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Il Digital Markets Act è un regolamento adottato dall’Unione Europea per rispondere alle preoccupazioni destate, in ambito economico, dalla crescente digitalizzazione delle attività umane. I mercati digitali presentano caratteristiche che rendono più probabile il loro sbilanciamento a favore di un singolo grande operatore, quali forti effetti di rete ed economie di scala e scopo.
Per evitarlo, il DMA pone una serie di obblighi e divieti ex ante e per se rivolti ai c.d., “gatekeeper”, imprese digitali molto grandi e con una posizione consolidata nel mercato. Questa scelta di politica del diritto è dovuta all’insoddisfazione creata dai casi antitrust degli anni recenti (ci si sofferma qui su Google Shopping e Google Android), che non sono riusciti a tenere sotto controllo la forza delle c.d. Big Tech come sperato, soprattutto per il tempo che hanno richiesto e per l’incapacità di pensare rimedi efficaci.
Nella sua veste formale, il DMA è regolazione, ma mantiene un forte legame col diritto della concorrenza, già a partire dai suoi macro-obiettivi (contendibilità ed equità), ma anche per es. nei rimedi che prevede: ciò sebbene si dichiari ad esso “complementare”. Il lavoro dà conto delle conseguenti incertezze sulla sua natura e dei problemi ad essa legati, per es. il rispetto del ne bis in idem e la correttezza della base giuridica. Mancando però ancora una vera casistica di applicazione del DMA, le presenti riflessioni vanno considerate perfettibili.