica statunitense non cessò mai del tutto, pur entrando in una “fase di letargo”. In quegli anni, infatti, uno degli ostacoli principali alle trattative fu rappresentato dalla natura terroristica dell’interlocutore palestinese, l’OLP, con cui Israele e Stati Uniti non volevano avere a che fare. Fu solo nel 1988 che l’OLP annunciò ufficialmente la rinuncia al terrorismo; da questo momento in poi, l’OLP e Israele avviarono un dialogo che portò, nel 1993, agli Accordi di Oslo, firmati alla presenza del presidente statunitense Bill Clinton. Le due parti si riconobbero reciprocamente e fu istituita l’Autorità Nazionale Palestinese, l’organismo politico di autogoverno nella Striscia di Gaza e nelle aree della Cisgiordania stabilite dall’accordo ad interim del 1995 a Taba.
L’amministrazione di G.W. Bush, per la prima volta, riconobbe esplicitamente la soluzione a due stati. Tuttavia, l’incessante costruzione degli insediamenti israeliani sui Territori Palestinesi Occupati, illegale secondo l’art. 49 della Convenzione di Ginevra del 1949, rese sempre più difficile far sedere le due parti al tavolo delle trattative e sempre meno realizzabile la soluzione a due stati. Nel corso degli anni, quasi tutte le amministrazioni statunitensi si sono opposte alla costruzione degli insediamenti, seppur con diversa intensità: ciò detto, l’opposizione statunitense non si è mai spinta oltre una più o meno risoluta critica e nessuna amministrazione statunitense ha mai agito concretamente per fermare la politica israeliana; neanche Obama, il più forte oppositore agli insediamenti, li ha mai definiti “illegali”, muovendosi di conseguenza.
La ricerca dimostra come gli Stati Uniti siano stati, per quasi cinquant’anni, il principale attore in grado di svolgere un ruolo di mediatore nel conflitto arabo-israeliano. Sia le presidenze democratiche sia quelle repubblicane, però, sembrano aver lavorato più per acquisire prestigio e influenza in Medio Oriente che per offrire credibili prospettive di pace; il risultato è una guerra che sembra ancora lontana dall’aver trovato una soluzione e una regione in cui, più che in passato, si affacciano nuove potenze con ambizioni di egemonia regionale.
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