Tesi etd-12302016-101454 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PERAZZO, ANDREA
URN
etd-12302016-101454
Titolo
La crisi bancaria alla luce del D. Lgs. 180/2015
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Cecchella, Claudio
Parole chiave
- bailin
- Banca
- BRRD
- Crisi
- risoluzione
Data inizio appello
23/01/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Lo strumento del bail-in è finalizzato a limitare la possibilità che il fallimento di una banca venga posto a carico dei contribuenti anziché degli investitori. Si contrappone alle estese misure di salvataggio attuate in molti paesi dopo la crisi finanziaria globale scatenata dal dissesto della Lehman. A fronte di questi aspetti che possono essere valutati con favore, occorre assicurare che l’utilizzo del bail-in avvenga sempre limitando al massimo i rischi per la stabilità finanziaria. Questi rischi potrebbero materializzarsi nel caso in cui lo strumento sia attivato in fattispecie non previste espressamente dalla disciplina comunitaria; è necessario in particolare evitare che il rischio di una sua applicazione ‘inattesa’ possa generare problemi di liquidità per gli intermediari e effetti di contagio. A questo fine, la direttiva in materia di crisi prevede che l’attivazione del bail-in avvenga sempre previa adeguata considerazione dei profili di stabilità finanziaria.
Il grafico in basso illustra in modo semplificato il funzionamento del bail-in.
Nella situazione iniziale a sinistra (banca in condizioni di normalità), la banca dispone dal lato del passivo, di capitale, di passività che possono essere sottoposte a bail-in (passività ammissibili) e di passività escluse dal bail-in, come i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositanti.
Nella fase di dissesto, a seguito di perdite, il valore delle attività si riduce e il capitale è azzerato. Nella fase finale (risoluzione o nuova banca), l’autorità dispone il bail-in che permette di ricostituire il capitale attraverso la conversione di parte delle passività ammissibili in azioni.
Il bail-in pertanto consente alla banca di continuare a operare e a offrire i servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività; dato che le risorse finanziarie per la stabilizzazione provengono da azionisti e creditori, non comporta costi per i contribuenti. Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale:
i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, cioè quelli di importo fino a 100.000 euro;
le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti;
le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito;
le passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.
Le passività non espressamente escluse possono essere sottoposte a bail-in. Tuttavia, in circostanze eccezionali, quando l’applicazione dello strumento comporti, ad esempio, un rischio per la stabilità finanziaria o comprometta la continuità di funzioni essenziali, le autorità possono discrezionalmente escludere ulteriori passività; tali esclusioni sono soggette a limiti e condizioni e devono essere approvate dalla Commissione europea. Le perdite non assorbite dai creditori esclusi in via discrezionale possono essere trasferite al fondo di risoluzione (cfr. infra) che può intervenire nella misura massima del 5 per cento del totale del passivo, a condizione che sia stato applicato un bail-in minimo pari all’8 per cento delle passività totali.
4.2.1 trattamento azionisti e creditori
Il bail-in si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni (cfr. grafico). Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva.
In primo luogo, si sacrificano gli interessi dei “proprietari” della banca, ossia degli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. In secondo luogo, si interviene su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni – al fine di ricapitalizzare la banca – e/o ridotte nel valore, nel caso in cui l’azzeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite.
Ad esempio, in caso di bail-in, chi possiede un’obbligazione bancaria potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l’autorità non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria.
L’ordine di priorità per il bail in è il seguente: i) gli azionisti; ii) i detentori di altri titoli di capitale, iii) gli altri creditori subordinati; iv) i creditori chirografari; v) le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro; vi) il fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti protetti.
Il legislatore europeo ha adottato il cosiddetto “approccio legale” al bail-in, per cui queste misure devono potersi applicare anche agli strumenti già emessi e già oggi in possesso degli investitori.
È, dunque, necessario che gli investitori facciano estrema attenzione ai rischi di alcune tipologie di investimento, in particolare al momento della sottoscrizione. Alla clientela al dettaglio che intende sottoscrivere titoli della banca dovrebbero essere offerti innanzitutto certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia in luogo delle obbligazioni, soggette a bail-in. Allo stesso tempo, le banche dovranno riservare gli strumenti di debito diversi dai depositi agli investitori più esperti, soprattutto quando si tratta di strumenti subordinati, ossia quelli che sopportano le perdite subito dopo gli azionisti. Di tutto questo le banche dovranno dare comunicazione tempestiva alla loro clientela; l’informazione andrà fornita, con estremo dettaglio, al momento del collocamento di titoli di nuova emissione.
I depositi fino a 100.000 euro, cioè quelli protetti dal Fondo di garanzia dei depositi, sono espressamente esclusi dal bail-in. Questa protezione riguarda, ad esempio, le somme detenute sul conto corrente o in un libretto di deposito e i certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia; non riguarda, invece, altre forme di impiego del risparmio quali le obbligazioni emesse dalle banche.
Anche per la parte eccedente i 100.000 euro, i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese ricevono un trattamento preferenziale. In particolare, essi sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui il bail-in di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale.
I depositi al dettaglio eccedenti i 100.000 euro possono inoltre essere esclusi dal bail-in in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria a condizione che il bail-in sia stato applicato ad almeno l’8 per cento del totale delle passività.
Il grafico in basso illustra in modo semplificato il funzionamento del bail-in.
Nella situazione iniziale a sinistra (banca in condizioni di normalità), la banca dispone dal lato del passivo, di capitale, di passività che possono essere sottoposte a bail-in (passività ammissibili) e di passività escluse dal bail-in, come i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositanti.
Nella fase di dissesto, a seguito di perdite, il valore delle attività si riduce e il capitale è azzerato. Nella fase finale (risoluzione o nuova banca), l’autorità dispone il bail-in che permette di ricostituire il capitale attraverso la conversione di parte delle passività ammissibili in azioni.
Il bail-in pertanto consente alla banca di continuare a operare e a offrire i servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività; dato che le risorse finanziarie per la stabilizzazione provengono da azionisti e creditori, non comporta costi per i contribuenti. Sono completamente esclusi dall’ambito di applicazione e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale:
i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, cioè quelli di importo fino a 100.000 euro;
le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti;
le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito;
le passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.
Le passività non espressamente escluse possono essere sottoposte a bail-in. Tuttavia, in circostanze eccezionali, quando l’applicazione dello strumento comporti, ad esempio, un rischio per la stabilità finanziaria o comprometta la continuità di funzioni essenziali, le autorità possono discrezionalmente escludere ulteriori passività; tali esclusioni sono soggette a limiti e condizioni e devono essere approvate dalla Commissione europea. Le perdite non assorbite dai creditori esclusi in via discrezionale possono essere trasferite al fondo di risoluzione (cfr. infra) che può intervenire nella misura massima del 5 per cento del totale del passivo, a condizione che sia stato applicato un bail-in minimo pari all’8 per cento delle passività totali.
4.2.1 trattamento azionisti e creditori
Il bail-in si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni (cfr. grafico). Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva.
In primo luogo, si sacrificano gli interessi dei “proprietari” della banca, ossia degli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. In secondo luogo, si interviene su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni – al fine di ricapitalizzare la banca – e/o ridotte nel valore, nel caso in cui l’azzeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite.
Ad esempio, in caso di bail-in, chi possiede un’obbligazione bancaria potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l’autorità non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria.
L’ordine di priorità per il bail in è il seguente: i) gli azionisti; ii) i detentori di altri titoli di capitale, iii) gli altri creditori subordinati; iv) i creditori chirografari; v) le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro; vi) il fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti protetti.
Il legislatore europeo ha adottato il cosiddetto “approccio legale” al bail-in, per cui queste misure devono potersi applicare anche agli strumenti già emessi e già oggi in possesso degli investitori.
È, dunque, necessario che gli investitori facciano estrema attenzione ai rischi di alcune tipologie di investimento, in particolare al momento della sottoscrizione. Alla clientela al dettaglio che intende sottoscrivere titoli della banca dovrebbero essere offerti innanzitutto certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia in luogo delle obbligazioni, soggette a bail-in. Allo stesso tempo, le banche dovranno riservare gli strumenti di debito diversi dai depositi agli investitori più esperti, soprattutto quando si tratta di strumenti subordinati, ossia quelli che sopportano le perdite subito dopo gli azionisti. Di tutto questo le banche dovranno dare comunicazione tempestiva alla loro clientela; l’informazione andrà fornita, con estremo dettaglio, al momento del collocamento di titoli di nuova emissione.
I depositi fino a 100.000 euro, cioè quelli protetti dal Fondo di garanzia dei depositi, sono espressamente esclusi dal bail-in. Questa protezione riguarda, ad esempio, le somme detenute sul conto corrente o in un libretto di deposito e i certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia; non riguarda, invece, altre forme di impiego del risparmio quali le obbligazioni emesse dalle banche.
Anche per la parte eccedente i 100.000 euro, i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese ricevono un trattamento preferenziale. In particolare, essi sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui il bail-in di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale.
I depositi al dettaglio eccedenti i 100.000 euro possono inoltre essere esclusi dal bail-in in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria a condizione che il bail-in sia stato applicato ad almeno l’8 per cento del totale delle passività.
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