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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01252015-121741


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
LANCIA, LAURA
URN
etd-01252015-121741
Titolo
Ruolo dell'austenite residua nel SSCC in acciai inox supermartensitici operanti sour service.
Dipartimento
INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE
Corso di studi
INGEGNERIA CHIMICA
Relatori
relatore De Sanctis, Massimo
correlatore Valentini, Renzo
Parole chiave
  • inox supermartensitici
  • sour service
  • stress corrosion cracking
Data inizio appello
27/02/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro di tesi si inserisce in un progetto di ricerca teso a valutare il ruolo dell’austenite residua nel meccanismo del Sulfide Stress Corrosion Cracking (SSCC) in ambiente sour, per un acciaio inox supermartensitico 16Cr-5Ni(Mo) impiegato per la realizzazione di compressori di grandi dimensioni.
Gli acciai inox supermartensitici sono rinvenuti a temperature tali da controllare la durezza finale del materiale. Generalmente la sensibilità alla tensocorrosione da solfuri (SSCC) aumenta all’aumentare della durezza dell’acciaio e le attuali normative interne alle aziende che operano nel settore petrolchimico impongono per gli acciai della classe 16Cr-5Ni(Mo) un limite di 28 HRC. Sulla base di studi paralleli circa l’evoluzione microstrutturale di tale classe di acciai durante rinvenimento[1], sono stati effettuati su campioni approvvigionati allo stato temprato, trattamenti termici di rinvenimento a temperature scelte nell’intervallo 600÷690°C. I quattro set di campioni costituiti, caratterizzati da diversa microstruttura e di conseguenza da diverse quantità di austenite residua γr, sono stati i seguenti: 600°C, 630°C, 660 °C, 690 °C. In particolare, il rinvenimento a 630 °C ha comportato per l’acciaio in esame l’ottenimento della massima frazione di austenite residua (14% ca). In seguito sono state condotte prove di permeazione sui campioni secondo il metodo di Devanathan e Stachursky al fine di ricavare il coefficiente di diffusione dell’idrogeno nell’acciaio. Si è poi provveduto all’ idrogenazione dei campioni; il caricamento elettrochimico è stato effettuato con le soluzione di H2SO4 0.1N + As2O3 e NaOH 0.1 N. In parallelo sono state condotte prove di corrosione libera immergendo i campioni 96 ore nella soluzione standard NACE A modificata con l’aggiunta di tiosolfato di sodio, che permette di escludere l’uso di acido solfidrico nei test di laboratorio. E’ stato possibile così valutare la tendenza del materiale ad assorbire idrogeno nell’ambiente critico sour.
L’ultima fase dell’attività sperimentale ha riguardato l’analisi di desorbimento termico a temperatura programmata mediante l’analizzatore d’ idrogeno mod. LECO DH603. I campioni caricati precedentemente sono stati deidrogenati sottoponendoli ad opportuni gradienti di riscaldamento. Nel corso di questa fase dell’attività sperimentale, si è provveduto all’interpolazione delle curve di desorbimento e alla determinazione dell’energia di attivazione dei siti trappola per ogni set di acciaio. Le curve di desorbimento ottenute per ogni velocità di riscaldamento sono state decomposte con delle funzioni gaussiane al fine di individuare le temperature di picco, ossia le temperature alle quali si verifica il massimo rilascio di idrogeno. Tali temperature insieme ai valori delle velocità di riscaldamento, sono infatti necessarie per la costruzione del grafico ln⁡(/〖T_c〗^2 ) vs (1/T_(c )) che consente di ricavare, dal valore della sua pendenza m, l’Energia di attivazione dei siti di intrappolamento.
Dai risultati sperimentali ottenuti, è emersa innanzitutto una stretta correlazione tra l’andamento del coefficiente di diffusione dell’idrogeno nell’acciaio e le frazioni misurate di fase austenitica formatesi nel trattamento di rinvenimento. Ciò è stato ricondotto al ruolo di “trappola” delle isole di γr per l’atomo di idrogeno. Nell’intervallo di temperature considerate, il più basso valore del coefficiente di diffusione si è misurato proprio in corrispondenza del massimo di γr (14%), contro un valore circa quattro volte superiore in pratica assenza di fase austenitica. Il contributo della fase austenite all’intrappolamento è stato confermato dall’analisi dei valori delle Energie di attivazione dei siti trappola per l’atomo di idrogeno; nel campione rinvenuto a 630 °C si è riscontrato un più alto valore di Energia di attivazione in virtù di un più alto contenuto di fase γr. Alla luce di tali risultati, si presuppone che la resistenza al danneggiamento per SSCC dei componenti meccanici esposti in ambiente sour con idrogeno esogeno, dovrebbe essere incrementata dalla presenza di frazioni maggiori di γr , data la minor diffusività e la maggior solubilità dell’idrogeno in tale struttura. Tuttavia per verificare tale conclusione risulta necessario eseguire prove specifiche SSRT (Slow Strain Rate Tests) nel prosieguo del lavoro di ricerca.
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