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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-12222015-152312


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
OMURI, FATION
URN
etd-12222015-152312
Titolo
Teorie dell'integrazione e deficit democratico nell'Unione Europea
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
STUDI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof. Bardi, Luciano
Parole chiave
  • deficit democratico
  • democratic deficit
  • European Parliament
  • European Union
  • Haas
  • Integration theories
  • Intergovernativismo
  • Intergovernmentalism
  • Majone
  • Mitrany
  • Neofunctionalism
  • Neofunzuonalismo
  • Parlamento Europeo
  • Realism
  • Realismo
  • spill back
  • spill over
  • Spinelli
  • Teorie dell’integrazione
  • Unione Europea
  • Waltz
Data inizio appello
25/01/2016
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/01/2086
Riassunto
L’Europa unita è una semplice e grande idea, ma l’Unione europea è una macchina complicatissima. Ci vuole tempo per capire come funzioni; per apprenderne vocabolario, ingranaggi, procedure; per decifrarne il codice; per individuare l’attimo e il luogo in cui le decisioni si formano. La spinta per intraprendere la costruzione dell’Europa unita venne da una semplice lezione della storia: non vi può essere pace duratura tra gli stati se la loro sovranità è illimitata. Tra tali paesi la guerra sarà endemica. Fu proprio questo in punto in cui si soffermò la teoria federalista. L’integrazione europea avrebbe risolto il problema della guerra una volta per tutte: l’unione nella diversità era la formula giusta.
Questo metodo, però, sembrava molto radicale ai funzionalisti prima e ai neo-funzionalisti dopo. Si parla di diversità di metodi e non di obiettivo, perché la formazione di “Stati Uniti d’Europa” era l’aspirazione comune. Il metodo dei piccoli passi, sostenuto anche da Monnet, avrebbe permesso di raggiungere tale obiettivo in modo molto graduale, e non drammatico. Puntando sulle elitè e sullo spill over effect, l’integrazione andò avanti fino alla metà degli anni sessanta.
Da questo momento, con la crisi della sedia vuota e con l’Accordo di Lussemburgo, prende avvio l’elaborazione dell’intergovernativismo liberale come alternativa alla dominante teoria neo-funzionalista, fino a diventare nei primi anni ottanta la teoria dominante nello studio dell’integrazione europea. Tale approccio si sviluppa in chiave critica del neo funzionalismo, sostenendo una visione statocentrica dell’integrazione, che è solo in parte riconducibile al meccanismo dello spill over. Esso si deve fondamentalmente alla volontà politica e alle capacità negoziali dei governi degli stati membri.
Si delibera su tutte le cose e tutto è oggetto di deliberazione oppure su certe cose non si delibera? Nella seconda parte della tesi si cerca di dare una risposta al quesito aristotelico. Nell’unione europea, così come creata, con delle istituzioni tecnocrate prive di legittimità di input, la deliberazione su tutto diventa pressoché improbabile. Basta questo per dire che l’Ue soffre di gap democratico? La presenza di istituzioni non maggioritarie è un problema strutturale della democrazia contemporanea o è solo esclusivo dell’UE? L’analisi porta indietro nel Medioevo fino ad arrivare ai giorni nostri. La democrazia, diceva R. Dahrendorf, è in crisi fin da quando esiste la scienza della politica. Forse perché, per concludere con Aristotele, si delibera non sui fini, ma sui mezzi per raggiungere i fini. Né infatti il medico delibera se guarirà, né l’oratore se convincerà, né il politico se costituirà un buon ordinamento, né nessuno degli altri delibera sul fine; ma, posto il fine, esaminano il come, ovvero con quali mezzi sarà realizzato.
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