Tesi etd-03092025-153605 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MOSCHITTA, GIUSEPPE
URN
etd-03092025-153605
Titolo
Ierofania e perdita del sacro nelle opere di Pier Paolo Pasolini: da Casarsa a Petrolio
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
ITALIANISTICA
Relatori
relatore Prof. Fiorillo, Alessandro
correlatore Prof. Donnarumma, Raffaele
correlatore Prof. Donnarumma, Raffaele
Parole chiave
- ecologia
- genocidio culturale
- mutazione antropologica
- potere
- sacro
Data inizio appello
04/04/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
04/04/2065
Riassunto
Questa tesi esplora il concetto di "sacro" nell’opera di Pier Paolo Pasolini, un tema ricorrente che attraversa tutta la sua produzione, dalla poesia alla narrativa, dal cinema alla saggistica. L’analisi si basa sul contributo di studiosi come Rudolf Otto e Mircea Eliade, che definiscono il sacro come un’esperienza al di là del razionale, manifestata attraverso la "ierofania", ovvero la rivelazione di una realtà superiore e trascendente. Pasolini declina questa nozione in diversi contesti, adattandola alle trasformazioni culturali e sociali dell’Italia del Novecento.
Il primo capitolo si concentra sulle radici del sacro nella produzione giovanile dell’autore, in particolare in Poesie a Casarsa. Qui il sacro si manifesta in un tempo mitico e ciclico, incarnato nella natura incontaminata e nella lingua dialettale friulana, considerata più autentica e vicina all’essenza dell’essere. Casarsa diventa così un "Eden" primordiale, lontano dalla modernità e dalle logiche del progresso. Il dialetto friulano, nelle poesie pasoliniane, diventa un mezzo per superare le barriere della razionalità e accedere a una realtà più profonda e misteriosa.
L’arrivo a Roma negli anni '50 segna poi una svolta nella sua produzione. Pasolini scopre un nuovo mondo nelle periferie e nelle borgate popolari, dove la povertà e l’emarginazione non cancellano, ma anzi rafforzano, la dimensione sacra della vita. Il sottoproletariato diventa il custode di un’umanità autentica, non ancora contaminata dal materialismo borghese. Opere come Ragazzi di vita e Alì dagli occhi azzurri mettono in luce questa sacralità attraverso la lingua romanesca e il discorso indiretto libero, strumenti che permettono all’autore di immergersi nella realtà dei suoi personaggi e di rappresentarla con autenticità. Qui, il sacro si esprime nel corpo, nei gesti e nei riti quotidiani dei ragazzi di vita, in una dimensione al tempo stesso arcaica e primitiva.
Il secondo capitolo analizza il passaggio agli anni '60, quando l’Italia subisce un profondo cambiamento con l’avvento della società industriale e del neocapitalismo. Pasolini denuncia questa trasformazione come una perdita irreversibile del sacro, sostituito da un’omologazione culturale che cancella le diversità linguistiche e antropologiche. Il concetto di "mutazione antropologica" emerge nei suoi scritti polemici, come Scritti corsari e Lettere luterane, dove l’autore descrive l’imposizione di un nuovo potere che modella le coscienze attraverso il consumismo. Opere come Divina Mimesis e Nuove questioni linguistiche evidenziano il declino della lingua espressiva e popolare, sostituita da un linguaggio tecnico e spersonalizzato. Nel cinema, film come Medea traducono questa opposizione attraverso la dicotomia tra mondo arcaico e razionale, tra il sacro che resiste e la modernità che lo distrugge.
Il terzo capitolo si concentra, invece, sugli anni ’70, in cui Pasolini assiste alla definitiva scomparsa del sacro, causata dalla completa affermazione della società dei consumi. In Teorema, il sacro irrompe in una famiglia borghese attraverso la figura dell’ospite, portando scompiglio e rivelando la fragilità dei valori moderni. La critica si fa ancora più aspra con Petrolio, romanzo incompiuto in cui il declino del sacro si intreccia con una visione apocalittica della società contemporanea. In questo periodo, Pasolini vive anche una crisi personale, legata alla fine del suo rapporto con Ninetto Davoli, figura che aveva rappresentato per lui l’ultima incarnazione di un sacro ormai perduto.
La tesi dimostra come il concetto di sacro in Pasolini sia strettamente legato alla sua visione politica e sociale: inizialmente ancorato alla purezza arcaica del mondo contadino, poi trasferito nei corpi e nei linguaggi del sottoproletariato romano, infine negato dalla società dei consumi. L’evoluzione del sacro in Pasolini è dunque un riflesso della trasformazione dell’Italia del Novecento, un viaggio dal mito alla disillusione, dalla poesia alla denuncia, dalla speranza alla perdita definitiva di ogni riferimento trascendente.
Il primo capitolo si concentra sulle radici del sacro nella produzione giovanile dell’autore, in particolare in Poesie a Casarsa. Qui il sacro si manifesta in un tempo mitico e ciclico, incarnato nella natura incontaminata e nella lingua dialettale friulana, considerata più autentica e vicina all’essenza dell’essere. Casarsa diventa così un "Eden" primordiale, lontano dalla modernità e dalle logiche del progresso. Il dialetto friulano, nelle poesie pasoliniane, diventa un mezzo per superare le barriere della razionalità e accedere a una realtà più profonda e misteriosa.
L’arrivo a Roma negli anni '50 segna poi una svolta nella sua produzione. Pasolini scopre un nuovo mondo nelle periferie e nelle borgate popolari, dove la povertà e l’emarginazione non cancellano, ma anzi rafforzano, la dimensione sacra della vita. Il sottoproletariato diventa il custode di un’umanità autentica, non ancora contaminata dal materialismo borghese. Opere come Ragazzi di vita e Alì dagli occhi azzurri mettono in luce questa sacralità attraverso la lingua romanesca e il discorso indiretto libero, strumenti che permettono all’autore di immergersi nella realtà dei suoi personaggi e di rappresentarla con autenticità. Qui, il sacro si esprime nel corpo, nei gesti e nei riti quotidiani dei ragazzi di vita, in una dimensione al tempo stesso arcaica e primitiva.
Il secondo capitolo analizza il passaggio agli anni '60, quando l’Italia subisce un profondo cambiamento con l’avvento della società industriale e del neocapitalismo. Pasolini denuncia questa trasformazione come una perdita irreversibile del sacro, sostituito da un’omologazione culturale che cancella le diversità linguistiche e antropologiche. Il concetto di "mutazione antropologica" emerge nei suoi scritti polemici, come Scritti corsari e Lettere luterane, dove l’autore descrive l’imposizione di un nuovo potere che modella le coscienze attraverso il consumismo. Opere come Divina Mimesis e Nuove questioni linguistiche evidenziano il declino della lingua espressiva e popolare, sostituita da un linguaggio tecnico e spersonalizzato. Nel cinema, film come Medea traducono questa opposizione attraverso la dicotomia tra mondo arcaico e razionale, tra il sacro che resiste e la modernità che lo distrugge.
Il terzo capitolo si concentra, invece, sugli anni ’70, in cui Pasolini assiste alla definitiva scomparsa del sacro, causata dalla completa affermazione della società dei consumi. In Teorema, il sacro irrompe in una famiglia borghese attraverso la figura dell’ospite, portando scompiglio e rivelando la fragilità dei valori moderni. La critica si fa ancora più aspra con Petrolio, romanzo incompiuto in cui il declino del sacro si intreccia con una visione apocalittica della società contemporanea. In questo periodo, Pasolini vive anche una crisi personale, legata alla fine del suo rapporto con Ninetto Davoli, figura che aveva rappresentato per lui l’ultima incarnazione di un sacro ormai perduto.
La tesi dimostra come il concetto di sacro in Pasolini sia strettamente legato alla sua visione politica e sociale: inizialmente ancorato alla purezza arcaica del mondo contadino, poi trasferito nei corpi e nei linguaggi del sottoproletariato romano, infine negato dalla società dei consumi. L’evoluzione del sacro in Pasolini è dunque un riflesso della trasformazione dell’Italia del Novecento, un viaggio dal mito alla disillusione, dalla poesia alla denuncia, dalla speranza alla perdita definitiva di ogni riferimento trascendente.
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