Tesi etd-01082015-123549 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BERTINI, ANDREA
URN
etd-01082015-123549
Titolo
Una sola moltitudine. Rivoluzione e modernizzazione alle origini del Sessantotto
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTA'
Relatori
relatore Prof. Dei, Fabio
relatore Prof. Banti, Alberto Mario
relatore Prof. Banti, Alberto Mario
Parole chiave
- modernizzazione
- rivoluzione
- Sessantotto
Data inizio appello
09/02/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro ricostruisce le origini del Sessantotto italiano in relazione a due elementi concettuali portanti della storia italiana del secondo Novecento, quelli di rivoluzione e modernizzazione. Da una parte si è mostrato come la scelta della legalità parlamentare operata dal Partito comunista nel secondo dopoguerra non abbia affatto cancellato l'attesa di una rivoluzione: traendo forza dalla permanenza di una tradizione ideologica ma anche da eventi storici del conflitto sociale, una minoranza composta sia da militanti che da un gruppo del marxismo eterodosso ha infatti coltivato il sogno di una società radicalmente diversa - anche se mai realmente descritta - da quella uscita dal compromesso costituzionale. Dall'altra si è tentato di analizzare come un altro e più largo sistema di attese di carattere civile abbia svolto un ruolo altrettanto decisivo quale origine di questo evento. Se le scelte di politica economica durante la Ricostruzione hanno indubbiamente svolto un ruolo positivo nello sviluppo del paese, il processo di modernizzazione ha incontrato serie difficoltà nonché vere e proprie resistenze nell’ambito del rinnovamento culturale: tanto nei luoghi primari di esercizio del potere quanto nelle istituzioni civili, negli spazi privati o negli ambiti del mondo del lavoro, il ritardo della trasformazione ha mostrato quanto lontana fosse la comprensione del senso più profondo del compromesso costituzionale stesso, quello dell'inclusione di tutti nel processo di modernizzazione.
Questi due sistemi di attese hanno così dato origine al Sessantotto italiano che, esploso nelle università e fatto da giovani, ha rappresentato una risposta generazionale a tutta una serie di contraddizioni non risolte. In particolare, l'attenzione è stata rivolta a quei documenti assembleari prodotti tra 1966 e 1968 che mostrano proprio come l'impossibilità di una mediazione riformista tra l’allora nascente movimento studentesco e il corpo accademico abbia trasformato una domanda di riforma universitaria in un discorso rivoluzionario allargatosi poi a tutta la società. L'incontro tra queste due sensibilità ha dato così vita a quella che nel testo ho definito una sola moltitudine, un soggetto diversamente rivoluzionario che, pur non perdendo l'eterogenesi dei fini, ha inteso la rivoluzione sia come trasformazione radicale della società, sia come applicazione dei diritti costituzionali e dunque inclusione nel processo di modernizzazione.
Da questo punto di vista, particolarmente significativo è stato seguire questa ipotesi ricostruendo la storia di una delle organizzazioni politiche che, nate proprio sulla scia della contestazione sessantottina, ha cercato più delle altre di raccogliere e di tenere insieme in un unico discorso questa domanda di cambiamento comunque rivoluzionaria: Lotta continua. La ricostruzione qui proposta segue dunque l'intento di storicizzare l'attività di questa organizzazione secondo un nesso analitico di profondità: rispetto alla più rigida tradizione operaista, Lotta continua ha fatto della ricettività il suo punto di forza interpretando ogni luogo di conflitto sociale, ogni pezzo dell’Italia non modernizzata, come elemento potenzialmente rivoluzionario. Ma se la realtà della modernizzazione mancata ha rappresentato la condizione di possibilità per un progetto che ha tentato di tenere insieme quella sola moltitudine, essa ha rappresentato anche il suo limite profondo dando luogo a un equivoco rivoluzionario che tra 1969 e 1976 ha tenuto insieme e poi sciolto questa stessa organizzazione.
Questi due sistemi di attese hanno così dato origine al Sessantotto italiano che, esploso nelle università e fatto da giovani, ha rappresentato una risposta generazionale a tutta una serie di contraddizioni non risolte. In particolare, l'attenzione è stata rivolta a quei documenti assembleari prodotti tra 1966 e 1968 che mostrano proprio come l'impossibilità di una mediazione riformista tra l’allora nascente movimento studentesco e il corpo accademico abbia trasformato una domanda di riforma universitaria in un discorso rivoluzionario allargatosi poi a tutta la società. L'incontro tra queste due sensibilità ha dato così vita a quella che nel testo ho definito una sola moltitudine, un soggetto diversamente rivoluzionario che, pur non perdendo l'eterogenesi dei fini, ha inteso la rivoluzione sia come trasformazione radicale della società, sia come applicazione dei diritti costituzionali e dunque inclusione nel processo di modernizzazione.
Da questo punto di vista, particolarmente significativo è stato seguire questa ipotesi ricostruendo la storia di una delle organizzazioni politiche che, nate proprio sulla scia della contestazione sessantottina, ha cercato più delle altre di raccogliere e di tenere insieme in un unico discorso questa domanda di cambiamento comunque rivoluzionaria: Lotta continua. La ricostruzione qui proposta segue dunque l'intento di storicizzare l'attività di questa organizzazione secondo un nesso analitico di profondità: rispetto alla più rigida tradizione operaista, Lotta continua ha fatto della ricettività il suo punto di forza interpretando ogni luogo di conflitto sociale, ogni pezzo dell’Italia non modernizzata, come elemento potenzialmente rivoluzionario. Ma se la realtà della modernizzazione mancata ha rappresentato la condizione di possibilità per un progetto che ha tentato di tenere insieme quella sola moltitudine, essa ha rappresentato anche il suo limite profondo dando luogo a un equivoco rivoluzionario che tra 1969 e 1976 ha tenuto insieme e poi sciolto questa stessa organizzazione.
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