Tesi etd-03172025-152912 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MORI, JODY
URN
etd-03172025-152912
Titolo
SINTESI DI DERIVATI BENZIMIDAZOLICI COME AGONISTI DELLA PROTEIN-CHINASI 5' ADENOSINA MONOFOSFATO ATTIVATA (AMPK)
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Rapposelli, Simona
correlatore Dott. Raffellini, Lorenzo
correlatore Dott. Raffellini, Lorenzo
Parole chiave
- agonisti di AMPK
- AMPK
- AMPK agonists
- autofagia
- autophagy
- neurodegeneration
- neurodegenerazione
Data inizio appello
09/04/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/04/2028
Riassunto
La protein-chinasi 5' adenosina monofosfato attivata (5' adenosine monophosphate-activated protein kinase o AMPK) è una protein-chinasi ubiquitaria fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi cellulare. In condizioni fisiologiche, la sua principale funzione è quella di rilevare il rapporto AMP/ATP e ADP/ATP all'interno della cellula, monitorando così i livelli energetici cellulari. La sua attivazione è causata dall’incremento di questi rapporti, tipico delle condizioni di stress cellulare, e comporta molteplici effetti a valle nei pathway di segnalazione in cui è coinvolta. In particolare, nella sua forma attiva, AMPK è in grado di innescare le vie cataboliche ed inibire le vie anaboliche, andando a rigenerare ATP e bloccandone il depauperamento, ristabilendo in ultima istanza l’omeostasi cellulare.
Oggetto principale di interesse di questa tesi di laurea è uno dei meccanismi catabolici che AMPK è in grado di attivare, cioè l’autofagia, un processo mediante il quale la cellula degrada e ricicla i propri componenti danneggiati o inutilizzati per mantenere l'equilibrio e la funzionalità cellulare. Tale processo riveste un ruolo chiave in numerose malattie quali le patologie neurodegerative, il cancro e le patologie metaboliche. Tra le varie forme di autofagia si ritrova la macro-autofagia, in cui la cellula ingloba le componenti da scartare in vescicole con doppia membrana fosfolipidica, gli autofagosomi, prima di fonderli con i lisosomi ed avviare la degradazione enzimatica. Molte malattie sono caratterizzate da un processo autofagico malfunzionante, scarso o assente, il quale comporta l’accumulo di organelli vecchi e immaturi, e proteine danneggiate o misfolded. I più innovativi studi su tali patologie hanno evidenziato che il ripristino dell’autofagia disfunzionante potrebbe essere una soluzione efficace per la loro cura.
L’autofagia nel cancro ha funzione duplice. Prima dell’insorgenza del tumore, di fatto, evita che si accumulino fattori di stress come mitocondri vecchi e malfunzionanti, proteine mal ripiegate ed altre componenti cellulari danneggiate, i quali possono innescare la genesi di neoplasie e favorirne lo sviluppo. Nelle cellule tumorali, invece, l’autofagia rappresenta uno dei tanti meccanismi che consentono la loro sopravvivenza e proliferazione. Nonostante ciò, noti attivatori di AMPK si sono rivelati efficaci per la cura di alcune classi di cancro come la leucemia mieloide acuta e il glioma, anche a malattia conclamata. Ristabilire un buon funzionamento del meccanismo autofagico ha notevoli effetti positivi sulla sindrome metabolica, grazie al suo impatto benefico su tutte le diverse malattie che vanno a comporre questa complicata condizione. L’autofagia è fondamentale nel controllo della lipolisi e nel funzionamento delle cellule β pancreatiche e delle cellule insulino-sensibili. Infine, l’autofagia ha effetto preventivo nello sviluppo delle malattie neurodegenerative (NDDs). Le NDDs sono tipicamente caratterizzate da un meccanismo autofagico alterato nei neuroni, il quale porta ad un accumulo di proteine misfolded nel citoplasma che a lungo andare risulta letale per il neurone.
Tra le possibili strategie attuabili per promuovere l’autofagia ritroviamo l’attivazione di AMPK. Nuovi attivatori di AMPK potrebbero infatti rivelarsi utili nel trattamento di patologie neurodegenerative, metaboliche e in alcune forme di cancro in cui è stata osservata una disfunzionalità dell’autofagia. AMPK è una serina/treonina chinasi composta da tre subunità, denominate α, β, e γ. All’estremità N-terminale della subunità α si trova il dominio chinasico, denominato kinase domain (KD). Il KD include il kinase activation loop (AL), il quale a sua volta contiene il sito primario di modulazione della chinasi, rappresentato da Thr174 per α1 e da Thr172 per α2. La fosforilazione di Thr172/174 è compito di proteine come LKB1 e CaMKKβ poste a monte nella via metabolica di attivazione di AMPK, e ne aumenta l’attività. La subunità β possiede una porzione ben conservata chiamata dominio legante il glicogeno, o carbohydrate-binding module (CBM); questo dominio comprende un residuo amminoacidico, Ser108, altro target della fosforilazione di proteine modulatrici di AMPK. La subunità γ possiede quattro domini cistationina β-sintasi, Cystathionine-β-synthase (CBS), dove i nucleotidi ATP, ADP e AMP possono legare AMPK, con differente affinità ed effetto finale sull’attività della chinasi. All’interfaccia tra il CBM di β e il KD di α si trova un sito detto “sito di legame allosterico per farmaci e metaboliti”, allosteric drug and metabolite site (ADaM). ADaM è il sito di legame di molti attivatori noti di AMPK e, auspicabilmente, anche delle nuove molecole di sintesi oggetto di questa tesi di laurea. Il legame di AMP con AMPK ha l’effetto di proteggere l’AL dalla defosforilazione e promuovere un’attivazione allosterica, la quale da sola è capace di aumentare l’attività della chinasi. Anche il legame di una molecola attivatrice con il sito ADaM ha un effetto allosterico: induce un cambiamento conformazionale nel CBM, il quale va a proteggere il KD da variazioni di posizione. KD interagisce meglio con ATP, (in questo caso substrato della chinasi), e AMPK aumenta la sua attività chinasica. Una volta attiva, AMPK è in grado di fosforilare ed attivare alcune proteine fondamentali per l’induzione dell’autofagia, in particolare ULK1, PIK3C3 e ATG9. Inoltre, AMPK in forma attiva fosforila e disattiva mTORC1, un importante inibitore dell’autofagia. AMPK, infine, è capace di supportare l’autofagia tramite l’attivazione di fattori di trascrizione come FOXO3 e TFEB. Queste prove sperimentali permettono di considerare AMPK come un importante induttore cellulare dell’autofagia.
In letteratura è possibile trovare già un notevole numero di molecole capaci di legare AMPK sia sul sito ADaM che sulla subunità γ, le quali si sono rivelate capaci di attivare l’enzima, incrementare il flusso autofagico e operare un effetto benefico su vari modelli cellulari ed animali di malattie come sindrome metabolica, cancro e sindromi di Alzheimer e di Parkinson. A-769662, GSK621, 991, PF-06409577, MT 63-78, MT 47-100 e C2 sono le molecole di successo cui si è ispirata la sintesi dei nuovi composti.
La scelta di sintetizzare le nostre nuove molecole partendo da un nucleo benzimidazolico e di decorarle con sostituenti polari viene proprio dall’osservazione di questi composti. Un’analisi sommaria delle loro strutture rivela infatti tre caratteristiche comuni: scaffold centrale aromatico e azotato, sistemi aromatici coniugati e sostituenti laterali capaci di generare legami ad idrogeno. Abbiamo integrato questa intuizione con studi di docking eseguiti da nostri collaboratori, i quali ci hanno consentito di apporre razionalmente i sostituenti sul nostro scaffold di partenza, con l’obiettivo di raggiungere altri residui amminoacidici del sito ADaM ed incrementare l’affinità per il target. I dettagli relativi alla sintesi di queste nuove molecole, alle tecniche di purificazione impiegate, alle rese delle reazioni ed alla caratterizzazione di prodotti intermedi e finali di sintesi saranno oggetto di questa tesi di laurea.
Oggetto principale di interesse di questa tesi di laurea è uno dei meccanismi catabolici che AMPK è in grado di attivare, cioè l’autofagia, un processo mediante il quale la cellula degrada e ricicla i propri componenti danneggiati o inutilizzati per mantenere l'equilibrio e la funzionalità cellulare. Tale processo riveste un ruolo chiave in numerose malattie quali le patologie neurodegerative, il cancro e le patologie metaboliche. Tra le varie forme di autofagia si ritrova la macro-autofagia, in cui la cellula ingloba le componenti da scartare in vescicole con doppia membrana fosfolipidica, gli autofagosomi, prima di fonderli con i lisosomi ed avviare la degradazione enzimatica. Molte malattie sono caratterizzate da un processo autofagico malfunzionante, scarso o assente, il quale comporta l’accumulo di organelli vecchi e immaturi, e proteine danneggiate o misfolded. I più innovativi studi su tali patologie hanno evidenziato che il ripristino dell’autofagia disfunzionante potrebbe essere una soluzione efficace per la loro cura.
L’autofagia nel cancro ha funzione duplice. Prima dell’insorgenza del tumore, di fatto, evita che si accumulino fattori di stress come mitocondri vecchi e malfunzionanti, proteine mal ripiegate ed altre componenti cellulari danneggiate, i quali possono innescare la genesi di neoplasie e favorirne lo sviluppo. Nelle cellule tumorali, invece, l’autofagia rappresenta uno dei tanti meccanismi che consentono la loro sopravvivenza e proliferazione. Nonostante ciò, noti attivatori di AMPK si sono rivelati efficaci per la cura di alcune classi di cancro come la leucemia mieloide acuta e il glioma, anche a malattia conclamata. Ristabilire un buon funzionamento del meccanismo autofagico ha notevoli effetti positivi sulla sindrome metabolica, grazie al suo impatto benefico su tutte le diverse malattie che vanno a comporre questa complicata condizione. L’autofagia è fondamentale nel controllo della lipolisi e nel funzionamento delle cellule β pancreatiche e delle cellule insulino-sensibili. Infine, l’autofagia ha effetto preventivo nello sviluppo delle malattie neurodegenerative (NDDs). Le NDDs sono tipicamente caratterizzate da un meccanismo autofagico alterato nei neuroni, il quale porta ad un accumulo di proteine misfolded nel citoplasma che a lungo andare risulta letale per il neurone.
Tra le possibili strategie attuabili per promuovere l’autofagia ritroviamo l’attivazione di AMPK. Nuovi attivatori di AMPK potrebbero infatti rivelarsi utili nel trattamento di patologie neurodegenerative, metaboliche e in alcune forme di cancro in cui è stata osservata una disfunzionalità dell’autofagia. AMPK è una serina/treonina chinasi composta da tre subunità, denominate α, β, e γ. All’estremità N-terminale della subunità α si trova il dominio chinasico, denominato kinase domain (KD). Il KD include il kinase activation loop (AL), il quale a sua volta contiene il sito primario di modulazione della chinasi, rappresentato da Thr174 per α1 e da Thr172 per α2. La fosforilazione di Thr172/174 è compito di proteine come LKB1 e CaMKKβ poste a monte nella via metabolica di attivazione di AMPK, e ne aumenta l’attività. La subunità β possiede una porzione ben conservata chiamata dominio legante il glicogeno, o carbohydrate-binding module (CBM); questo dominio comprende un residuo amminoacidico, Ser108, altro target della fosforilazione di proteine modulatrici di AMPK. La subunità γ possiede quattro domini cistationina β-sintasi, Cystathionine-β-synthase (CBS), dove i nucleotidi ATP, ADP e AMP possono legare AMPK, con differente affinità ed effetto finale sull’attività della chinasi. All’interfaccia tra il CBM di β e il KD di α si trova un sito detto “sito di legame allosterico per farmaci e metaboliti”, allosteric drug and metabolite site (ADaM). ADaM è il sito di legame di molti attivatori noti di AMPK e, auspicabilmente, anche delle nuove molecole di sintesi oggetto di questa tesi di laurea. Il legame di AMP con AMPK ha l’effetto di proteggere l’AL dalla defosforilazione e promuovere un’attivazione allosterica, la quale da sola è capace di aumentare l’attività della chinasi. Anche il legame di una molecola attivatrice con il sito ADaM ha un effetto allosterico: induce un cambiamento conformazionale nel CBM, il quale va a proteggere il KD da variazioni di posizione. KD interagisce meglio con ATP, (in questo caso substrato della chinasi), e AMPK aumenta la sua attività chinasica. Una volta attiva, AMPK è in grado di fosforilare ed attivare alcune proteine fondamentali per l’induzione dell’autofagia, in particolare ULK1, PIK3C3 e ATG9. Inoltre, AMPK in forma attiva fosforila e disattiva mTORC1, un importante inibitore dell’autofagia. AMPK, infine, è capace di supportare l’autofagia tramite l’attivazione di fattori di trascrizione come FOXO3 e TFEB. Queste prove sperimentali permettono di considerare AMPK come un importante induttore cellulare dell’autofagia.
In letteratura è possibile trovare già un notevole numero di molecole capaci di legare AMPK sia sul sito ADaM che sulla subunità γ, le quali si sono rivelate capaci di attivare l’enzima, incrementare il flusso autofagico e operare un effetto benefico su vari modelli cellulari ed animali di malattie come sindrome metabolica, cancro e sindromi di Alzheimer e di Parkinson. A-769662, GSK621, 991, PF-06409577, MT 63-78, MT 47-100 e C2 sono le molecole di successo cui si è ispirata la sintesi dei nuovi composti.
La scelta di sintetizzare le nostre nuove molecole partendo da un nucleo benzimidazolico e di decorarle con sostituenti polari viene proprio dall’osservazione di questi composti. Un’analisi sommaria delle loro strutture rivela infatti tre caratteristiche comuni: scaffold centrale aromatico e azotato, sistemi aromatici coniugati e sostituenti laterali capaci di generare legami ad idrogeno. Abbiamo integrato questa intuizione con studi di docking eseguiti da nostri collaboratori, i quali ci hanno consentito di apporre razionalmente i sostituenti sul nostro scaffold di partenza, con l’obiettivo di raggiungere altri residui amminoacidici del sito ADaM ed incrementare l’affinità per il target. I dettagli relativi alla sintesi di queste nuove molecole, alle tecniche di purificazione impiegate, alle rese delle reazioni ed alla caratterizzazione di prodotti intermedi e finali di sintesi saranno oggetto di questa tesi di laurea.
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