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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04162024-160948


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CIAMPI, SARA
URN
etd-04162024-160948
Titolo
Basilica di Santo Spirito a Firenze: la Sacra Conversazione nell’arredo pittorico
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
  • Brunelleschi
  • pala d'altare
  • sacra conversazione
  • Santo Spirito
Data inizio appello
28/05/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/05/2094
Riassunto
La chiesa di Santo Spirito, istituzione agostiniana situata nell’omonimo quartiere di Firenze, rappresenta una delle basiliche più rilevanti della città e una delle eredità architettoniche più significative legate alla figura di Filippo Brunelleschi. La struttura architettonica che ammiriamo oggi, risalente al XV secolo, è il risultato di un progetto per il quale fu incaricato Brunelleschi con l’obiettivo di sostituire il primitivo edificio agostiniano. Tuttavia, quello di Santo Spirito si rivelò fin dall’iniziò un cantiere particolarmente sofferente la cui costruzione fu condizionata sia dalle imprese militari che impegnarono la Repubblica fiorentina fino al 1444, sia dalla carenza di finanziamenti pubblici che rallentarono i lavori. Gran parte dell’edificazione vera e propria fu realizzata infatti dopo la morte dell’architetto, avvenuta nel 1446 quando la nuova costruzione era iniziata da pochissimi anni. Queste premesse sono importanti per capire perché, quando ci riferiamo a Santo Spirito, non possiamo parlare di una fedele ricostruzione autografa ma soltanto di una riproduzione filologica dell’originario progetto in chiave tardo-quattrocentesca.
Il proseguimento dei lavori dopo la morte del maestro fu portato avanti in un clima di sostanziale polemica, fatto di incomprensioni, modifiche e rinunce. Gran parte delle sue idee progettuali per la nuova Santo Spirito trovarono una sorte poco felice e questo ci è testimoniato sia dai fedeli interpreti e continuatori di Brunelleschi (come Giuliano da Sangallo), sia anche da Antonio Manetti, principale biografo dell’architetto e grande punto di riferimento per tutti gli studiosi. Sebbene la portata innovatrice del progetto brunelleschiano sia ancora tangibile da una semplice visita della basilica, il vero ingegno della sua opera non trovò mai pieno compimento, sia per l’incapacità degli interpreti e dei continuatori, sia anche per questioni puramente fiscali. Nel 1471 un incendio devastò il vecchio edificio chiesastico distruggendo tutti gli elementi architettonici in corso d'opera e gran parte dell’arredo decorativo. Alcuni storici hanno erroneamente attribuito a questo evento la decisione della Repubblica di edificare una nuova chiesa più grande e questo ha creato una generale confusione. In realtà, sappiamo bene che tale decisione risale a molto tempo prima: una Provvisione datata 1397 stabiliva infatti l’edificazione di una nuova chiesa per gli agostiniani di Santo Spirito. Alla fine dei lavori, intorno al 1482, le cappelle del nuovo complesso furono assegnate alle famiglie potenti residenti nei dintorni di Santo Spirito.
In questa Tesi ho focalizzato l'attenzione sulla figura, sull'ingegno e sull'innovazione di Brunelleschi, con un’attenzione anche al carattere "urbano" della sua opera. In questo senso, mi sono concentrata sul progetto originario che l'architetto aveva concepito per Santo Spirito, immaginando una piazza che avrebbe sfidato i tradizionali schemi urbanistici fiorentini per abbracciare maestosamente le acque tumultuose dell'Arno. Se molto è stato scritto sulla nuova fabbrica del Brunelleschi, non sempre la critica e le fonti hanno trovato una convergenza, dando così origine a diverse ipotesi interpretative di quello che poteva essere il suo progetto originario rispetto all’antico edificio e rispetto a ciò che possiamo vedere oggi in Oltrarno. Ho allora tracciato un percorso con l’intento di riesplorare l’intera vicenda di Santo Spirito, dalle origini fino a tutto il Quattrocento, indagando infine la nascita ed il ruolo delle cappelle possedute da alcune importanti famiglie fiorentine. La scelta delle cappelle e delle rispettive pale d’altare analizzate nasce da un mio particolare interesse verso un’opera raffaellesca pensata e realizzata dall’artista per la nuova Santo Spirito. Si tratta della pala per la cappella Dei dedicata a San Bernardo, commissionata a Raffaello intorno al 1506 per volontà testamentaria di Rinieri di Bernardo Dei, alla luce del suo desiderio di dotare la cappella di famiglia di una decorazione pittorica. Di tale commissione ci dà testimonianza anche il Vasari che, nella "Vita di Raffaello", menziona quest’opera rimasta incompiuta a causa dell’improvvisa partenza dell’artista per Roma. L’incompiutezza della tavola rese impossibile il suo collocamento sull’altare in Santo Spirito e convinse gli Dei a commissionare una nuova opera a Rosso Fiorentino.
A partire dalla "Madonna del Baldacchino" di Raffaello ho cercato di stabilire un confronto con altre pale d’altare realizzate per S. Spirito e raffiguranti il medesimo tema iconografico, ossia la Sacra Conversazione. Quello che ne dovrebbe emergere è: da un lato influenze, somiglianze e differenze tra pittori che lavorarono in un periodo ristretto per uno stesso luogo, con l’ideale obiettivo comune di mantenere un programma decorativo unitario nel rispetto delle proporzioni imposte dall’architettura; dall’altro l'influenza dei committenti e degli Eremiti sull'iconografia dei dipinti. È noto che la libertà degli artisti nella realizzazione delle opere, e in particolare di pale d’altare, fosse limitata e regolata dalle volontà della committenza e dal luogo di destinazione, nonché dal ruolo-significato che l’opera doveva assumere. Nel caso di Santo Spirito le pale d'altare esprimevano un insieme distinto di valori agostiniani suggerendo modalità appropriate di devozione. Nel loro insieme, i dipinti della chiesa rappresentavano il tentativo degli Eremiti agostiniani di trasmettere la propria identità istituzionale e religiosa in quanto eredi della spiritualità agostiniana. Altresì, è anche vero che le committenze di alcune potenti famiglie come i Corbinelli, i Capponi e i Frescobaldi ci dimostrano come, in realtà, alcune di esse intendessero ricreare dei veri e propri potentati all’interno della nuova chiesa.
Un aspetto che ho cercato di approfondire è il concetto di altare nelle chiese di Brunelleschi. Nel caso di Santo Spirito sappiamo che negli intenti dell’architetto gli altari delle cappelle dovevano essere distaccati dalla parete di fondo; l’altare doveva essere privo di tavole e di rilievi scultorei, sull’esempio della Sagrestia vecchia e della cappella de’ Pazzi. Questa soluzione risultava in armonia con la purezza delle forme geometriche e architettoniche di stampo brunelleschiano. Purtroppo, il progetto di Brunelleschi così come lui lo aveva immaginato non prese mai forma, sia dal punto di vista strutturale che da quello decorativo. Nel 1481, quando la nuova chiesa venne consacrata, il suo progetto originale dovette essere percepito come eccessivamente radicale e si decise quindi per la nuova tipologia di altare, ormai affermata da qualche decennio negli spazi architettonici rinascimentali e sicuramente più affine ai gusti delle famiglie patrone: l’altare addossato alla parete e dotato di pala lignea unificata. Come evidenziato da Elena Capretti, riferimento fondamentale per questo lavoro di Tesi, si cercò inizialmente di mantenere un programma decorativo unitario, nel rispetto delle proporzioni che l’architettura imponeva. Ma nel generale clima di rinnovamento dettato dall’epoca della Riforma, la struttura della rappresentazione sacra si amplificò, acquisendo un andamento circolare teso ad un maggiore coinvolgimento dell’osservatore. In Santo Spirito, testimoni esemplari di tale evoluzione sono rappresentati dalla tavola di Raffaellino del Garbo e, soprattutto, dalla "Madonna del baldacchino" di Raffaello, che spianerà la strada ad una nuova concezione di Sacra Conversazione.
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