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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-01032025-121358


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
LOPEZ, MATTEO
URN
etd-01032025-121358
Titolo
La dimensione penale dei discorsi d'odio: tra libertà di espressione e dignità della persona
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Notaro, Domenico
Parole chiave
  • discorsi d'odio
  • libertà di espressione
Data inizio appello
29/01/2025
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
29/01/2065
Riassunto
L’elaborato analizza il complesso rapporto tra la libertà di manifestazione del pensiero e le limitazioni penali poste a tutela di interessi ritenuti fondamentali, come la dignità umana e il principio di uguaglianza, con particolare attenzione alle disposizioni dell’art. 604-bis c.p. e all’evoluzione giurisprudenziale e normativa che ne deriva. In primo luogo, il lavoro si concentra sulla definizione e la tutela della libertà di espressione, un diritto sancito dall’art. 21 della Costituzione italiana e riconosciuto anche in ambito sovranazionale, come dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 10). Questa libertà costituisce un pilastro della democrazia, ma non è assoluta: incontra limiti quando si scontra con diritti di pari rango, come la dignità umana e il divieto di discriminazione sanciti dagli artt. 2 e 3 della Costituzione. L’art. 604-bis c.p., noto come “norma antidiscriminazione”, vieta condotte di propaganda e istigazione all’odio basate su discriminazioni razziali, etniche, religiose e, più recentemente, su orientamenti sessuali e identità di genere. L’elaborato analizza criticamente questa norma, sottolineando il rischio di un’iper-criminalizzazione delle manifestazioni di pensiero, laddove non sia dimostrata una concreta lesività delle condotte sanzionate. Particolare attenzione è rivolta alla distinzione tra propaganda e istigazione. Entrambe le condotte costituiscono reati di mera condotta basati sul concetto di pericolo astratto: non è necessaria la concretizzazione del danno per configurare il reato, ma è sufficiente che il messaggio discriminatorio venga percepito da un altro individuo. Questo approccio, pur giustificato dalla necessità di prevenire fenomeni discriminatori e violenti, solleva dubbi circa il rispetto dei principi di materialità e offensività, cardini del diritto penale. Un ulteriore approfondimento è dedicato alla disciplina del negazionismo, introdotta nel comma 3 dell’art. 604-bis c.p., che punisce l’apologia, la minimizzazione o la negazione di genocidi, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Anche in questo caso, l’elaborato evidenzia il rischio che la norma si trasformi in uno strumento di controllo ideologico, punendo opinioni per il loro contenuto, piuttosto che per la loro capacità concreta di ledere beni giuridici tutelati. L’analisi si estende poi al panorama giuridico sovranazionale, con particolare riferimento alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che ha sviluppato un orientamento favorevole all’incriminazione dell’hate speech, bilanciando la libertà di espressione con la necessità di contrastare fenomeni di odio e discriminazione. Tuttavia, l’elaborato sottolinea come il diritto interno debba mantenere una posizione autonoma e rispettosa dei principi costituzionali italiani, privilegiando la concretezza delle condotte lesive rispetto all’intento ideologico. Un capitolo significativo è dedicato alle problematiche legate alla determinatezza delle fattispecie incriminatrici. La nozione di “atti discriminatori” risulta spesso vaga e suscettibile di interpretazioni ampie, rischiando di ricomprendere anche manifestazioni di pensiero che non sfociano in azioni concretamente lesive. Il lavoro richiama l’importanza di un’interpretazione rigorosa e conforme ai principi costituzionali, evitando derive punitive che possano compromettere la libertà di espressione. Sul piano delle proposte riformatrici, l’elaborato sostiene la necessità di rivedere l’art. 604-bis c.p. per chiarire i confini tra propaganda e istigazione, eliminando sovrapposizioni e garantendo una maggiore determinatezza delle fattispecie. Inoltre, si evidenzia l’importanza di affiancare alla repressione penale interventi educativi e preventivi, come campagne di sensibilizzazione e programmi formativi volti a promuovere una cultura del rispetto e del dialogo. In conclusione, l’elaborato ribadisce l’importanza di preservare l’equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e libertà di manifestazione del pensiero. La disciplina dei reati contro l’uguaglianza deve rispettare i principi di offensività e materialità, evitando derive simboliche che rischiano di trasformare il diritto penale in uno strumento di controllo ideologico. Un approccio equilibrato e rispettoso dei principi costituzionali rappresenta la via maestra per garantire una tutela effettiva dei diritti senza compromettere il valore fondamentale della libertà di espressione in una società democratica.
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