Tesi etd-04242025-230403 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
GUARDUCCI, MARGHERITA
URN
etd-04242025-230403
Titolo
Conseguenze giuridiche del cambiamento climatico: il ruolo del giudice amministrativo nella gestione delle politiche ambientali e nella tutela dei diritti dei cittadini
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Giomi, Valentina
Parole chiave
- administrative judge
- climate justice
- giudice amministrativo
- Giudizio Universale
- giustizia climatica
- global warming
- intergenerational
- intergenerazionale
- riscaldamento globale
- Urgenda
Data inizio appello
26/05/2025
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questo elaborato si propone di fornire un quadro generale sulle problematiche giuridiche, in particolare sotto il profilo della giustizia amministrativa, riguardanti il tema quanto mai attuale del contrasto al cambiamento climatico. Per prima cosa, si è ritenuto necessario chiarire dal punto di vista scientifico che cosa si intende col termine mutamento climatico (legato in particolare al surriscaldamento globale come derivazione dell'aumento esponenziale dell'inquinamento), quali sono le sue attuali conseguenze, che cosa viene ipotizzato per il futuro a breve/medio termine e quali sono le differenze con le semplici variazioni climatiche. Tutto ciò perché senza conoscere con precisione il fatto, il diritto rischia di restare vuoto.
Sulla base di questa doverosa introduzione, si è inteso dedicare la premessa del presente lavoro proprio ai dati e alle statistiche del cambiamento climatico - rilevati da istituzioni scientifiche ed accademiche e riferibili a livello mondiale, europeo, nazionale e regionale - con una particolare attenzione a quelle che sono considerate le principali cause di un fenomeno che sta preoccupando l'umanità. È emerso che il 2024 è stato riconosciuto come l'anno più caldo mai registrato a livello mondiale: per la prima volta, infatti, la temperatura media globale annuale ha oltrepassato di 1,5° i livelli preindustriali, segnando un nuovo e poco invidiabile record nei dati climatici raccolti dal 1850.
Il primo dei tre capitoli in cui si suddivide l'elaborato si è dunque soffermato sia sulle risposte messe in campo dagli organi internazionali per attenuare questo problema - con particolare riferimento all’Accordo di Parigi del 2015 (prima intesa universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, con l'obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° e, se possibile, sotto 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali) e agli sviluppi più recenti nell’ambito dell'Unione Europea (impegno a ridurre le emissioni entro il 2030 di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 come passo verso il raggiungimento della neutralità entro il 2050) e delle Nazioni Unite – sia su quelle fornite dai singoli ordinamenti nazionali, evidenziando le principali novità legislative (in particolare per il nostro Paese il rinnovato articolo 9 della Costituzione), le lacune tutt'ora esistenti e le concrete difficoltà di attuazione delle politiche climatiche.
Nel secondo capitolo, particolare attenzione è stata invece dedicata al ruolo crescente del contenzioso climatico, che ha visto cittadini, associazioni e comunità ricorrere sempre più spesso ai tribunali per richiamare Stati e imprese alle loro responsabilità ambientali. Tra i casi giuridici più rilevanti, che abbiamo trattato anche per evidenziare le diverse conclusioni, citiamo: il caso “Urgenda” (Paesi Bassi, 2019): la prima sentenza in cui uno Stato è stato legalmente obbligato a ridurre le proprie emissioni di gas serra sulla base di obblighi derivanti dal diritto internazionale e dalla tutela dei diritti umani; il caso “Affaire du siècle” (Francia, 2021): in cui il tribunale amministrativo di Parigi ha riconosciuto l’inazione climatica dello Stato francese, condannandolo per “colpa” ambientale; il caso “Neubauer” (Germania, 2021): in cui la Corte costituzionale tedesca ha stabilito che la legge climatica tedesca violava i diritti fondamentali delle giovani generazioni, imponendo una revisione degli obiettivi di riduzione delle emissioni; il caso “KlimaSeniorinnen” (Svizzera, 2024): dove la CEDU ha condannato la Svizzera per inazione climatica, riconoscendo per la prima volta l’obbligo degli Stati di proteggere i diritti umani dagli effetti del cambiamento climatico, in particolare il diritto alla vita privata e familiare.
Ci siamo ovviamente soffermati in particolare sul primo caso italiano, il così detto “Giudizio Universale”. Come si vedrà nel testo, il Tribunale di Roma, nel respingere la domanda dei proponenti, ha rilevato un difetto assoluto di giurisdizione poiché a suo giudizio non è rinvenibile, nell’ordinamento italiano, una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare in alcuna sede l’interesse dedotto in giudizio. Quanto alla richiesta di modificare il PNIEC, il Tribunale ha invece ritenuto che tale domanda, volta a censurare l’adeguatezza, coerenza e ragionevolezza di un provvedimento amministrativo rispetto al regolamento europeo UE 2018/1999 che ne disciplina la formazione, rientrasse nella cognizione del giudice amministrativo.
L’obiettivo dell’elaborato è, dunque, quello di mettere in luce le interconnessioni tra diritto, ambiente e diritti umani, offrendo anche spunti di riflessione utili a comprendere la complessità del fenomeno e la necessità di un approccio integrato e multidisciplinare per affrontarlo in modo efficace e giusto.
In particolare, è stato approfondito il concetto di giustizia climatica, intesa non solo come una questione ambientale, ma anche come una sfida etica, sociale ed economica, che coinvolge diritti fondamentali, equità intergenerazionale e responsabilità differenziate tra Stati e soggetti. A tal riguardo, il terzo e ultimo capitolo ha cercato di evidenziare l'importanza crescente del ruolo del giudice amministrativo in materia di contrasto al cambiamento climatico, con una serie di focus sugli strumenti di tutela giurisdizionale in materia ambientale, sul bilanciamento degli interessi e sulla tutela intergenerazionale. Di qui il dibattito sull'esistenza o meno di un “diritto al clima”, sollecitato da chi individua nella giustizia climatica una valida risorsa per contribuire - attraverso le diverse sentenze - ad una più efficace attuazione delle misure di lotta al cambiamento climatico e chi invece appare molto più scettico, sottolineando che le soluzioni possono essere individuate principalmente dalla politica, paventando anche il rischio che le numerose azioni di singoli cittadini o di associazioni davanti ai giudici possano rappresentare una violazione del principio della separazione dei poteri, cardine dell’ordinamento. Il dibattito giuridico su questa materia piuttosto giovane è apertissimo.
Sulla base di questa doverosa introduzione, si è inteso dedicare la premessa del presente lavoro proprio ai dati e alle statistiche del cambiamento climatico - rilevati da istituzioni scientifiche ed accademiche e riferibili a livello mondiale, europeo, nazionale e regionale - con una particolare attenzione a quelle che sono considerate le principali cause di un fenomeno che sta preoccupando l'umanità. È emerso che il 2024 è stato riconosciuto come l'anno più caldo mai registrato a livello mondiale: per la prima volta, infatti, la temperatura media globale annuale ha oltrepassato di 1,5° i livelli preindustriali, segnando un nuovo e poco invidiabile record nei dati climatici raccolti dal 1850.
Il primo dei tre capitoli in cui si suddivide l'elaborato si è dunque soffermato sia sulle risposte messe in campo dagli organi internazionali per attenuare questo problema - con particolare riferimento all’Accordo di Parigi del 2015 (prima intesa universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, con l'obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° e, se possibile, sotto 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali) e agli sviluppi più recenti nell’ambito dell'Unione Europea (impegno a ridurre le emissioni entro il 2030 di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 come passo verso il raggiungimento della neutralità entro il 2050) e delle Nazioni Unite – sia su quelle fornite dai singoli ordinamenti nazionali, evidenziando le principali novità legislative (in particolare per il nostro Paese il rinnovato articolo 9 della Costituzione), le lacune tutt'ora esistenti e le concrete difficoltà di attuazione delle politiche climatiche.
Nel secondo capitolo, particolare attenzione è stata invece dedicata al ruolo crescente del contenzioso climatico, che ha visto cittadini, associazioni e comunità ricorrere sempre più spesso ai tribunali per richiamare Stati e imprese alle loro responsabilità ambientali. Tra i casi giuridici più rilevanti, che abbiamo trattato anche per evidenziare le diverse conclusioni, citiamo: il caso “Urgenda” (Paesi Bassi, 2019): la prima sentenza in cui uno Stato è stato legalmente obbligato a ridurre le proprie emissioni di gas serra sulla base di obblighi derivanti dal diritto internazionale e dalla tutela dei diritti umani; il caso “Affaire du siècle” (Francia, 2021): in cui il tribunale amministrativo di Parigi ha riconosciuto l’inazione climatica dello Stato francese, condannandolo per “colpa” ambientale; il caso “Neubauer” (Germania, 2021): in cui la Corte costituzionale tedesca ha stabilito che la legge climatica tedesca violava i diritti fondamentali delle giovani generazioni, imponendo una revisione degli obiettivi di riduzione delle emissioni; il caso “KlimaSeniorinnen” (Svizzera, 2024): dove la CEDU ha condannato la Svizzera per inazione climatica, riconoscendo per la prima volta l’obbligo degli Stati di proteggere i diritti umani dagli effetti del cambiamento climatico, in particolare il diritto alla vita privata e familiare.
Ci siamo ovviamente soffermati in particolare sul primo caso italiano, il così detto “Giudizio Universale”. Come si vedrà nel testo, il Tribunale di Roma, nel respingere la domanda dei proponenti, ha rilevato un difetto assoluto di giurisdizione poiché a suo giudizio non è rinvenibile, nell’ordinamento italiano, una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare in alcuna sede l’interesse dedotto in giudizio. Quanto alla richiesta di modificare il PNIEC, il Tribunale ha invece ritenuto che tale domanda, volta a censurare l’adeguatezza, coerenza e ragionevolezza di un provvedimento amministrativo rispetto al regolamento europeo UE 2018/1999 che ne disciplina la formazione, rientrasse nella cognizione del giudice amministrativo.
L’obiettivo dell’elaborato è, dunque, quello di mettere in luce le interconnessioni tra diritto, ambiente e diritti umani, offrendo anche spunti di riflessione utili a comprendere la complessità del fenomeno e la necessità di un approccio integrato e multidisciplinare per affrontarlo in modo efficace e giusto.
In particolare, è stato approfondito il concetto di giustizia climatica, intesa non solo come una questione ambientale, ma anche come una sfida etica, sociale ed economica, che coinvolge diritti fondamentali, equità intergenerazionale e responsabilità differenziate tra Stati e soggetti. A tal riguardo, il terzo e ultimo capitolo ha cercato di evidenziare l'importanza crescente del ruolo del giudice amministrativo in materia di contrasto al cambiamento climatico, con una serie di focus sugli strumenti di tutela giurisdizionale in materia ambientale, sul bilanciamento degli interessi e sulla tutela intergenerazionale. Di qui il dibattito sull'esistenza o meno di un “diritto al clima”, sollecitato da chi individua nella giustizia climatica una valida risorsa per contribuire - attraverso le diverse sentenze - ad una più efficace attuazione delle misure di lotta al cambiamento climatico e chi invece appare molto più scettico, sottolineando che le soluzioni possono essere individuate principalmente dalla politica, paventando anche il rischio che le numerose azioni di singoli cittadini o di associazioni davanti ai giudici possano rappresentare una violazione del principio della separazione dei poteri, cardine dell’ordinamento. Il dibattito giuridico su questa materia piuttosto giovane è apertissimo.
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