Tesi etd-04262010-112628 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
CAPOSSELA, MARIA ANGELA
URN
etd-04262010-112628
Titolo
La dimensione testimoniale allo specchio in "Habel" di Mohammed Dib e "La plus haute des solitudes" di Tahar Ben Jelloun. Contributo ad un'epistemologia della scrittura della migrazione magrebina.
Settore scientifico disciplinare
L-LIN/03
Corso di studi
LETTERATURE STRANIERE MODERNE (FRANCESE, INGLESE, SPAGNOLO, TEDESCO)
Relatori
tutor Prof. Iotti, Gianni
Parole chiave
- énonciation
- migration
- pouvoir
Data inizio appello
18/12/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
Tra le possibili concezioni del fenomeno migratorio presente nella letteratura magrebina, quella di
pensarlo come una violenza esercitata tanto sugli individui che, su più larga scala, sul modo umano di abitare il mondo, ci sembra oggi un confronto necessario per la ricerca letteraria. Nella misura in cui si concepisce la migrazione come l’evento che irrompe nella vita individuale e collettiva, la scrittura che lo esprime è una scrittura confrontata ad un indicibile iscritto nella soggettività che ne ha fatto l’esperienza. In altri termini, si tratta di una scrittura testimoniale che, nella sua portata etica, resta inesplorata tanto dalla critica della testimonianza, concentrata su altri traumatismi del contemporaneo, che dalla critica magrebina, impermeabile alla riconsiderazione di un genere sospettato del crimine di “lesa-letterarietà”.
Nell’ottica di questa ricerca, Habel di Mohammed Dib et La plus haute des solitudes di Tahar Ben Jelloun, in forza delle loro caratteristiche formali e generiche (romanzo vs saggio, finzione vs fattualità, letteratura vs non-letteratura), sono rappresentativi del conflitto relativo a cio’che è accettato o meno come dicibile all’interno del discorso sulla migrazione. La convocazione di questi due testi pone il problema della delimitazione del campo del racconto di sé e della sua dimora.Tale convocazione solleva un problema più generale legato all’oblio che circonda la dimensione testimoniale legata alla letterarietà stessa, che caratterizza per noi la parola dello scrittore magrebino.
In quest’oblio non possiamo forse distinguere l’iscrizione di un legame impensato tra la messa al
bando all’opera nella società e la messa al bando di alcuni oggetti del pensiero letterario?
pensarlo come una violenza esercitata tanto sugli individui che, su più larga scala, sul modo umano di abitare il mondo, ci sembra oggi un confronto necessario per la ricerca letteraria. Nella misura in cui si concepisce la migrazione come l’evento che irrompe nella vita individuale e collettiva, la scrittura che lo esprime è una scrittura confrontata ad un indicibile iscritto nella soggettività che ne ha fatto l’esperienza. In altri termini, si tratta di una scrittura testimoniale che, nella sua portata etica, resta inesplorata tanto dalla critica della testimonianza, concentrata su altri traumatismi del contemporaneo, che dalla critica magrebina, impermeabile alla riconsiderazione di un genere sospettato del crimine di “lesa-letterarietà”.
Nell’ottica di questa ricerca, Habel di Mohammed Dib et La plus haute des solitudes di Tahar Ben Jelloun, in forza delle loro caratteristiche formali e generiche (romanzo vs saggio, finzione vs fattualità, letteratura vs non-letteratura), sono rappresentativi del conflitto relativo a cio’che è accettato o meno come dicibile all’interno del discorso sulla migrazione. La convocazione di questi due testi pone il problema della delimitazione del campo del racconto di sé e della sua dimora.Tale convocazione solleva un problema più generale legato all’oblio che circonda la dimensione testimoniale legata alla letterarietà stessa, che caratterizza per noi la parola dello scrittore magrebino.
In quest’oblio non possiamo forse distinguere l’iscrizione di un legame impensato tra la messa al
bando all’opera nella società e la messa al bando di alcuni oggetti del pensiero letterario?
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