Tesi etd-03252025-105831 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PETRI, GABRIELE
URN
etd-03252025-105831
Titolo
CONFLITTI ARMATI E INFRASTRUTTURE CRITICHE: LA PROTEZIONE DEI CAVI SOTTOMARINI NEL DIRITTO DEI CONFLITTI ARMATI
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SCIENZE MARITTIME E NAVALI
Relatori
relatore Dott.ssa Eboli, Valeria
Parole chiave
- CAVI SOTTOMARINI
Data inizio appello
15/04/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/04/2095
Riassunto
Nell’Agosto del 1914, agli esordi della Prima Guerra Mondiale, tra i primi gesti di belligeranza compiuti dal Regno Unito ci fu l’interdizione al nemico dell’uso dei cavi sottomarini, garanti l’accesso alle comunicazioni telegrafiche indispensabili per la condotta delle ostilità. All’epoca, il Regno Unito possedeva circa il sessanta per cento della rete di comunicazioni sottomarine globali , motivo per il quale fu estremamente avvantaggiato nell’intercettazione di messaggi criptati, come ad esempio il “telegramma Zimmerman” , il quale giocò un ruolo fondamentale nell’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti; allo stesso modo la Germania, intuendo la rilevanza strategica degli stessi cavi, interruppe e danneggiò diverse linee cablate che connettevano l’Impero britannico con le sue colonie e i suoi avamposti militari di oltremare. Oggi, il novantotto per cento del volume di traffico di dati globale è trasportato da circa cinquecento cavi posati sui fondali marini di tutto il mondo: questo mette in rilievo il peso strategico che un eventuale attacco a queste infrastrutture può assumere . In tempi recenti l’International Law Association ha creato un comitato con il fine di esaminare la posizione giuridica dei cavi sottomarini all’interno del Diritto Internazionale: nonostante il mandato del comitato includa riferimenti alle “vulnerabilità dei cavi sottomarini ad interferenze da parte di Stati e attori privati”, il suo lavoro si concentra perlopiù sulla normativa esistente in materia di cavi sottomarini applicabile in tempo di pace, includendo riferimenti alla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare , alla Convenzione di Ginevra sul mare territoriale e sulla zona contigua del 1958 , al Regolamento Internazionale per Prevenire gli Abbordi in Mare del 1972 e alla Convenzione di Parigi sui cavi telegrafici sottomarini del 1884 , . Nonostante nella sua dichiarazione di intenti il comitato avesse reso noto di voler trattare l’applicazione del Diritto dei Conflitti Armati in materia di cavi sottomarini, ad oggi non sono stati ancora resi pubblici dei risultati . Nel mentre, i recenti sviluppi strategici e bellici gravitanti intorno a queste infrastrutture mettono sempre di più in luce la necessità di creare un corpo normativo che possa rispondere alle esigenze dettate dall’evoluzione dei conflitti armati, e dai mezzi e i metodi con cui essi vengono affrontati dai diversi attori internazionali soprattutto a discapito di infrastrutture ad oggi fondamentali come i cavi sottomarini: l’incidente avvenuto nel luglio 2019 che ha visto coinvolto il sottomarino russo Losarik, ufficialmente devoluto alla ricerca subacquea, ha evidenziato come tali mezzi già esistano e siano utilizzati dalle potenze mondiali per tutelare i propri interessi, così in patria come all’estero . In quell’occasione, 14 marinai russi a bordo del sottomarino rimasero uccisi in quello che ufficialmente è stato bollato da Mosca come un incidente. Il sottomarino top-secret stava tentando di attraccare con un sottomarino più grande quando si è verificata un'esplosione nel suo vano batterie. Invece di evacuare, i 14 marinai hanno chiuso il portello e combattuto l'incendio che ne è scaturito, probabilmente valutando la segretezza della loro missione (secondo molti, tra cui i servizi della Casa Bianca, l’intercettazione delle comunicazioni trasportate tramite cavi sottomarini posati nel Mare di Barents) al di sopra della loro stessa vita. L’altissimo profilo operativo degli ufficiali presenti a o quel giorno ci fa intuire come Mosca già da diversi anni abbia puntato su un nuovo tipo di offesa, una silenziosa oltre che insidiosa, conosciuta oggi ai più come seabed warfare. In questo ambito infatti sembra che varie potenze, non solo la Russia, stiano implementando le loro capacità di operare in ambienti estremamente proibitivi come quello dei fondali oceanici, dove infrastrutture critiche come i cavi sottomarini diverrebbero ben presto degli obbiettivi di primo ordine . Oltre al problema che la natura estremamente vulnerabile dei cavi sottomarini rappresenta nei confronti degli equilibri mondiali in tempo di pace, infatti, eventuali conseguenze al danneggiamento di tali infrastrutture durante un conflitto potrebbero rivelarsi allo stesso modo se non ben più significanti, o addirittura catastrofiche: in Iraq, nel 2008, un UAV di sorveglianza statunitense fu costretto a terra per 3 giorni a causa del danneggiamento accidentale di un cavo sottomarino da parte dell’ancora di un mercantile. Il cavo, infatti, tra le altre cose, connetteva il sistema di guida e controllo del velivolo alla postazione di pilotaggio in remoto presente a diverse centinaia di miglia dal luogo dell’incidente . La probabilità che in scenari bellici avvengano attacchi a cavi sottomarini è oggi da considerare molto alta, se non certa, in quanto la scoperta di tali attacchi si può considerare difficoltosa, quasi proibitiva, per coloro i quali li subiscano, mentre da un punto del rapporto tra la forza utilizzata ed il danno creato, il bilancio è sicuramente favorevole per chi compie tali tipi di azioni . Eppure, nonostante già un secolo fa la questione dell’inserimento dei cavi sottomarini all’interno del Diritto Umanitario fosse stata intavolata, non sono mai stati prodotti in tal senso testi normativi adatti a regolamentare il loro status in periodo di guerra. L’approccio del Diritto Internazionale nei confronti della questione ha vacillato nel corso del tempo tra tre possibili soluzioni:
I. Concepire il regime giuridico dei cavi sottomarini e di altre infrastrutture sottomarine critiche come un regime speciale all’interno del Diritto dei Conflitti Armati;
II. Trattare i cavi sottomarini come parte integrante Diritto dei Conflitti Armati con riferimento ai conflitti in mare, analogamente a quanto fatto con il regime giuridico di navi mercantili e altri mezzi;
III. Integrare i cavi sottomarini all’interno del regime giuridico delle strutture terrestri nel Diritto dei Conflitti Armati
L’incertezza sul dove collocare i cavi sottomarini all’interno del diritto ha portato inoltre negli anni diverse difficoltà nel risolvere altre controversie riguardanti la loro considerazione come strutture neutrali al conflitto, o la possibilità di assoggettarli ai principi di necessità e proporzionalità, propri del diritto umanitario. In qualche modo, la crescita delle telecomunicazioni satellitari e wireless durante gli anni ’50 dello scorso secolo, ha lasciato passare in secondo piano l’urgente bisogno di regolamentazione in favore della tutela delle comunicazioni via cavo, all’epoca ritenute come un mezzo pronto a lasciare il posto alle nuove tecnologie, in grado di soppiantare tale mezzo grazie a vettori di comunicazione intangibili e inattaccabili, sempre più rapidi ed efficienti; ma con l’avvento di Internet e la conseguente e crescente richiesta di trasferire grandi moli di dati in un tempo sempre minore da un capo all’altro del globo, l’importanza di tali infrastrutture sia per la quotidianità della popolazione mondiale, sia per il peso strategico ed economico che esse esprimono è passata dall’essere considerata quasi inesistente fino a ricoprire un ruolo ancor più pivotale nel 2024 che nel 1914 . Nonostante sia divenuta chiara ai più l’importanza dei cavi sottomarini in un mondo sempre più interconnesso, la ricerca giuridica in materia di protezione dei cavi in tempo di guerra risulta ancora carente e poco supportata. Alcuni sforzi di aggiornare la normativa esistente nell’ambito del diritto di conflitti armati, come i manuali di Sanremo e Tallinn, hanno apportato un contributo significativo alla produzione normativa, senza però creare dei veri e propri obblighi in qualità di fonti non giuridicamente vincolanti; ciononostante alcune iniziative più recenti, come quella del comitato ILA, sembrerebbero aver imboccato la giusta direzione: lo stesso James Kraska, eminente autorità in materia di diritto dei conflitti armati in mare, ha dichiarato che i cavi sottomarini diverranno inevitabilmente degli obbiettivi militari fondamentali nei prossimi conflitti, e che di conseguenza dovranno essere prese delle contromisure al fine di creare un corpo normativo che risponda alle esigenze giuridiche a cui andremo incontro . Finora era stato ritenuto possibile che tali infrastrutture potessero, in caso di conflitto, divenire bersagli di attacchi senza restrizioni, in accordo con quanto successo durante i due conflitti mondiali: tale teoria è però oggi confutata dal ruolo imprescindibile che i cavi ricoprono come garanti di servizi vitali per gli stati e nella quotidianità dei loro cittadini. In aggiunta, l’alto livello di vulnerabilità a cui essi sono sottoposti porta inevitabilmente ad interrogarsi oggi più che mai su come tutelare da un punto di vista giuridico la fragilità dell’intera rete di cavi subacquei, diversamente da quanto fatto finora da una comunità internazionale che troppo a lungo aveva rimandato questo compito. Il primo quesito al quale ci troviamo obbligati a rispondere è quello relativo all’approccio generale da adottare: in che regime bisogna inquadrare l’ambito delle azioni permesse contro i cavi sottomarini durante un conflitto? In questo senso la scelta ricade su due opzioni: l’adozione di un regime sui generis, quasi del tutto a sé stante e diversificato dalla corrente principale della dottrina, oppure l’applicazione dei principi generali all’interno del Diritto Umanitario. In secondo luogo, bisogna chiedersi in che modo possono essere considerati gli stessi cavi sottomarini durante un ipotetico conflitto: sono essi infrastrutture neutrali o obbiettivi militari? E nel secondo caso, possono essere attaccati senza deroghe? In che modo si applicano in tal senso il principio di necessità e proporzionalità? Per rispondere esaustivamente a queste domande bisogna innanzitutto fare un passo indietro, e scoprire in che modo il diritto abbia nel tempo regolamentato, seppure tramite piccoli innesti puntuali, la tutela dei cavi sottomarini. A tale scopo, la tesi inizierà la trattazione dell’argomento andando a sfogliare la cronologia delle iniziative giuridiche percorse fino al giorno d’oggi atte a tutelare la rete di cavi sottomarini di comunicazione, studiando le proposte avanzate nel tempo al fine di dissolvere la fitta nebbia che sembra aleggiare sulla materia. Seguendo questo filo conduttore, cercheremo di rispondere alle domande che sono state poste in precedenza, con l’obbiettivo di creare una proposta di principi fondamentali nella possibile legiferazione di un regime giuridico dei cavi sottomarini all’interno del Diritto dei Conflitti Armati. Per fare questo, come vedremo più avanti nella tesi, sarà necessario esplorare vari esempi di provvedimenti pubblicati precedentemente e successivamente alla prima guerra mondiale, che possiamo in questo caso ritenere il primo esempio di grande conflitto nel quale le infrastrutture sottomarine abbiano avuto particolare impatto sull’andamento delle ostilità, interrogandoci sul perché tali provvedimenti di lege ferenda non si siano mai cristallizzati in norme giuridicamente vincolanti , come risulta dalla mancanza della loro applicazione nel tempo, ovvero nella prassi. L’unica eredità lasciataci in tal senso è probabilmente la distinzione tra cavi ritenibili neutrali al conflitto o come obbiettivi militari, che si sviluppa intorno al concetto di comunicazione “Point-to-Point” ripreso dal più moderno Manuale di Sanremo, ma ad oggi presumibilmente obsoleto a causa del ruolo di backbone assunto dai cavi sottomarini nell’era di Internet e delle conseguenze che un loro danneggiamento possono provocare. In secondo luogo, verrà analizzata nella tesi la compatibilità dei più generali principi del diritto dei conflitti armati con la possibilità di ritenere tali strutture degli obbiettivi militari, studiando le possibili limitazioni e problematiche che possono derivare da tale lettura. Infine, verrà proposto un modello per la creazione di una fonte di diritto umanitario ben strutturata che regoli in maniera esaustiva la tutela dei cavi sottomarini durante un conflitto, esponendo tutti i punti salienti necessari per proteggere tali infrastrutture critiche.
I. Concepire il regime giuridico dei cavi sottomarini e di altre infrastrutture sottomarine critiche come un regime speciale all’interno del Diritto dei Conflitti Armati;
II. Trattare i cavi sottomarini come parte integrante Diritto dei Conflitti Armati con riferimento ai conflitti in mare, analogamente a quanto fatto con il regime giuridico di navi mercantili e altri mezzi;
III. Integrare i cavi sottomarini all’interno del regime giuridico delle strutture terrestri nel Diritto dei Conflitti Armati
L’incertezza sul dove collocare i cavi sottomarini all’interno del diritto ha portato inoltre negli anni diverse difficoltà nel risolvere altre controversie riguardanti la loro considerazione come strutture neutrali al conflitto, o la possibilità di assoggettarli ai principi di necessità e proporzionalità, propri del diritto umanitario. In qualche modo, la crescita delle telecomunicazioni satellitari e wireless durante gli anni ’50 dello scorso secolo, ha lasciato passare in secondo piano l’urgente bisogno di regolamentazione in favore della tutela delle comunicazioni via cavo, all’epoca ritenute come un mezzo pronto a lasciare il posto alle nuove tecnologie, in grado di soppiantare tale mezzo grazie a vettori di comunicazione intangibili e inattaccabili, sempre più rapidi ed efficienti; ma con l’avvento di Internet e la conseguente e crescente richiesta di trasferire grandi moli di dati in un tempo sempre minore da un capo all’altro del globo, l’importanza di tali infrastrutture sia per la quotidianità della popolazione mondiale, sia per il peso strategico ed economico che esse esprimono è passata dall’essere considerata quasi inesistente fino a ricoprire un ruolo ancor più pivotale nel 2024 che nel 1914 . Nonostante sia divenuta chiara ai più l’importanza dei cavi sottomarini in un mondo sempre più interconnesso, la ricerca giuridica in materia di protezione dei cavi in tempo di guerra risulta ancora carente e poco supportata. Alcuni sforzi di aggiornare la normativa esistente nell’ambito del diritto di conflitti armati, come i manuali di Sanremo e Tallinn, hanno apportato un contributo significativo alla produzione normativa, senza però creare dei veri e propri obblighi in qualità di fonti non giuridicamente vincolanti; ciononostante alcune iniziative più recenti, come quella del comitato ILA, sembrerebbero aver imboccato la giusta direzione: lo stesso James Kraska, eminente autorità in materia di diritto dei conflitti armati in mare, ha dichiarato che i cavi sottomarini diverranno inevitabilmente degli obbiettivi militari fondamentali nei prossimi conflitti, e che di conseguenza dovranno essere prese delle contromisure al fine di creare un corpo normativo che risponda alle esigenze giuridiche a cui andremo incontro . Finora era stato ritenuto possibile che tali infrastrutture potessero, in caso di conflitto, divenire bersagli di attacchi senza restrizioni, in accordo con quanto successo durante i due conflitti mondiali: tale teoria è però oggi confutata dal ruolo imprescindibile che i cavi ricoprono come garanti di servizi vitali per gli stati e nella quotidianità dei loro cittadini. In aggiunta, l’alto livello di vulnerabilità a cui essi sono sottoposti porta inevitabilmente ad interrogarsi oggi più che mai su come tutelare da un punto di vista giuridico la fragilità dell’intera rete di cavi subacquei, diversamente da quanto fatto finora da una comunità internazionale che troppo a lungo aveva rimandato questo compito. Il primo quesito al quale ci troviamo obbligati a rispondere è quello relativo all’approccio generale da adottare: in che regime bisogna inquadrare l’ambito delle azioni permesse contro i cavi sottomarini durante un conflitto? In questo senso la scelta ricade su due opzioni: l’adozione di un regime sui generis, quasi del tutto a sé stante e diversificato dalla corrente principale della dottrina, oppure l’applicazione dei principi generali all’interno del Diritto Umanitario. In secondo luogo, bisogna chiedersi in che modo possono essere considerati gli stessi cavi sottomarini durante un ipotetico conflitto: sono essi infrastrutture neutrali o obbiettivi militari? E nel secondo caso, possono essere attaccati senza deroghe? In che modo si applicano in tal senso il principio di necessità e proporzionalità? Per rispondere esaustivamente a queste domande bisogna innanzitutto fare un passo indietro, e scoprire in che modo il diritto abbia nel tempo regolamentato, seppure tramite piccoli innesti puntuali, la tutela dei cavi sottomarini. A tale scopo, la tesi inizierà la trattazione dell’argomento andando a sfogliare la cronologia delle iniziative giuridiche percorse fino al giorno d’oggi atte a tutelare la rete di cavi sottomarini di comunicazione, studiando le proposte avanzate nel tempo al fine di dissolvere la fitta nebbia che sembra aleggiare sulla materia. Seguendo questo filo conduttore, cercheremo di rispondere alle domande che sono state poste in precedenza, con l’obbiettivo di creare una proposta di principi fondamentali nella possibile legiferazione di un regime giuridico dei cavi sottomarini all’interno del Diritto dei Conflitti Armati. Per fare questo, come vedremo più avanti nella tesi, sarà necessario esplorare vari esempi di provvedimenti pubblicati precedentemente e successivamente alla prima guerra mondiale, che possiamo in questo caso ritenere il primo esempio di grande conflitto nel quale le infrastrutture sottomarine abbiano avuto particolare impatto sull’andamento delle ostilità, interrogandoci sul perché tali provvedimenti di lege ferenda non si siano mai cristallizzati in norme giuridicamente vincolanti , come risulta dalla mancanza della loro applicazione nel tempo, ovvero nella prassi. L’unica eredità lasciataci in tal senso è probabilmente la distinzione tra cavi ritenibili neutrali al conflitto o come obbiettivi militari, che si sviluppa intorno al concetto di comunicazione “Point-to-Point” ripreso dal più moderno Manuale di Sanremo, ma ad oggi presumibilmente obsoleto a causa del ruolo di backbone assunto dai cavi sottomarini nell’era di Internet e delle conseguenze che un loro danneggiamento possono provocare. In secondo luogo, verrà analizzata nella tesi la compatibilità dei più generali principi del diritto dei conflitti armati con la possibilità di ritenere tali strutture degli obbiettivi militari, studiando le possibili limitazioni e problematiche che possono derivare da tale lettura. Infine, verrà proposto un modello per la creazione di una fonte di diritto umanitario ben strutturata che regoli in maniera esaustiva la tutela dei cavi sottomarini durante un conflitto, esponendo tutti i punti salienti necessari per proteggere tali infrastrutture critiche.
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