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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03272008-122811


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
DELLA PORTA, ANNA
URN
etd-03272008-122811
Titolo
Coltivabilita' di Brettanomyces in relazione a stress ambientali
Dipartimento
AGRARIA
Corso di studi
SCIENZE E TECNOLOGIE VITIVINICOLE
Relatori
Relatore Prof. Nuti, Marco Paolo
Parole chiave
  • Brettanomyces
Data inizio appello
16/04/2008
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
16/04/2048
Riassunto
La trasformazione del mosto in vino è determinata dallo sviluppo sequenziale di diversi microrganismi che vengono sostituiti da altri più adatti alle nuove condizioni create dai precedenti, fino al raggiungimento di condizioni ideali per le poche specie che presentano un catabolismo fermentativo molto efficiente. Alcune specie microbiche sono presenti già sulle uve, altre provengono dall’ambiente cantina e altre sono aggiunte dall’uomo sotto forma di inoculanti sia blastomicetici che batterici.
A fine fermentazione alcolica e malolattica, i vini possono contenere nutrienti sufficienti a sostenere la crescita di lieviti batteri, capaci di tollerare l’effetto combinato del pH basso e dell’alta concentrazione di etanolo. Tra questi sono stati evidenziati lieviti appartenenti al genere D./B. bruxellensis, capaci di produrre composti sgradevoli come fenoli volatili e acido acetico che influenzano negativamente l’aroma del vino, e le ammine biogene, composti nocivi alla salute umana.
Diversi studi sono rivolti ad approfondire le conoscenze sul loro metabolismo e sull’eventuali interazioni con gli altri microrganismi, mentre altri studi sono rivolti a sperimentare metodi, fisici e chimici, di controllo della loro crescita.
La sostanza chimica maggiormente utilizzata in cantina per controllare lo sviluppo dei microrganismi è il diossido di zolfo.
L’impiego del diossido di zolfo o anidride solforosa, nella fase post fermentativa consente la conservazione prolungata del vino in fusti o barriques, seguita dall’invecchiamento in bottiglia. Questa sostanza ha proprietà antisettiche, inibisce lo sviluppo dei microrganismi e la sua attività è maggiore nei confronti dei batteri che dei lieviti. I tenori di diossido di zolfo da mantenere per assicurare la conservazione di un vino dipendono dalla tipologia del prodotto e variano, dai 20-30 mg/l nei vini secchi a 40-80 mg/l nei vini dolci.
L’isolamento e la coltivazione in terreno agarizzato, di norma utilizzati nelle analisi microbiologiche di diverse matrici alimentari, consentono di caratterizzare esclusivamente quella frazione di microrganismi in grado di crescere, moltiplicarsi e formare colonie nel mezzo colturale scelto. Le informazioni relative alla componente microbica vitali non coltivabili (VNC) che presenta una condizione fisiologica di vitalità pur avendo perso la capacità di duplicarsi vengono perse.
Scopo del presente elaborato è stato quello di studiare la coltivabilità dei lieviti appartenenti al genere D./B. bruxellensis in relazione a stress ambientali, in particolare a quello generato dall’aggiunta di anidride solforosa al vino, differenziando, all’interno della popolazione microbica, la componente non vitale (VN) da quella vitale non coltivabile (VNC). L’analisi della coltivabilità è stata valutata utilizzando metodi microbiologici classici basati sull’utilizzo di mezzi selettivi. Per lo studio della vitalità è stata messa a punto una tecnica di colorazione con trypan blu, capace di colorare selettivamente le cellule morte.
Sono state inoltre utilizzate tecniche molecolari direttamente sul DNA estratto dalla matrice vino per l’identificazione di Dekkera/Brettanomyces bruxellensis nel vino che, a differenza delle tecniche microbiologiche tradizionali, non richiedono l’isolamento dei microrganismi in coltura pura.
In una prima fase del presente lavoro è stata analizzata la presenza di D./B. bruxellensis in un vino a fine fermentazione malolattica prima e dopo la solfitazione, utilizzando metodi microbiologici classici basati sull’utilizzo di mezzi selettivi. I risultati ottenuti hanno evidenziato un’influenza di tale sostanza nei confronti di questi lieviti. Durante questo studio sono stati inoltre isolati in coltura pura e caratterizzati, mediante tecniche molecolari, alcuni ceppi D./B. bruxellensis che sono stati inseriti nella collezione del DBPA dell’Università di Pisa.
Allo scopo di approfondire tale evidenza sono state successivamente effettuate delle prove utilizzando sia del vino sterilizzato per filtrazione sia un mezzo sintetico, inoculati con un ceppo D./B. bruxellensis di collezione del DBPA, ad alcune delle quali è stata aggiunta una quantità di metabisolfito di potassio tale da avere una concentrazione di 0.70 mg/l di solforosa molecolare.
I risultati ottenuti hanno evidenziato come questi lieviti a seguito della solfitazione possano entrare in uno stato vitale ma non coltivabile, conservando tuttavia la loro attività metabolica.
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