Tesi etd-03252025-081446 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
CHIARAVALLOTI, RACHELE
URN
etd-03252025-081446
Titolo
L'analisi economica della guerra: approccio neorealista e razionalità strategica
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Giocoli, Nicola
Parole chiave
- analisi economica
- anarchia
- bargaining
- guerra
- neorealismo
- teoria dei giochi
- teoria razionalista
Data inizio appello
14/04/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/04/2028
Riassunto
A che serve la guerra? Nonostante sia una presenza costante e determinante all’interno della storia e costituisca un evento di valore assoluto, non si riesce ancora adesso ad averne una corretta e attendibile conoscenza, tanti e tali sono i livelli e le variabili coinvolti.
L’esperienza della guerra sconvolge in modo radicale gli esseri umani poiché produce morte, dolore, perdita, sofferenza, mobilita in modo totale risorse ed energie, così come comporta distruzioni di ogni bene: da case a fabbriche, da monumenti a ospedali, da strade, ponti a biblioteche, senza fare distinzioni tra vecchi e giovani, tra civili e militari, tra colpevoli e innocenti, tra uomini e donne.
Quindi, nonostante l’arte della guerra si impegni a rendere sempre più efficienti gli strumenti e le strategie per produrre quanta più morte e distruzione possibile, appaiono insufficienti i tentativi di dare una sistemazione concettuale al fenomeno della guerra. Probabilmente ciò è dovuto sia all’estrema complessità e varietà delle forme in cui essa si è manifestata sia allo sviluppo storico che determina dei mutamenti determinati dal livello di sviluppo dei soggetti di guerra e della loro struttura organizzativa.
Diversi sono stati i tentativi di inquadrare la guerra in un ordine classificatorio, per genere, durata, lunghezza, intensità, per mezzi usati o per finalità; d’altra parte, diverse sono state anche le analisi riconducibili a motivazioni psicologiche-sociologiche-antropologiche o anche freudiane.
In questo lavoro vorremmo utilizzare un’interpretazione che forse potrebbe trovare una sua lontana genesi in un’affermazione del teorico militare prussiano Clausewitz, dove sostiene che la guerra è contraddistinta da tre tendenze: dalla violenza come cieco istinto; dal gioco delle probabilità e del caso che la caratterizzano come libera attività umana; infine, dalla sua natura subordinata di strumento politico, e ciò la riconduce alla pura e semplice ragione. Quindi la guerra è “violenza”, ha esiti “imprevedibili”, ma è anche calcolo “razionale”.
Tra i diversi tentativi di spiegazione della guerra come fenomeno razionale, in questa tesi prenderemo in considerazione dei modelli razionali e sistemici che si sono affermati soprattutto nel Secondo dopo guerra, che ha sicuramente segnato un salto qualitativo nel quadro delle operazioni e dinamiche della guerra e delle condizioni che ne hanno favorito lo scoppio. Tali teorie, quindi, non considerano la guerra come fatto casuale fortuito, ma la riconducono a un’analisi razionale di lungo periodo che comprende chiaramente anche la pace. La stessa pace non assume quindi un ruolo neutrale rispetto alla guerra, ma un intervallo di tempo in cui si costruiscono le condizioni che possono condurre a scegliere l’opzione bellica.
Sebbene questa prospettiva abbia suscitato diverse perplessità, dal momento che l’applicazione di modelli economici alla guerra potrebbe risultare insufficiente nel ricostruire la complessità dei conflitti, tuttavia essa può fornire alcune utili indicazioni di cui si potrebbe tener conto, integrandole ovviamente con apporti di altro tipo.
Se alla guerra ci si può accostare, dunque, attribuendole aspetti di razionalità, allora l’analisi economica, che si occupa proprio dello studio di scelte razionali, di soggetti economici e di dinamiche di mercato, si presenta come uno strumento idoneo per analizzarne quantomeno alcuni aspetti. Questa tesi, dunque, tratta di un approccio che possiamo definire “economico” alla domanda di partenza: perché una nazione sceglie di fare la guerra a un’altra?
Prenderemo in esame, inizialmente, la teoria sistemica elaborata dal politologo statunitense Kenneth Waltz che, sulle basi del pensiero neorealista, individua, nell’assenza di un governo internazionale, ossia nell’anarchia degli Stati sovrani, la causa fondamentale della guerra.
In secondo luogo, ci occuperemo degli sviluppi che la teoria razionalista ha avuto nel corso degli anni, grazie soprattutto al contributo di James D. Fearon e di Andrew H. Kydd, che hanno dato un ordine interpretativo alle teorie adottate in materia di relazioni internazionali. In particolare, sia Fearon che Kydd utilizzano la teoria economica e la teoria dei giochi, applicandole al contesto delle relazioni internazionali. Ciò non deve sorprendere, visto che l’analisi economica ha la pretesa di occuparsi di qualunque fenomeno umano che abbia a che fare con le scelte razionali. Per cui, se anche la guerra contiene alcuni aspetti riconducibili alla dimensione razionale, l’economia può fornire strumenti per comprenderla. Brevemente, il frutto dell’analisi di questi autori si può riassumere nell’idea che la guerra sia l’esito razionale delle situazioni in cui, per vari motivi, due paesi non riescono a negoziare un esito “contrattuale” del loro conflitto strategico.
Nel terzo capitolo verranno introdotti gli aspetti critici e i limiti interpretativi che sono stati individuati nell’approccio razionalista e nella teoria sistemica di Waltz. Particolare rilievo verrà dato a quelle obiezioni che, partendo da categorie psicologiche e sociologiche, criticano e limitano l’eccessiva enfasi data al concetto di razionalità.
Si proverà, in conclusione, a saggiare la tenuta di alcune spiegazioni, analizzate in questo lavoro, attraverso un’applicazione a determinati fatti concreti e specifici casi storici.
L’esperienza della guerra sconvolge in modo radicale gli esseri umani poiché produce morte, dolore, perdita, sofferenza, mobilita in modo totale risorse ed energie, così come comporta distruzioni di ogni bene: da case a fabbriche, da monumenti a ospedali, da strade, ponti a biblioteche, senza fare distinzioni tra vecchi e giovani, tra civili e militari, tra colpevoli e innocenti, tra uomini e donne.
Quindi, nonostante l’arte della guerra si impegni a rendere sempre più efficienti gli strumenti e le strategie per produrre quanta più morte e distruzione possibile, appaiono insufficienti i tentativi di dare una sistemazione concettuale al fenomeno della guerra. Probabilmente ciò è dovuto sia all’estrema complessità e varietà delle forme in cui essa si è manifestata sia allo sviluppo storico che determina dei mutamenti determinati dal livello di sviluppo dei soggetti di guerra e della loro struttura organizzativa.
Diversi sono stati i tentativi di inquadrare la guerra in un ordine classificatorio, per genere, durata, lunghezza, intensità, per mezzi usati o per finalità; d’altra parte, diverse sono state anche le analisi riconducibili a motivazioni psicologiche-sociologiche-antropologiche o anche freudiane.
In questo lavoro vorremmo utilizzare un’interpretazione che forse potrebbe trovare una sua lontana genesi in un’affermazione del teorico militare prussiano Clausewitz, dove sostiene che la guerra è contraddistinta da tre tendenze: dalla violenza come cieco istinto; dal gioco delle probabilità e del caso che la caratterizzano come libera attività umana; infine, dalla sua natura subordinata di strumento politico, e ciò la riconduce alla pura e semplice ragione. Quindi la guerra è “violenza”, ha esiti “imprevedibili”, ma è anche calcolo “razionale”.
Tra i diversi tentativi di spiegazione della guerra come fenomeno razionale, in questa tesi prenderemo in considerazione dei modelli razionali e sistemici che si sono affermati soprattutto nel Secondo dopo guerra, che ha sicuramente segnato un salto qualitativo nel quadro delle operazioni e dinamiche della guerra e delle condizioni che ne hanno favorito lo scoppio. Tali teorie, quindi, non considerano la guerra come fatto casuale fortuito, ma la riconducono a un’analisi razionale di lungo periodo che comprende chiaramente anche la pace. La stessa pace non assume quindi un ruolo neutrale rispetto alla guerra, ma un intervallo di tempo in cui si costruiscono le condizioni che possono condurre a scegliere l’opzione bellica.
Sebbene questa prospettiva abbia suscitato diverse perplessità, dal momento che l’applicazione di modelli economici alla guerra potrebbe risultare insufficiente nel ricostruire la complessità dei conflitti, tuttavia essa può fornire alcune utili indicazioni di cui si potrebbe tener conto, integrandole ovviamente con apporti di altro tipo.
Se alla guerra ci si può accostare, dunque, attribuendole aspetti di razionalità, allora l’analisi economica, che si occupa proprio dello studio di scelte razionali, di soggetti economici e di dinamiche di mercato, si presenta come uno strumento idoneo per analizzarne quantomeno alcuni aspetti. Questa tesi, dunque, tratta di un approccio che possiamo definire “economico” alla domanda di partenza: perché una nazione sceglie di fare la guerra a un’altra?
Prenderemo in esame, inizialmente, la teoria sistemica elaborata dal politologo statunitense Kenneth Waltz che, sulle basi del pensiero neorealista, individua, nell’assenza di un governo internazionale, ossia nell’anarchia degli Stati sovrani, la causa fondamentale della guerra.
In secondo luogo, ci occuperemo degli sviluppi che la teoria razionalista ha avuto nel corso degli anni, grazie soprattutto al contributo di James D. Fearon e di Andrew H. Kydd, che hanno dato un ordine interpretativo alle teorie adottate in materia di relazioni internazionali. In particolare, sia Fearon che Kydd utilizzano la teoria economica e la teoria dei giochi, applicandole al contesto delle relazioni internazionali. Ciò non deve sorprendere, visto che l’analisi economica ha la pretesa di occuparsi di qualunque fenomeno umano che abbia a che fare con le scelte razionali. Per cui, se anche la guerra contiene alcuni aspetti riconducibili alla dimensione razionale, l’economia può fornire strumenti per comprenderla. Brevemente, il frutto dell’analisi di questi autori si può riassumere nell’idea che la guerra sia l’esito razionale delle situazioni in cui, per vari motivi, due paesi non riescono a negoziare un esito “contrattuale” del loro conflitto strategico.
Nel terzo capitolo verranno introdotti gli aspetti critici e i limiti interpretativi che sono stati individuati nell’approccio razionalista e nella teoria sistemica di Waltz. Particolare rilievo verrà dato a quelle obiezioni che, partendo da categorie psicologiche e sociologiche, criticano e limitano l’eccessiva enfasi data al concetto di razionalità.
Si proverà, in conclusione, a saggiare la tenuta di alcune spiegazioni, analizzate in questo lavoro, attraverso un’applicazione a determinati fatti concreti e specifici casi storici.
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