Tesi etd-03022009-103024 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
MOSCUZZA, FRANCESCA
URN
etd-03022009-103024
Titolo
L'ittero neonatale tra vecchio e nuovo: revisione critica dei principali fattori di rischio peri-partum in una popolazione multietnica di neonati.
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Prof. Boldrini, Antonio
Parole chiave
- asse dello stress
- encefalopatia bilirubinemica
- ittero neonatale
- IUGR
Data inizio appello
17/03/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/03/2049
Riassunto
RIASSUNTO
L’ittero è un segno clinico estremamente frequente in epoca neonatale.
In condizioni fisiologiche, le cause di ciò sono correlate essenzialmente all’aumento
della produzione di bilirubina per la poliglobulia tipica del neonato (a fronte di una
vita più breve dei globuli rossi) e al deficit di glicurono-coniugazione (enzima
UGT1A1) per l’immaturità del metabolismo epatico. L’allattamento al seno
materno si associa alla comparsa di iperbilirubinemia di maggior entità e di maggior
durata. Aumento dei livelli di bilirubinemia si osserva, però, anche in numerose
condizioni patologiche che devono essere riconosciute e adeguatamente trattate. In
particolare, mentre i quadri di ittero a iperbilirubinemia diretta (che non sono
oggetto di questa tesi) sono dovuti ad ostacoli dell’escrezione biliare,
l’iperbilirubinemia indiretta (non coniugata) può essere associata ad un'aumentata
emolisi immunomediata (incompatibilità AB0 o Rh) o non immunomediata (deficit
enzimatici eritrocitari, anomalie della membrana eritrocitaria, emoglobinopatie),
infezioni, ematomi o emorragie, patologie endocrine (ipotiroidismo,
ipopituitarismo) o errori congeniti del metabolismo (sindrome di Crigler-Najjar tipo
I e II, sindrome di Gilbert).
L’iperbilirubinemia deve essere valutata tempestivamente: la diagnosi differenziale
delle cause e il monitoraggio clinico-laboratoristico sono mandatori per un’adeguata
strategia terapeutica (fototerapia, terapia farmacologica), finalizzata a scongiurare il
rischio di danno neuronale (encefalopatia bilirubinemica acuta e cronica,
kernicterus). Nel neonato pretermine l’ittero viene descritto come un'evenienza
clinica pressoché costante, a causa dell’ulteriore riduzione dell’attività di glicurono-
coniugazione, del ridotto livello di albuminemia, di eventuali ritardi nell’inizio
dell'alimentazione enterale, nonché della maggiore frequenza di sepsi. Per di più, il
pretermine è esposto a un maggior rischio di neurotossicità da bilirubina, per la
relativa immaturità della barriera emato-encefalica.
Scopo di questa tesi è stato quello di rivedere, alla luce delle conoscenze
attuali, possibili interazioni di molteplici fattori che negli anni sono stati chiamati in
causa nella patogenesi dell’ittero neonatale a bilirubina indiretta, mettendone in
risalto l’effettiva influenza o al contrario l’estraneità a tale evento.
Abbiamo incluso nello studio, di tipo retrospettivo osservazionale, tutti i
neonati ricoverati presso la U.O. di Neonatologia della Azienda Ospedaliera
Universitaria Pisana da gennaio 2006 a dicembre 2008 (7147 neonati). Di questi,
sono stati considerati quanti hanno presentato, durante il ricovero, ittero da
iperbilirubinemia indiretta clinicamente significativo (239 neonati; EG= 28-41 sett.,
PN= 695-4330 g). In tale coorte di pazienti, abbiamo valutato l’andamento della
bilirubinemia totale nelle prime 216 ore di vita (9 giorni), anche in considerazione
delle eventuali terapie specifiche (fototerapia, terapia farmacologica), e lo abbiamo
correlato ai principali fattori peri-partum (modalità del parto, anestesia materna
durante il parto, somministrazione di oxitocici alla madre durante il travaglio,
malattie della gestante, profilassi steroidea prenatale, fattori di rischio per sospetta
patologia infettiva, caratteristiche auxologiche del neonato in relazione o meno
all’età gestazionale, positività del test di Coombs diretto, l’alimentazione del
neonato).
Nella nostra popolazione di studio, i neonati da parto operativo (forcipe,
ventosa) hanno presentato livelli medi di bilirubinemia statisticamente più elevati
rispetto ai neonati da parto vaginale eutocico e taglio cesareo: tale risultato,
ragionevolmente atteso, (verificato dopo le 72 ore di vita), è ascrivibile alla
formazione di stravasi ematici, piuttosto frequente in caso di distocia di parto. Non
abbiamo rilevato differenze significative nell’andamento dell’ittero in relazione
all’uso o meno di anestesia farmacologica da parte della madre. La
somministrazione di oxitocici alla gestante sembra associata ad una bilirubinemia di
entità maggiore, confermando il dato della letteratura. I neonati IUGR, al pari dei
neonati SGA, hanno presentato livelli di bilirubina più bassi. Verosimilmente tale
differenza potrebbe trovare la sua spiegazione nel fatto che questa tipologia di
neonati è sottoposta ad un maggiore stress in utero e quindi a più elevati livelli di
cortisolo; questo potrebbe determinare una più rapida maturazione del fegato di tali
neonati, attraverso un meccanismo di induzione enzimatica. A supporto di tale
ipotesi è l’osservazione che sia i neonati da madre con gestosi, che i neonati le cui
madri sono state sottoposte a profilassi con betametasone, hanno mostrato livelli più
bassi di bilirubina rispetto ai controlli. Per quanto riguarda il peso alla nascita, i
neonati con un peso >2000 g hanno presentato un livello medio di bilirubinemia più
alto rispetto a quello di peso inferiore. Allo stesso modo neonati con età gestazionali
superiori hanno livelli di bilirubina più alti. Questo potrebbe essere spiegato, per i
neonati più immaturi, da un più tempestivo intervento terapeutico oltre che da una
diversa crasi ematica (meno evidente la poliglobulia per questi neonati). I neonati
con fattori di rischio per patologia infettiva non hanno presentato un andamento
dell’ittero dissimile dai controlli, in virtù della profilassi antibiotica intrapartum,
nonché della stretta sorveglianza clinica e laboratoristica a cui questi neonati sono
sottoposti nella nostra U.O. In accordo con la letteratura, i soggetti alimentati al
seno e i soggetti con Coombs positivo sviluppano più alti livelli di bilirubinemia.
Molto suggestivo è il dato emerso sul possibile ruolo giocato dalla
cortisolemia pre-natale sull’induzione del metabolismo epatico, dato che, al
momento, ha trovato riscontro sperimentale solo in modelli animali.
L’ittero è un segno clinico estremamente frequente in epoca neonatale.
In condizioni fisiologiche, le cause di ciò sono correlate essenzialmente all’aumento
della produzione di bilirubina per la poliglobulia tipica del neonato (a fronte di una
vita più breve dei globuli rossi) e al deficit di glicurono-coniugazione (enzima
UGT1A1) per l’immaturità del metabolismo epatico. L’allattamento al seno
materno si associa alla comparsa di iperbilirubinemia di maggior entità e di maggior
durata. Aumento dei livelli di bilirubinemia si osserva, però, anche in numerose
condizioni patologiche che devono essere riconosciute e adeguatamente trattate. In
particolare, mentre i quadri di ittero a iperbilirubinemia diretta (che non sono
oggetto di questa tesi) sono dovuti ad ostacoli dell’escrezione biliare,
l’iperbilirubinemia indiretta (non coniugata) può essere associata ad un'aumentata
emolisi immunomediata (incompatibilità AB0 o Rh) o non immunomediata (deficit
enzimatici eritrocitari, anomalie della membrana eritrocitaria, emoglobinopatie),
infezioni, ematomi o emorragie, patologie endocrine (ipotiroidismo,
ipopituitarismo) o errori congeniti del metabolismo (sindrome di Crigler-Najjar tipo
I e II, sindrome di Gilbert).
L’iperbilirubinemia deve essere valutata tempestivamente: la diagnosi differenziale
delle cause e il monitoraggio clinico-laboratoristico sono mandatori per un’adeguata
strategia terapeutica (fototerapia, terapia farmacologica), finalizzata a scongiurare il
rischio di danno neuronale (encefalopatia bilirubinemica acuta e cronica,
kernicterus). Nel neonato pretermine l’ittero viene descritto come un'evenienza
clinica pressoché costante, a causa dell’ulteriore riduzione dell’attività di glicurono-
coniugazione, del ridotto livello di albuminemia, di eventuali ritardi nell’inizio
dell'alimentazione enterale, nonché della maggiore frequenza di sepsi. Per di più, il
pretermine è esposto a un maggior rischio di neurotossicità da bilirubina, per la
relativa immaturità della barriera emato-encefalica.
Scopo di questa tesi è stato quello di rivedere, alla luce delle conoscenze
attuali, possibili interazioni di molteplici fattori che negli anni sono stati chiamati in
causa nella patogenesi dell’ittero neonatale a bilirubina indiretta, mettendone in
risalto l’effettiva influenza o al contrario l’estraneità a tale evento.
Abbiamo incluso nello studio, di tipo retrospettivo osservazionale, tutti i
neonati ricoverati presso la U.O. di Neonatologia della Azienda Ospedaliera
Universitaria Pisana da gennaio 2006 a dicembre 2008 (7147 neonati). Di questi,
sono stati considerati quanti hanno presentato, durante il ricovero, ittero da
iperbilirubinemia indiretta clinicamente significativo (239 neonati; EG= 28-41 sett.,
PN= 695-4330 g). In tale coorte di pazienti, abbiamo valutato l’andamento della
bilirubinemia totale nelle prime 216 ore di vita (9 giorni), anche in considerazione
delle eventuali terapie specifiche (fototerapia, terapia farmacologica), e lo abbiamo
correlato ai principali fattori peri-partum (modalità del parto, anestesia materna
durante il parto, somministrazione di oxitocici alla madre durante il travaglio,
malattie della gestante, profilassi steroidea prenatale, fattori di rischio per sospetta
patologia infettiva, caratteristiche auxologiche del neonato in relazione o meno
all’età gestazionale, positività del test di Coombs diretto, l’alimentazione del
neonato).
Nella nostra popolazione di studio, i neonati da parto operativo (forcipe,
ventosa) hanno presentato livelli medi di bilirubinemia statisticamente più elevati
rispetto ai neonati da parto vaginale eutocico e taglio cesareo: tale risultato,
ragionevolmente atteso, (verificato dopo le 72 ore di vita), è ascrivibile alla
formazione di stravasi ematici, piuttosto frequente in caso di distocia di parto. Non
abbiamo rilevato differenze significative nell’andamento dell’ittero in relazione
all’uso o meno di anestesia farmacologica da parte della madre. La
somministrazione di oxitocici alla gestante sembra associata ad una bilirubinemia di
entità maggiore, confermando il dato della letteratura. I neonati IUGR, al pari dei
neonati SGA, hanno presentato livelli di bilirubina più bassi. Verosimilmente tale
differenza potrebbe trovare la sua spiegazione nel fatto che questa tipologia di
neonati è sottoposta ad un maggiore stress in utero e quindi a più elevati livelli di
cortisolo; questo potrebbe determinare una più rapida maturazione del fegato di tali
neonati, attraverso un meccanismo di induzione enzimatica. A supporto di tale
ipotesi è l’osservazione che sia i neonati da madre con gestosi, che i neonati le cui
madri sono state sottoposte a profilassi con betametasone, hanno mostrato livelli più
bassi di bilirubina rispetto ai controlli. Per quanto riguarda il peso alla nascita, i
neonati con un peso >2000 g hanno presentato un livello medio di bilirubinemia più
alto rispetto a quello di peso inferiore. Allo stesso modo neonati con età gestazionali
superiori hanno livelli di bilirubina più alti. Questo potrebbe essere spiegato, per i
neonati più immaturi, da un più tempestivo intervento terapeutico oltre che da una
diversa crasi ematica (meno evidente la poliglobulia per questi neonati). I neonati
con fattori di rischio per patologia infettiva non hanno presentato un andamento
dell’ittero dissimile dai controlli, in virtù della profilassi antibiotica intrapartum,
nonché della stretta sorveglianza clinica e laboratoristica a cui questi neonati sono
sottoposti nella nostra U.O. In accordo con la letteratura, i soggetti alimentati al
seno e i soggetti con Coombs positivo sviluppano più alti livelli di bilirubinemia.
Molto suggestivo è il dato emerso sul possibile ruolo giocato dalla
cortisolemia pre-natale sull’induzione del metabolismo epatico, dato che, al
momento, ha trovato riscontro sperimentale solo in modelli animali.
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