• Cinema
• corpi femminili
• female bodies
• first and second post-war
• primo e secondo dopoguerra

L’argomentazione principale della tesi parte da un’idea di Cristina Jandelli, che nel suo saggio Le tenebrose del cinema, contenuto nell’opera collettiva Donne e cinema di Maria Casalini, trova un aspetto in comune tra due stagioni del cinema italiano: l’epoca delle dive del muto e quella del neorealismo e degli anni Cinquanta condividono un conflitto interno tra l’affermazione di una nuova soggettività femminile (ispirata alle realtà sociali del tempo, i due dopoguerra) e la morte sullo schermo della protagonista. La questione presenta aspetti importanti e solleva questioni sia sul cinema, per quanto riguarda il divismo e la figura della femme fatale, che sulla cultura italiana in generale, caratterizzata da una certa complessità nei rapporti di genere. Nel corso della mia trattazione, attraverso l’analisi di alcune attrici e del modo in cui nei film si presentano e vengono presentate, sostengo che le due stagioni si fondano su modi complessi di fare cinema, sospesi tra l’autorialità dell’interprete e quella del regista, tra nuovi modelli femminili e il tentativo del loro contenimento.
The main argument of the thesis starts from an idea by Cristina Jandelli, who in her essay Le tenebrose del cinema, included in the collective work Donne e cinema by Maria Casalini, finds a common aspect between two seasons of Italian cinema: the era of the silent divas and that of neorealism and the 1950s share an internal conflict between the affirmation of a new female subjectivity (inspired by the social realities of the time, the two post-war periods) and the death on the screen of the protagonist. The issue presents important aspects and raises questions both on cinema, with regard to stardom and the figure of the femme fatale, and on Italian culture in general, characterized by a certain complexity in gender relations. In the course of my discussion, through the analysis of some actresses and the way in which they present themselves and are presented in films, I argue that the two seasons are based on complex ways of making cinema, suspended between the authorship of the interpreter and that of the director, between new female models and the attempt to contain them.