Tesi etd-02252025-112600 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
BETTI, NICOLÒ
URN
etd-02252025-112600
Titolo
Strategie di mantenimento alla prima linea chemioterapica nel paziente affetto da adenocarcinoma del pancreas avanzato: casistica monocentrica oncologica pisana
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Masi, Gianluca
correlatore Dott.ssa Vivaldi, Caterina
correlatore Dott.ssa Vivaldi, Caterina
Parole chiave
- adenocarcinoma pancreas
- capecitabina
- fluorouracile
- gemcitabina
- gemcitabina e nab-paclitaxel
- mantenimento
- mFOLFIRINOX
Data inizio appello
25/03/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/03/2095
Riassunto
Il carcinoma del pancreas rappresenta una patologia neoplastica rilevante nella popolazione per la sua elevata mortalità. Si colloca al settimo posto per incidenza tra tutti i tumori e al quarto posto per mortalità. La sopravvivenza infatti si attesta attorno al 10% a 5 anni in chi riceve diagnosi di carcinoma pancreatico, a causa della diagnosi ritardata e dell’elevata aggressività biologica della malattia.
La stadiazione fatta secondo i criteri NCCN permette di individuare le forme tumorali potenzialmente resecabili, caratteristica importante visto che la chirurgia resettiva rappresenta l’unico vero trattamento potenzialmente curativo. La percentuale di coloro che hanno una malattia resecabile o borderline resectable alla diagnosi è soltanto del 20%, un altro 20-30% dei soggetti presenta malattia localmente avanzata non resecabile. La maggior parte delle diagnosi però riguarda carcinomi pancreatici già in fase metastatica, con una sopravvivenza a 5 anni estremamente bassa.
Il trattamento dell’adenocarcinoma del pancreas avanzato prevede l’utilizzo di chemioterapia sistemica con combinazioni di farmaci. Le linee guida raccomandano l’utilizzo di mFOLFIRINOX per 6 mesi (12 cicli) o della combinazione di gemcitabina e nab-paclitaxel in soggetti con ECOG PS 0-1 e con valori di bilirubina < 1.5 volte il limite massimo di normalità. Per i pazienti con condizioni più scadute (ECOG PS 2) viene raccomandato solo l’utilizzo di gemcitabina e nab-paclitaxel fino a progressione di malattia o insorgenza di tossicità tali da interrompere la terapia. L’individuazione di progressione di malattia (secondo i criteri RECIST) determina il passaggio ad una terapia chemioterapica di seconda linea, se le condizioni cliniche sono permissive, o alla sola terapia di supporto.
L’attenzione si sta spostando verso nuovi approcci terapeutici nei pazienti con malattia avanzata, soprattutto dopo le evidenze raccolte dagli studi POLO e PANOPTIMOX. Entrambi mostrano la fattibilità e l’efficacia dell’utilizzo della chemioterapia citotossica come terapia di induzione per ottenere una risposta radiologica e umorale, per poi passare ad una terapia definita di mantenimento. Lo scopo della terapia di mantenimento è quello di mantenere la risposta ottenuta durante l’induzione, prolungare OS e PFS e ridurre le tossicità e eventi avversi alla terapia tramite una strategia di de-intensificazione. Lo studio POLO ha dimostrato l’efficacia dell’utilizzo del mantenimento con olaparib in una popolazione selezionata di soggetti con carcinoma pancreatico metastatico e mutazione del gene BRCA1 o BRCA2. PANOPTIMOX ha invece mostrato efficacia del mantenimento con 5-fluorouracile dopo induzione con mFOLFIRINOX in una popolazione senza specifiche mutazioni.
Questo studio si inserisce in questo contesto, con lo scopo di comparare l’efficacia di una strategia di mantenimento dopo un controllo di malattia di almeno 4 mesi tramite chemioterapia di induzione con mFOLFIRINOX o gemcitabina e nab-paclitaxel, rispetto a non usare tale strategia. La valutazione dell’efficacia è stata fatta usando come endpoints PFS mediana, OS mediana e i tassi di PFS a 6 e a 9 mesi; è stato fatto inoltre un monitoraggio delle tossicità riscontrate durante il trattamento per valutare la tolleranza.
Nello studio sono stati inclusi soggetti seguiti presso l’UO Oncologia Universitaria dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) nel periodo tra l’agosto 2010 e il febbraio 2025. Sono stati inclusi pazienti con diagnosi di adenocarcinoma del pancreas avanzato trattati con chemioterapia di prima linea con mFOLFIRINOX o gemcitabina e nab-paclitaxel, senza progressione di malattia alla prima rivalutazione radiologica o entro il 4° mese di terapia. Coloro che hanno ricevuto mantenimento hanno avuto follou-up di almeno 3 mesi.
Il mantenimento è stato fatto con 5-fluorouracile o capecitabina in 18 soggetti dopo controllo di malattia di almeno 4 mesi con la tripletta, contro 56 soggetti che non hanno fatto mantenimento. Dei 72 pazienti inclusi del gruppo gemcitabina e nab-paclitaxel il mantenimento è stato ricevuto da 18 pazienti, tutti con sola gemcitabina. La valutazione delle tossicità è stata fatta in accordo con i criteri CTCAE.
Per analizzare i dati dei pazienti di interesse è stato creato un database elettronico comprendente caratteristiche basali e caratteristiche riguardanti la terapia di induzione e l’eventuale terapia di mantenimento ricevuta. Le informazioni ottenute da tale database sono state utilizzate per condurre le analisi statistiche di sopravvivenza univariate e eventuali multivariate in termini di PFS e OS.
I risultati delle analisi del gruppo dei trattati con mFOLFIRINOX hanno mostrato che i fattori significativi per PFS sono stati fare il mantenimento rispetto a non farlo (mPFS 13,8 vs 7,9 mesi), e avere una maggior riduzione dei livelli del marcatore Ca 19-9 al termine della terapia di induzione (mPFS 16,0 vs 9,8 vs 6,3 mesi, per riduzioni ≥ 90%, tra 90-50%, < 50%). Solo quest’ultima variabile si è però mostrata predittore indipendente di miglior PFS.
I tassi di PFS a 6 e 9 mesi mostrano rispettivamente che i pazienti con mantenimento senza progressione a tali intervalli sono il 100% vs 69,6% e l’83,3% vs 39,3%.
Le significatività come fattori prognostici positivi in termini di OS sono state le condizioni cliniche basali espresse come ECOG PS (mOS 17,5 vs 10,9 mesi), la riduzione dei livelli di Ca 19-9 al termine dell’induzione (mOS 31,3 vs 13,9 vs 10,6 mesi) e il fare terapia di mantenimento (mOS 23,4 vs 12,9 mesi). Solo la riduzione di marcatore si è mostrato come predittore indipendente, anche se la ripetizione dell’analisi multivariata togliendo tale fattore, vista la scarsa numerosità del campione con tale dato disponibile, mostra che sia le condizione cliniche di partenza che fare il mantenimento sono buoni predittori indipendenti di miglior OS. Questi risultati richiedono di una casistica più ampia per poter essere confermati.
Le analisi condotte nel gruppo trattato con induzione di gemcitabina e nab-paclitaxel mostrano che le variabili significative per PFS come fattori prognostici favorevoli sono l’essere stati sottoposti a chirurgia resettiva del primitivo (mPFS 9,3 vs 7,4 mesi) e l’aver fatto mantenimento (mPFS 9,3 vs 7,4 mesi). Entrambi questi fattori si sono anche mostrati come predittori indipendenti di miglior sopravvivenza libera da progressione.
I tassi di PFS a 6 e 9 mesi hanno mostrato esiti migliori per chi ha fatto mantenimento con assenza di progressione di malattia a 6 mesi del 100% vs 64,8%, e del 61,1% vs 20,4% a 9 mesi.
Considerando invece l’OS come endpoint le variabili significative di prognosi favorevole sono risultate essere l’avere un numero di sedi di malattia minore della mediana della casistica (mOS 20,2 vs 12,8 mesi), l’avere valori di Ca 19-9 minori della mediana della casistica (mOS 15,8 vs 10,8 mesi) e l’avere valori dello stesso marcatore maggiormente ridotti a fine induzione (mOS 16,3 vs 13,2 vs 10,9 mesi); nessuno di questi si è però mostrato predittore indipendente. Per quanto riguarda il fare mantenimento, questo evento non ha mostrato significatività come fattore prognostico positivo per OS, a fronte di un valore mediano assoluto maggiore.
La valutazione delle tossicità riscontrate durante la terapia di induzione e durante l’eventuale mantenimento, seppur con le limitazioni dovute alla scarsa numerosità dei soggetti per cui si hanno avuti dati completi, mostra un minor numero di eventi durante il mantenimento. Gli eventi registrati hanno numerosità minore sia considerando ogni grado CTCAE, ma soprattutto considerando gli eventi di grado ≥ 3. Si può concludere che il profilo di tolleranza delle terapie di mantenimento sia quindi migliore rispetto a quello della terapia di induzione, caratteristica fondamentale per poter usare tale strategia.
I risultati di questo studio monocentrico depongono a favore della strategia di mantenimento con 5-fluorouracile o capecitabina dopo un controllo di malattia di almeno 4 mesi con mFOLFIRINOX, essendosi mostrata come fattore prognostico positivo per PFS e OS. Inoltre questa strategia ha mostrato un ottimo profilo di tollerabilità.
L’uso della sola gemcitabina dopo almeno 4 mesi di induzione con gemcitabina e nab-paclitaxel ha mostrato risultati incoraggianti per la sopravvivenza libera da progressione, mentre non ha dimostrato superiorità in termini di OS, rispetto a candidare il paziente a pausa terapeutica o a prosecuzione della combinazione fino a progressione. Anche la monochemioterapia con gemcitabina ha presentato un miglior profilo di tollerabilità rispetto alla polichemioterapia.
La stadiazione fatta secondo i criteri NCCN permette di individuare le forme tumorali potenzialmente resecabili, caratteristica importante visto che la chirurgia resettiva rappresenta l’unico vero trattamento potenzialmente curativo. La percentuale di coloro che hanno una malattia resecabile o borderline resectable alla diagnosi è soltanto del 20%, un altro 20-30% dei soggetti presenta malattia localmente avanzata non resecabile. La maggior parte delle diagnosi però riguarda carcinomi pancreatici già in fase metastatica, con una sopravvivenza a 5 anni estremamente bassa.
Il trattamento dell’adenocarcinoma del pancreas avanzato prevede l’utilizzo di chemioterapia sistemica con combinazioni di farmaci. Le linee guida raccomandano l’utilizzo di mFOLFIRINOX per 6 mesi (12 cicli) o della combinazione di gemcitabina e nab-paclitaxel in soggetti con ECOG PS 0-1 e con valori di bilirubina < 1.5 volte il limite massimo di normalità. Per i pazienti con condizioni più scadute (ECOG PS 2) viene raccomandato solo l’utilizzo di gemcitabina e nab-paclitaxel fino a progressione di malattia o insorgenza di tossicità tali da interrompere la terapia. L’individuazione di progressione di malattia (secondo i criteri RECIST) determina il passaggio ad una terapia chemioterapica di seconda linea, se le condizioni cliniche sono permissive, o alla sola terapia di supporto.
L’attenzione si sta spostando verso nuovi approcci terapeutici nei pazienti con malattia avanzata, soprattutto dopo le evidenze raccolte dagli studi POLO e PANOPTIMOX. Entrambi mostrano la fattibilità e l’efficacia dell’utilizzo della chemioterapia citotossica come terapia di induzione per ottenere una risposta radiologica e umorale, per poi passare ad una terapia definita di mantenimento. Lo scopo della terapia di mantenimento è quello di mantenere la risposta ottenuta durante l’induzione, prolungare OS e PFS e ridurre le tossicità e eventi avversi alla terapia tramite una strategia di de-intensificazione. Lo studio POLO ha dimostrato l’efficacia dell’utilizzo del mantenimento con olaparib in una popolazione selezionata di soggetti con carcinoma pancreatico metastatico e mutazione del gene BRCA1 o BRCA2. PANOPTIMOX ha invece mostrato efficacia del mantenimento con 5-fluorouracile dopo induzione con mFOLFIRINOX in una popolazione senza specifiche mutazioni.
Questo studio si inserisce in questo contesto, con lo scopo di comparare l’efficacia di una strategia di mantenimento dopo un controllo di malattia di almeno 4 mesi tramite chemioterapia di induzione con mFOLFIRINOX o gemcitabina e nab-paclitaxel, rispetto a non usare tale strategia. La valutazione dell’efficacia è stata fatta usando come endpoints PFS mediana, OS mediana e i tassi di PFS a 6 e a 9 mesi; è stato fatto inoltre un monitoraggio delle tossicità riscontrate durante il trattamento per valutare la tolleranza.
Nello studio sono stati inclusi soggetti seguiti presso l’UO Oncologia Universitaria dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) nel periodo tra l’agosto 2010 e il febbraio 2025. Sono stati inclusi pazienti con diagnosi di adenocarcinoma del pancreas avanzato trattati con chemioterapia di prima linea con mFOLFIRINOX o gemcitabina e nab-paclitaxel, senza progressione di malattia alla prima rivalutazione radiologica o entro il 4° mese di terapia. Coloro che hanno ricevuto mantenimento hanno avuto follou-up di almeno 3 mesi.
Il mantenimento è stato fatto con 5-fluorouracile o capecitabina in 18 soggetti dopo controllo di malattia di almeno 4 mesi con la tripletta, contro 56 soggetti che non hanno fatto mantenimento. Dei 72 pazienti inclusi del gruppo gemcitabina e nab-paclitaxel il mantenimento è stato ricevuto da 18 pazienti, tutti con sola gemcitabina. La valutazione delle tossicità è stata fatta in accordo con i criteri CTCAE.
Per analizzare i dati dei pazienti di interesse è stato creato un database elettronico comprendente caratteristiche basali e caratteristiche riguardanti la terapia di induzione e l’eventuale terapia di mantenimento ricevuta. Le informazioni ottenute da tale database sono state utilizzate per condurre le analisi statistiche di sopravvivenza univariate e eventuali multivariate in termini di PFS e OS.
I risultati delle analisi del gruppo dei trattati con mFOLFIRINOX hanno mostrato che i fattori significativi per PFS sono stati fare il mantenimento rispetto a non farlo (mPFS 13,8 vs 7,9 mesi), e avere una maggior riduzione dei livelli del marcatore Ca 19-9 al termine della terapia di induzione (mPFS 16,0 vs 9,8 vs 6,3 mesi, per riduzioni ≥ 90%, tra 90-50%, < 50%). Solo quest’ultima variabile si è però mostrata predittore indipendente di miglior PFS.
I tassi di PFS a 6 e 9 mesi mostrano rispettivamente che i pazienti con mantenimento senza progressione a tali intervalli sono il 100% vs 69,6% e l’83,3% vs 39,3%.
Le significatività come fattori prognostici positivi in termini di OS sono state le condizioni cliniche basali espresse come ECOG PS (mOS 17,5 vs 10,9 mesi), la riduzione dei livelli di Ca 19-9 al termine dell’induzione (mOS 31,3 vs 13,9 vs 10,6 mesi) e il fare terapia di mantenimento (mOS 23,4 vs 12,9 mesi). Solo la riduzione di marcatore si è mostrato come predittore indipendente, anche se la ripetizione dell’analisi multivariata togliendo tale fattore, vista la scarsa numerosità del campione con tale dato disponibile, mostra che sia le condizione cliniche di partenza che fare il mantenimento sono buoni predittori indipendenti di miglior OS. Questi risultati richiedono di una casistica più ampia per poter essere confermati.
Le analisi condotte nel gruppo trattato con induzione di gemcitabina e nab-paclitaxel mostrano che le variabili significative per PFS come fattori prognostici favorevoli sono l’essere stati sottoposti a chirurgia resettiva del primitivo (mPFS 9,3 vs 7,4 mesi) e l’aver fatto mantenimento (mPFS 9,3 vs 7,4 mesi). Entrambi questi fattori si sono anche mostrati come predittori indipendenti di miglior sopravvivenza libera da progressione.
I tassi di PFS a 6 e 9 mesi hanno mostrato esiti migliori per chi ha fatto mantenimento con assenza di progressione di malattia a 6 mesi del 100% vs 64,8%, e del 61,1% vs 20,4% a 9 mesi.
Considerando invece l’OS come endpoint le variabili significative di prognosi favorevole sono risultate essere l’avere un numero di sedi di malattia minore della mediana della casistica (mOS 20,2 vs 12,8 mesi), l’avere valori di Ca 19-9 minori della mediana della casistica (mOS 15,8 vs 10,8 mesi) e l’avere valori dello stesso marcatore maggiormente ridotti a fine induzione (mOS 16,3 vs 13,2 vs 10,9 mesi); nessuno di questi si è però mostrato predittore indipendente. Per quanto riguarda il fare mantenimento, questo evento non ha mostrato significatività come fattore prognostico positivo per OS, a fronte di un valore mediano assoluto maggiore.
La valutazione delle tossicità riscontrate durante la terapia di induzione e durante l’eventuale mantenimento, seppur con le limitazioni dovute alla scarsa numerosità dei soggetti per cui si hanno avuti dati completi, mostra un minor numero di eventi durante il mantenimento. Gli eventi registrati hanno numerosità minore sia considerando ogni grado CTCAE, ma soprattutto considerando gli eventi di grado ≥ 3. Si può concludere che il profilo di tolleranza delle terapie di mantenimento sia quindi migliore rispetto a quello della terapia di induzione, caratteristica fondamentale per poter usare tale strategia.
I risultati di questo studio monocentrico depongono a favore della strategia di mantenimento con 5-fluorouracile o capecitabina dopo un controllo di malattia di almeno 4 mesi con mFOLFIRINOX, essendosi mostrata come fattore prognostico positivo per PFS e OS. Inoltre questa strategia ha mostrato un ottimo profilo di tollerabilità.
L’uso della sola gemcitabina dopo almeno 4 mesi di induzione con gemcitabina e nab-paclitaxel ha mostrato risultati incoraggianti per la sopravvivenza libera da progressione, mentre non ha dimostrato superiorità in termini di OS, rispetto a candidare il paziente a pausa terapeutica o a prosecuzione della combinazione fino a progressione. Anche la monochemioterapia con gemcitabina ha presentato un miglior profilo di tollerabilità rispetto alla polichemioterapia.
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